Marisa, uccisa con una coltellata al cuore
Il marito condannato all’ergastolo

Carcere a vita in abbreviato per il tunisino Arjoun Ezzedine: lo scorso 2 febbraio colpì a morte la moglie, che lo aveva lasciato, e ferì la sorella di lei. Oltre un milione di euro di risarcimento alla famiglia della vittima. Parte civile anche l’associazione «Aiuto Donna».

Non gli è servito nemmeno scegliere il rito abbreviato, che, nella stragrande maggioranza dei casi in cui si rischia sulla carta il carcere a vita, evita la condanna all’ergastolo grazie a uno sconto di pena. Il giudice dell’udienza preliminare Massimiliano Magliacani, nell’udienza di venerdì 15 novembre, ha deciso per il «fine pena mai», infliggendo l’ergastolo a Arjoun Ezzedine, il tunisino di 35 anni che nel febbraio scorso accoltellò a morte la moglie Marisa Sartori, 25 anni, perché non accettava la fine della loro relazione, e ferì anche la sorella di lei, Deborha, 23 anni.

Lo sconto di pena, in questo caso, è consistito nel non applicare il regime dell’isolamento diurno per un determinato periodo di tempo. Il gup ha accolto dunque la richiesta del pubblico ministero Fabrizio Gaverini, che aveva invocato per Ezzedine il carcere a vita. Il difensore dell'uomo, l’avvocato Daniela Serughetti, aveva invece insistito per una perizia psichiatrica, istanza però respinta dal gup. Il giudice ha disposto inoltre un risarcimento di oltre un milione di euro per la famiglia della giovane vittima, i genitori e la stessa sorella ferita, assistiti dall’avvocato Marcella Micheletti. Parte civile anche l’associazione «Aiuto Donna», con l’avvocato Marta Vavassori.

Ezzedine è stato condannato per omicidio con le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi (che hanno pesato più delle attenuanti), maltrattamenti e violenza sessuale: tutti reati ai danni della moglie Marisa. Le altre imputazioni: tentato omicidio (della sorella di Marisa, Deborha) e per porto d’armi abusivo (il coltello usato per l’aggressione).

La venticinquenne di Curno, parrucchiera, era stata uccisa lo scorso 2 febbraio nel locali garage della casa dei genitori – a Curno, in via IV Novembre 23 –, dov’era tornata a vivere dopo aver lasciato il marito, Un’unica, fatale, coltellata al cuore non le aveva lasciato scampo. La sorella Deborha, intervenuta nel tentativo di difenderla, era rimasta a sua volta ferita da alcune coltellate alla parte superiore del corpo: i medici del «Papa Giovanni» riuscirono a salvarla, mentre il fendente che aveva raggiunto Marisa fu letale.

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