L’Eco intervista il premier Renzi
«Voglio ridurre i costi e poltrone»

Il direttore de L’Eco di Bergamo Giorgio Gandola intervista il presidente del Consiglio Matteo Renzi in vista del suo arrivo a Bergamo da dove lancerà la campagna per il «sì» al referendum costituzionale.

Presidente Renzi, perché comincia la lunga corsa verso il referendum costituzionale da Bergamo?

«Perché questo referendum non è solo per i politici o per i costituzionalisti. Impatta pesantemente sul futuro dell’Italia produttiva, di cui Bergamo è una delle indiscusse capitali. Ridurre i costi e i posti della politica, semplificare il rapporto tra Regioni e Stato, ridurre i tempi per le leggi e per le amministrazioni pubbliche, dare all’Italia la stabilità che hanno tutti i nostri amici e competitor internazionali: si vota su questo. Davvero vogliamo continuare ad avere il Parlamento più numeroso e più costoso del mondo? Io credo che sia arrivato il momento di cambiare. E la laboriosa Bergamo, ben guidata dal mio amico Giorgio Gori, sarà in prima fila in questa sfida, ne sono certo».

Prima del lancio del progetto «L’Italia che dice sì» al Teatro Sociale, lei ha due appuntamenti: la visita al Kilometro Rosso e l’incontro con i 400 lavoratori Italcementi-Heidelberg che saranno lasciati a casa. Due volti di un Paese che ha immense potenzialità e certezze industriali di prim’ordine, ma che non riesce a strutturare la ripresa. Perché?

«Il Kilometro rosso è il simbolo di una grande intelligenza e visione industriale, figlia della scommessa di Alberto Bombassei e di tutti quelli che lavorano con lui: rendo omaggio alle grandi storie di impresa che partendo da qui conquistano il mondo. La riduzione dei posti di lavoro a Italcementi è invece l’effetto negativo di un processo di consolidamento europeo: pensiamo però che sia interesse di Heidelberg non privarsi della straordinaria qualità dei lavoratori bergamaschi. Questa è e sarà la posizione del governo sulla vertenza».

Dal palco del Teatro Sociale comincia la partita da lei stesso definita decisiva per il governo. È sempre convinto che la personalizzazione del referendum costituzionale sia una strategia vincente?

«Lei chiama personalizzazione ciò che io chiamo serietà. Si vota su un quesito semplice: volete finalmente cambiare passo e ridurre il numero e gli stipendi dei politici? Se dite sì, si cambia. Se dite no, continueremo con questi sprechi. Volete che le Regioni si occupino finalmente delle loro priorità e competenze senza sprecare soldi e tempo nelle promozioni turistiche in Cina o in venti diverse legislazioni sull’energia e sui rifiuti, sulle autorizzazioni e sulle infrastrutture? Se dite sì, si cambia. Se dite no, continueremo con questo federalismo sprecone dove molte regioni buttano via i fondi europei. Volete un governo stabile che dura cinque anni, sulla base delle indicazioni dei cittadini? Se dite di sì, si cambia. Se dite no, torneremo all’instabilità, ai governi che cambiano ogni anno, agli inciuci di palazzo. Tutto qui. Il referendum è su questo. Se lo vinciamo, l’Italia diventerà un Paese più semplice e più stabile. Se lo perdiamo, vado a casa. Per serietà. Non resto aggrappato alla poltrona. Questa è personalizzazione? No. Questa è serietà.».

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