Il Caso Yacht a Pesenti
«L’acquisto non fu una truffa»

Il Pm: si archivi il filone leasing. L’accusa iniziale: comprato in saldo grazie a una perizia «farlocca». Poi si è scoperto che la stima era successiva alla compravendita.

È una data erroneamente trascritta che aveva armato i sospetti della Procura. E quando le difese hanno smascherato l’errore, le accuse sono crollate. Così, dopo averlo stralciato dall’inchiesta principale sui presunti patti occulti di Ubi Banca, ora il pm Fabio Pelosi ha chiesto l’archiviazione del filone sulla compravendita dello yacht «Beata of Southampton» finito all’industriale Giampiero Pesenti.

L’istanza della Procura è datata 2 ottobre e se l’unica parte offesa, Ubi Leasing, non si opporrà, il gip quasi sicuramente disporrà l’archiviazione.In sostanza, conclude il pm, non vengono rilevati gli artifici e i raggiri necessari a ipotizzare il reato di truffa. Artifici e raggiri che si basavano principalmente sulla data di una perizia relativa al valore dell’imbarcazione, secondo l’accusa sottostimato. Inizialmente si pensava che la stima fosse avvenuta prima della compravendita, inducendo così in errore Ubi Leasing, titolare dello yacht. I legali degli indagati hanno invece messo in rilievo l’errore materiale: la data era sbagliata, la perizia era avvenuta successivamente e dunque non poteva aver influenzato la compravendita.

Così, si avviano all’archiviazione anche le posizioni degli indagati: oltre a Pesenti, il commercialista Italo Lucchini, all’epoca membro del Consiglio di Sorveglianza Ubi; la figlia Silvia Lucchini, legale rappresentante della Tuscany Charter che aveva acquistato lo yacht per conto di Pesenti; il procuratore dell’operazione Marco Martelli; l’intermediario Alessandro Miele; e gli allora vertici di Ubi Leasing Giampiero Bertoli, Alessandro Maggi, Guido Cominotti e Marco Fermi.

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