L’appello di Giulia: non sfidate la vita
ma lasciate il vostro segno

Domenica 7 aprile sarà proclamata Serva di Dio. Il ricordo della mamma e del papà: «Tristi perché non c’è più? No, felici perché c’è stata». Il suo libro un esempio di forza per tutti.

Sei motivi per scrivere un libro. Aveva le idee chiare Giulia Gabrieli che, nell’età in cui si pensa a riempire di foto Instagram, sognava di «raccontare una storia. La mia storia». Ora che la sua storia risplende anche sotto i riflettori delle commissioni ecclesiastiche che ne dovranno decretare o meno la filigrana della santità, non si può non riprendere in mano il libro pubblicato nel 2012, un anno dopo la morte della quattordicenne di Bergamo. Raccoglie le testimonianze di questa ragazzina orgogliosamente aggrappata alla vita e al suo Creatore, impegnata con tutte le sue forze a lottare contro un sarcoma senza lamentarsi troppo, grata ai medici quanto esigente nel chiedere loro, sempre, la verità. E allo stesso tempo aperta a un finale diverso, «purché sia la Sua volontà».

«Un gancio in mezzo al cielo», pubblicato per Edizioni Paoline, è stato tradotto in quattro lingue ed è giunto alla 14ª ristampa. Parla di malattia e di giovani, per i giovani, spiegandoli dal suo (illuminato) punto di vista. «Il fatto è che la gente ha paura della malattia – scrive Giulia –, della sofferenza. Ci sono molti malati che restano soli, tutti i loro amici spariscono, spaventati. Non bisogna avere paura! È proprio questo allontanamento che mette timore a noi malati».

E si rivolge anche a chi malato non è: «Sogno di scrivere un libro perché ci sono molte persone che sfidano la vita, per esempio quando iniziano a drogarsi, e non si rendono conto che, allo stesso tempo, ci sono tante persone che stanno lottando per avere la vita. È questo che voglio far capire! È una cosa assurda: io sono qui a combattere per vivere. E ci sono persone, anche della mia età, quattordici anni, prima con la sigaretta in bocca, poi passano all’alcol, poi alla droga…».

Nei «Sogno di...» di Giulia c’è tutta la sua essenza, a partire dalla dura prova dei due anni di chemioterapia, prelievi e radioterapia, vissuti con il sorriso che non sa di sfida, ma di una che «vuole lasciare il segno». Poi l’affetto e la riconoscenza verso i genitori e chi ne ha preso in carico il percorso di cura. Un grazie che si moltiplicava a ogni incontro in ospedale, nella sua casa nel quartiere di San Tomaso de’ Calvi, in parrocchia, all’amica del cuore Chiara.«Sogno di scrivere un libro perché devo proprio ringraziare il Signore che mi ha dato tanta-tanta-tanta forza». La sua testimonianza va oltre: il suo libro deve essere un inno «per dire, e questa è la cosa che conta di più, per dire che Lui c’è, che ci sta sempre accanto».

E che sia la fede, il pilastro non soltanto degli ultimi suoi giorni ma dell’intera sua vita, lo si legge a pagina 61: «La fede è la cosa che mi sta aiutando più di tutto ad andare avanti – scrive Giulia –. Il pensiero che c’è un Dio che mi protegge e che fa di tutto perché le cose vadano al meglio, mi carica, mi dà questa grandissima forza… E in questo mi sta sostenendo molto una ragazza, la beata Chiara Luce Badano». Sapere che sulle sue orme ora si sta aprendo la causa per la sua beatificazione lancia nuova luce sulle sue parole.

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