«Così il nostro modo di fare sport
ha sconfitto anche questa pandemia»

La Scuola pallavolo Bergamo ha una squadra «speciale». «Durante il lockdown allenamenti virtuali»

Non importa se l’avversario sia la pandemia o il pregiudizio nei confronti di chi è «diverso»: non vince il più forte, ma chi è capace di fare squadra. Come dice un proverbio del Burkina Faso «se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante».

Lo imparano sul campo i giovani atleti della Scuola pallavolo Bergamo, coordinata da Enzo Bolla, e soprattutto quelli dello speciale «dream team» in cui una dozzina di ragazzi con disabilità intellettive, per la maggior parte con la sindrome di Down, giocano con «partner» normodotati. «Un’esperienza di sport davvero inclusivo, che diventa un dono per tutti - come racconta l’allenatrice Mariella Stabilino, che ha dato il via con grande tenacia e convinzione a questa attività nel 2014 -. Mi sono lanciata in questa avventura, perché sono convinta che lo sport debba essere accessibile a tutti, eliminando qualsiasi ostacolo».

Negli ultimi mesi hanno dovuto combattere su Zoom la loro partita personale contro il covid-19: «Abbiamo iniziato - racconta Mariella - inviando alcuni semplici video di esercizi, curati con Valentina Nava, co-allenatrice. All’inizio non ci immaginavamo che avremmo dovuto sospendere i nostri incontri per un periodo così lungo. Poi abbiamo capito che i video non bastavano, mancava il contatto personale, così abbiamo cercato strumenti diversi. La tecnologia ci ha aiutato molto».

La squadra è un punto di riferimento prezioso, come spiega Andrea Tomasoni, 24 anni, di Chiuduno, atleta con sindrome di Down e ragazza in gamba, campionessa di ballo e cameriera in un bar: «Non so che cosa farei senza lo sport - spiega -. È un’esperienza bellissima, in cui conta la sintonia con gli altri. Non basta imparare le mosse giuste e gli esercizi, conta di più l’unione tra le persone, l’amicizia tra noi ragazzi, sono questi gli aspetti fondamentali che ci hanno spinto a proseguire anche in questo periodo difficile. Sono fortunata, perché a casa c’è anche Erica, la mia sorella maggiore, che gioca a pallavolo, quindi ho la possibilità di allenarmi con lei ogni giorno, in giardino quando torna dal lavoro. Ho iniziato a giocare da piccola, alle elementari e alle medie. La pallavolo è sempre stato il mio sport preferito. Prima della pandemia ci incontravamo ogni mercoledì per un’ora e mezza di allenamento e per me è sempre stato un momento in cui rilassarmi, sfogare le mie emozioni, ricaricare le energie. Ho tante amiche nella squadra, quando è possibile ci vediamo anche al di fuori dell’attività sportiva».

Dopo quasi tre mesi a casa, Andrea vorrebbe anche riprendere a lavorare: «Faccio la barista in un locale del mio paese e mi piace molto stare a contatto con le persone«.

Tutte le atlete della squadra hanno messo in campo le loro risorse migliori in questo periodo: «Hanno trasformato ogni angolo della casa in una palestra pur di mantenersi in forma». Le attività «sospese« sono state quelle che di solito danno un valore aggiunto, come i gemellaggi con altre squadre: «Ci siamo allenate anche con i cadetti dell’Accademia della Guardia di Finanza - spiega Andrea - e mischiarci con loro ci ha permesso di giocare in modo unico, molto diverso dal solito. Abbiamo avuto anche la possibilità di incontrare le giocatrici della Volley Zanetti Bergamo ed è stato un momento molto emozionante. Ci hanno offerto tanti consigli, accorgimenti e trucchi per diventare ancora più brave».

Molte di loro hanno da tempo rapporti di amicizia con queste atlete: «Non si tratta di momenti sporadici - sottolinea Mariella - alcune vengono ad allenarsi regolarmente con noi creando un rapporto di collaborazione e di amicizia».
Il desiderio di stare insieme ha fatto nascere nuove forme di contatto durante la quarantena: «Abbiamo creato anche un gruppo WhatsApp - continua Andrea - per poterci videochiamare e fare esercizi insieme ogni volta che potevamo, anche a piccoli gruppi».

Tra le atlete c’è anche Rebecca Brivio, 20 anni, di Almè, anche lei con sindrome di Down: «Ho iniziato a giocare cinque anni fa, seguendo il consiglio dei miei genitori, e mi piace molto. Anch’io ho incontrato molte amiche nella squadra. Lo sport è un momento di divertimento bellissimo, io mi alleno anche in piscina, nel nuoto sincronizzato, che è una mia grande passione». Rebecca non ha ancora trovato un posto di lavoro, intanto sta svolgendo alcuni tirocini: «Ne ho fatto uno nel salone di una parrucchiera, ora sono in un bar come cameriera e mi piace molto».

Quando le allenatrici hanno scelto di avviare gli allenamenti virtuali attraverso una piattaforma digitale per le ragazze, il clima difficile della quarantena è completamente cambiato: «Ci si è aperto un nuovo mondo - osserva Rebecca - potevamo di nuovo vederci e stare insieme, anche se non eravamo nello stesso posto». Gli esercizi, chiarisce Mariella, seguivano l’andamento abituale: «Ci siamo concentrate sulle diverse parti del corpo: braccia, collo gambe. Gli incontri si svolgevano come sempre ogni mercoledì e continuavamo a rispettare i nostri riti, come quello del saluto iniziale. In questo periodo abbiamo coinvolto anche le famiglie e i genitori che facevano da “partner” per le atlete. Chi aveva a disposizione un giardino o un cortile poteva più facilmente allenarsi usando anche la palla».

Non era certamente come vedersi di persona, ma quantomeno la piattaforma digitale ha permesso di mantenere legato il filo che univa la squadra. «Avremmo dovuto partecipare a una manifestazione internazionale promossa da Special Olympics a Varese - aggiunge Mariella - che purtroppo è stata annullata a causa della pandemia». Al suo posto è stata proposta una rassegna «virtuale»: «Per partecipare - dice Rebecca - abbiamo seguito allenamenti speciali e ognuno di noi ha preparato un video. Le allenatrici poi li hanno riuniti tutti insieme. Non è stato come essere davvero lì ma vedere proiettato il filmato, che abbiamo realizzato durante la cerimonia di apertura trasmessa su YouTube, è stato comunque molto emozionante».

Tornei e gemellaggi sono occasioni importanti per la squadra: «Quando è possibile - commenta Mariella - cerchiamo sempre di partecipare. Nella nostra squadra ragazzi con disabilità si mischiano a “partner” normodotati, e per entrambi è un’esperienza umanamente arricchente e preziosa, un trampolino di lancio che serve anche per la vita, al di là dello sport. La pandemia ha fatto saltare tanti appuntamenti importanti, ma non ci ha tolto slancio ed entusiasmo». In un’atmosfera per molti versi pesante, nel periodo di picco del coronavirus, lo sport è stato una valvola di sfogo insostituibile: «Questi incontri online - sottolinea Andrea - mi hanno riempito le giornate, ed è stata un’esperienza unica. Alla pallavolo ho affiancato anche il ballo, che pratico fin da piccola, ora in coppia con il mio fidanzato: sono stata campionessa italiana ed europea. Facciamo ballo liscio, standard, latino-americano, caraibico, soul dance, hip-hop. Anche in questo non ci siamo mai fermati, ed è stato un grandissimo aiuto per me, ha contribuito ad allontanare i pensieri negativi. Mi sono molto spaventata quando è iniziato il lockdown e vedevo così tante persone ammalarsi, ma gli allenamenti mi hanno spinto a reagire: ho cercato di farmi coraggio e di continuare a seguire le mie abitudini. Non potevo rinunciare a tutto ciò che mi stava a cuore. Certo, le presenze virtuali non bastano, a me piace stare con le persone e guardarle negli occhi».

Gli allievi del team in tutto sono dodici, otto ragazze e quattro ragazzi di età compresa tra i 14 e i 24 anni: vivono in città o nei paesi limitrofi, si allenano abitualmente nelle palestre della scuola della città. «Adesso la stagione è finita - osserva Mariella - e non sappiamo ancora cosa ci aspetta a settembre, uno sport di squadra in linea teorica crea infatti sempre una specie di assembramento. Speriamo che sia possibile riprendere anche a vederci di persona».

Nella squadra ci sono anche i partner, atleti «normodotati« che condividono tutto il percorso degli altri atleti: «Studio Scienze Motorie, frequento l’ultimo anno - racconta Giulia Cagnoli -. Quando ho incominciato gli allenamenti ero un po’ titubante, non sapevo che cosa aspettarmi. Poi ho scoperto un ambiente davvero speciale, che mi ha dato moltissimo dal punto di vista sportivo e umano. Tra i partecipanti si instaurano rapporti di aiuto reciproco che innescano meccanismi virtuosi. Le sedute virtuali su Zoom in questo periodo ci hanno aiutato a mantenerci in contatto e ci hanno donato anche molte piccole conquiste e soddisfazioni: alla fine dell’anno molti esercizi, che all’inizio richiedevano tanta fatica, sono diventati spontanei, sono aumentati il fiato e la resistenza muscolare. I compagni di squadra erano sempre presenti e pronti a sostenersi a vicenda».

Mancavano gli abbracci: «Per noi - aggiunge Mariella - sono momenti importanti, fanno parte della nostra routine, come sottofondo ad allenamenti in cui non esistono la competizione e le scorrettezze«.

Anche le famiglie hanno una parte importante in questa storia, e hanno giocato un ruolo da protagoniste nel periodo della quarantena. Fondamentale, secondo Antonio, papà di Andrea, la possibilità di stare «in un ambiente positivo che valorizza le capacità di tutti«. Ma la presenza di questa squadra della Scuola Pallavolo contribuisce anche ad alimentare una cultura dell’accoglienza: «Mia figlia è cresciuta molto da quando fa parte della squadra - chiarisce Anna, mamma di Rebecca -. Si capisce che dietro ogni allenamento c’è un grande lavoro. Sono convinta, inoltre, che quest’esperienza possa aiutare a vincere i pregiudizi e a cambiare lo sguardo sulle persone con sindrome di Down».

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