Emergenza covid, bambini in crisi
«Aumentati tic, ansia e malesseri»

Venturelli, pediatra e garante dell’infanzia, solleva il problema: «Dimenticati da tutti i decreti, ma hanno bisogno di tornare a incontrarsi per la salute».

Mentre gli adulti tornano alla frenesia del lavoro, rimettono piede dal barbiere e al bar, e prenotano il ristorante per il weekend, in questa fase di ripresa i più piccoli stanno (nuovamente) a guardare. Per loro la vera ripartenza - tornare all’asilo o a scuola: che poi significa tornare sui banchi ma pure in palestra, in cortile, su dondoli e altalene - non è mai avvenuta, tranne che a Borgosesia (Vercelli) dove il sindaco ha deciso di riaprire le lezioni scolastiche nel teatro della proloco.

«I bambini sono la vera Cenerentola dei decreti - dice Leo Venturelli, pediatra e garante per l’infanzia del Comune di Bergamo -. Di loro non si parla, gli addetti ai lavori se ne sono un po’ dimenticati. Eppure vanno garantite due tutele: quella alla salute e quella alla socialità». Venturelli parte proprio dal diritto alla socialità nella sua analisi. «Il 16 maggio il ministero della Famiglia ha emanato linee guida per tornare a organizzare in sicurezza attività ricreative e centri estivi per bambini e adolescenti. Ebbene: partiamo da lì. Iniziamo a proporre queste iniziative: non sono fondamentali solo per i più piccoli, che devono tornare a incontrarsi. Ma sono un’occasione anche per noi per avere un assaggio di quello che succederà a settembre: iniziamo a vedere come se la cavano operatori e bambini con prime forme di aggregazione in estate, all’aperto, e con tutte le misure di sicurezza.

È un modo per farsi trovare pronti per la ripresa delle scuole». Ma secondo Venturelli ai bambini devono essere dedicati anche programmi di screening ad hoc: «Al momento gli esperti sono divisi sulla capacità dei più piccoli di contagiare e di essere contagiati. Perché non avviare un esperimento durante un Cre? Si tratterebbe di sottoporre tutti i bambini al tampone il primo giorno per vedere quanti entrino “sani”. Poi l’esame andrebbe ripetuto a metà e a fine esperienza per vedere se le misure di distanziamento, la mascherina, e tutti gli accorgimenti presi sono stati sufficienti a garantire il mancato contagio. Screening di questo tipo sono stati promossi all’interno di aziende e comuni per testare lavoratori e cittadini, è necessario che adesso la stessa attenzione venga data anche ai più piccoli». Attenzione che passa dalla tutela della socialità e della salute ma che - aggiungono gli psicologi - deve tenere conto anche degli effetti di oltre due mesi di reclusione forzata. Sono aumentate, in queste settimane di chiusura totale, segnalazioni di piccoli disturbi manifestati dai bambini: tic, disturbi comportamentali o d’ansia, espressioni di malessere. Spiega Gian Marco Marzocchi, docente di Psicologia dei bisogni educativi speciali alla Bicocca di Milano e psicologo del Centro per l’età evolutiva di Bergamo: «Questi disturbi potrebbero essere dovuti alla percezione del pericolo, ma anche a una nuova difficoltà che si è fatta avanti soprattutto per i bambini in età scolare.

Quella di dover gestire rapporti sociali, in primis quelli scolastici, mediati da uno schermo: qualche bambino si è sentito perso, intimorito dal fatto di non saper esporsi in ambito scolastico attraverso queste modalità, davanti a tutti, e ha avuto paura del giudizio degli altri. Non ha fatto in tempo a trovare il suo equilibrio, comprese strategie di sopravvivenza». La percezione del pericolo, nella fase più dura dell’epidemia, ai bambini è stata filtrata: «In effetti dipende dalla narrazione che i genitori hanno fatto dell’emergenza, e ovviamente anche dall’aver avuto familiari stretti toccati direttamente dal contagio. Ecco, non dobbiamo stupirci se nella fase di ripartenza qualche bambino riprenda la vita di sempre con un atteggiamento guardingo, titubante, anche ritirato. Le passioni e la creatività che li contraddistinguono sono state limitate per due mesi e mezzo, non è scontato che riesplodano dall’oggi al domani». Ma c’è un punto, quello sulla tutela della socialità, su cui l’analisi di pediatri e psicologi converge: «I bambini - chiosa Marzocchi - sono stati privati di quella gioia tipica delle ultime settimane di scuola: è stato negato loro quel senso di liberazione collettiva che ogni anno tutti noi abbiamo vissuto».

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