Mamma morì dopo 13 anni in coma
Due condanne dopo 18 anni di processo

Antonella Giua aveva 28 anni. Morì nel settembre 2013, senza più svegliarsi dopo 13 anni in coma: aveva sostenuto un’operazione di raschiamento, due settimane dopo il parto.

La giovane mamma nel marzo del 2000 agli ex Ospedali Riuniti finì in coma irreversibile durante un intervento di routine. Quasi 18 anni dopo i fatti, e a seguito di un complicato iter giudiziario, martedì 28 febbraio una nuova sentenza è stata pronunciata sul caso: il giudice Bianca Maria Bianchi, in abbreviato, ha condannato in primo grado per omicidio colposo l’anestesista Roberto D’Amicantonio a un anno e 4 mesi (pena sospesa), l’allora primario di Anestesia, Giuseppe Ricucci, a otto mesi e, infine, ha disposto il rinvio a giudizio per l’ingegner Alberico Casati, allora responsabile della manutenzione, che non aveva chiesto riti alternativi e andrà a dibattimento.

I fatti risalgono al 14 marzo 2000. Quel giorno Antonella, 28 anni, da due settimane mamma di Antonio, entra in sala operatoria per l’intervento di raschiamento. Da qualche giorno aveva forti dolori, alla fine si era decisa ad andare all’ospedale. «Un intervento che doveva durare 5 minuti, ma passano le ore e non vedo nessuno. Ho capito che era successo qualcosa di grave», racconterà anni dopo il marito.

Invece della miscela di protossido d’azoto e ossigeno, Antonella si ritrova nella mascherina solo il protossido d’azoto. L’ossigeno non arriva perché, stabiliscono i periti, la presa del tubo dell’ossigeno era inserita male. Antonella inala protossido d’azoto per 12 minuti: quanto basta per entrare in coma e non uscirne più. Morì nel settembre 2013.

© RIPRODUZIONE RISERVATA