«Il filo di ferro è un atto criminale
ma lì niente motocross»

Continua la discussione sul cavo di ferro posato da ignoti che ha ferito un ragazzo di 16 anni alla guida dell’enduro. Gli amministratori: chi ha messo il cavo va condannato però gli enduristi in quella zona non devono più andare.

Un atto criminale. Gli amministratori dell’Alto Sebino e della Comunità montana dei laghi non hanno dubbi: quel filo di ferro teso a tradimento tra due alberi sull’argine dell’Oglio dove i piloti di cross e di enduro si allenano con le loro moto, poteva fare male, molto male, a Matteo Grigis o a un altro pilota. «Detto questo – hanno evidenziato in coro gli enti pubblici – non ci dobbiamo nascondere dietro a un dito: lì, le moto non possono circolare».«Se Matteo avesse fatto il solito giro e seguendo la traiettoria solita – osserva Domenico Bianchi, del Moto Club Costa Volpinoavrebbe rischiato la decapitazione». Giancarlo Carrara, presidente dello stesso sodalizio, aggiunge: «Tendere quel filo è un gesto che solo un delinquente ha potuto fare. Sappiamo che sull’argine le moto non possono circolare, ma è un’area lontana dai centri abitati e credo che non diano fastidio a nessuno».

Un tentato omicidio contro un illecito amministrativo. Le istituzioni sanno chiaramente da che parte stare, e tuttavia il punto di vista di sindaci e amministratori è diverso. Dario Colossi, sindaco di Rogno, commenta: «Occorre distinguere fra un reato grave e il rispetto delle regole da parte degli enduristi. Spero che chi ha tirato il filo di ferro venga individuato alla svelta e capisca quello che ha fatto. Ma i piloti devono ricordarsi che sugli argini e nei greti dei fiumi, così come nelle strade agrosilvopastorali o nei boschi, con le loro moto non possono circolare».

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