Il Giubileo va incontro ai malati
nella chiesa del Papa Giovanni

Domenica alle 16, nella chiesa dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, il vescovo di Bergamo Francesco Beschi celebrerà il Giubileo dei malati, degli anziani, dei sofferenti.

Un’iniziativa – spiega una nota della Curia diocesana – con la quale Papa Francesco «ci invita ad accompagnare i nostri fratelli infermi affinché vivano la loro particolare esperienza quale “luogo giubilare”». «Il Santo Padre – prosegue il documento – ha quindi concesso che nella loro stanza possano sperimentare la misericordia di Dio e ricevere, dalla Chiesa, il dono dell’indulgenza. Il luogo della malattia e della sofferenza diventerà quel giorno per loro una speciale “porta santa”».

Insomma, non saranno loro a doversi spostare per poter celebrare il Giubileo, ma sarà il Giubileo stesso che domenica andrà loro incontro nella chiesa dell’ospedale, ma anche in tutte le loro case, le loro stanze di degenza, le case di cura attraverso la diretta televisiva di Bergamo Tv.In questo contesto la chiesa all’ospedale – pur non essendo molto grande – diventa luogo particolarmente significativo per la celebrazione di questo Giubileo dei malati.

A tutte le parrocchie sono state proposte indicazioni e sussidi tramite il sito diocesano. Nell’occasione la Curia richiama le parole detta, nel suo stile incisivo, da Papa Francesco: «Coloro che nella società e nella quotidianità vengono spesso considerati un peso sociale e familiare, che faticano ogni giorno per guadagnare il proprio spazio nelle strade, nelle case e purtroppo, talvolta, anche nelle chiese (ecco le dolorose contraddizioni del mondo), sono le creature privilegiate dall’amore di Dio. La società purtroppo è inquinata dalla cultura dello scarto, che è opposta alla cultura dell’accoglienza. E le vittime della cultura dello scarto sono proprio le persone più deboli, più fragili. Gesù è nascosto in queste piaghe. Hanno bisogno di essere ascoltate! E devono essere ascoltate da quelli che si dicono cristiani. “Da quelli che si dicono cristiani”: ecco dove si giocano differenza, credibilità e testimonianza. Ecco dove cura, assistenza e liturgia diventano davvero servizio».

«Sopportare passivamente una sofferenza – prosegue il Pontefice – non è cristiano, esattamente come lo stoicismo non ha nulla a che vedere con la fede in Cristo. Il dolore ha senso se lo si vive con fiducia e speranza in Dio, che ha il potere di trasformarlo addirittura in un’esperienza di bene e di valore per altri. Una persona ammalata o disabile può diventare sostegno e luce per altri trasformando l’ambiente in cui vive. Le sofferenze, come le piaghe di Gesù, da una parte sono scandalo per la fede, ma dall’altra sono verifica della fede, segno che Dio è Amore, è misericordioso, è consolatore. Quando ci accostiamo con tenerezza a coloro che sono bisognosi di cure, portiamo la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo».

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