Curnis rinuncia alla vetta
«Mi ha fregato un cane...»

«Mi ha fregato un cane». Si era visto un po’ di tutto in montagna. Bufere, maltempo, valanghe, infortuni, insomma imprevisti di ogni genere, ma un’ascensione andata a monte «per un cane» proprio no.

Eppure a Mario Curnis, che con i suoi 79 anni appena compiuti nei giorni scorsi era impegnato nell’ascensione dell’Elbrus assieme al grande scalatore kazako Denis Urubko e a un gruppo di giovani colleghi, è capitato anche questo. Una mossa brusca per allungare un boccone di pane a un cane di passaggio e, zac, la schiena che si è bloccata e per tre giorni.

«Non mi era mai capitato – spiegava alla vigilia del rientro – mi sentivo benissimo, ma questo contrattempo proprio nelle fasi salienti della spedizione mi ha convinto a non tentare la cima». Così, lo scalatore bergamasco non si è spinto oltre i 4.300 metri, restando al campo base in attesa dei compagni. La consolazione è che il resto della spedizione guidata da Urubko ce l’ha fatta, raggiungendo la cima giovedì.

Il gruppo aveva lasciato l’Italia il 4 dicembre e l’obiettivo non era solo la vetta nel massiccio più elevato del continente euro-asiatico, ma l’inizio di un percorso decisamente più ampio: «L’idea – spiegava lo stesso Urubko prima della partenza - è puntare sui giovani, con un programma itinerante che riguardi le giovani leve di diversi Paesi, dall’Italia alla Polonia alla Spagna». L’Elbrus in inverno è stato il primo e impegnativo passo: assieme al kazako a quota 5.642 sono arrivati il giovanissimo bergamasco Matteo Gallizioli di Albino, i russi Anton Kravtcenko, Andrej Shljapnikov, Evgenij Plechov, Vassilij Rubtsov, Alexadr Radionov, Evgenij Russin, e il polacco Krystian Madeja.

«Mi è spiaciuto dover rinunciare – conclude Curnis –, ma sono contento di essere stato al fianco di tanti ragazzi. In fondo l’Elbrus resta lì. E chissà che un giorno non ci torni».  

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