«Mi scuso per i beceri che hanno
attaccato queste persone malate»

Il suo post di solidarietà per la signora di Gandino contagiata dal coronavirus, ha raccolto in poco tempo centinaia di like: «Un abbraccio a distanza, vorrei portarle dolci e cannoli».

Dice sul serio, Basilio Milatos. Alla signora di Gandino che anziché i mosaici siciliani vedrà per due settimane le mura grigie dell’ospedale di Palermo, lui - 50 anni, impiegato nelle telecomunicazioni, palermitano con un cognome che tradisce le origini greche del nonno di Cefalù - porterebbe volentieri «un cannolo, una cassata, delle arancine».

E poco conta se la signora, partita da Bergamo, s’è portata dietro, in Sicilia, sto maledetto coronavirus. Gettando nello scompiglio una regione che, fino all’arrivo della «truppa» bergamasca, s’era «salvata». Lui, a quella turista bergamasca che mai ha conosciuto nè sentito nominare, un pezzettino dell’ospitalità siciliana ci terrebbe proprio a fargliela assaggiare. Porgendole, pure, le sue scuse. «Sì, mi scuserei – dice Basilio, che risponde al telefono sotto il sole della sua Palermo - . Per quei quattro o 400, quattromila, poco importa, beceri miei conterranei che inveiscono contro di lei e contro i cosiddetti nordici, rei - secondo questi benpensanti - di aver passato una vita a beffeggiarci salvo poi portare loro, in casa nostra, questo virus meschino. Un ragionamento assurdo, che non sta nè in cielo nè in terra, pieno zeppo di pregiudizi triti e ritriti del tutto superati».

Il riferimento è a quei commenti, girati sui social ma pure fra le bocche del città, che nelle ultime ore prendono di mira i turisti bergamaschi sbarcati in Sicilia: la comitiva è partita, ovviamente, senza sapere di avere al suo interno dei contagiati. Nè tantomeno gli stessi contagiati avevano, prima del volo di andata, il minimo sentore di aver potuto contrarre il virus: sintomi evidenti, quando sono partiti da Orio al Serio, non ce n’erano. È quindi vero che i primi casi in terra siciliana sono arrivati da Bergamo. Ma è altrettanto chiaro che, il contagio, è avvenuto all’insaputa dei turisti orobici. Che in questa triste vicenda sono semplici e ignare vittime. Repetita iuvant: vit-ti-me. «E appunto per questo il ragionamento dei miei concittadini, pochi per fortuna, fa acqua da tutte le parti. Anziché essere solidali con la signora ricoverata e pure con tutti i suoi compagni in isolamento, ci mettiamo a fare i razzisti? Non esiste proprio. La verità è che dietro c’è uno sciocco sentimento di rivalsa: qualcuno crede di potere rifarsi, fuori tempo massimo però. Credono di poter rendere pan per focaccia, di poter vendicarsi per apprezzamenti poco lusinghieri nei confronti dei cittadini del Sud espressi chissà quando e chissà da chi. Ma la verità è che queste reazioni, isolate per fortuna, sono un imbarazzo per noi siciliani: i nostri figli, le nuove generazioni, neanche li comprendono».

Un ragionamento che Basilio ha condiviso anche sulla sua pagina Facebook: in poche ore sono fioccati centinaia di like e commenti, molti dei quali contenenti messaggi di solidarietà per la comitiva bergamasca. «Quando guarirà, vorrei poter incontrare la signora di Gandino. Per ora posso solo mandarle un abbraccio, a distanza, per dirle che comprendo il disagio di trovarsi in un ospedale, in isolamento a tempo indeterminato, lontano da casa. E ringraziarla per avere scelto la mia città e la mia isola per venirla a visitare consapevole, evidentemente, della sua bellezza. Che è sì decadente ma anche, e parecchio, abbagliante per bellezza, arte e cultura. Noi siciliani abbiamo dimostrato di sapere restare umani e solidali sempre, soprattutto verso chi sta male. Da qualsiasi posto provenga».

© RIPRODUZIONE RISERVATA