Ricchezza e lockdown per l’epidemia
«La forbice sociale si allargherà di più»

La proiezione dell’Osservatorio Cisl sui dati del ministero dell’Economia e finanza: il 30% del reddito all’8% dei contribuenti. Il 36% a rischio povertà.

«Nonostante i sussidi del governo, circa la metà delle famiglie italiane ha subito un calo del proprio reddito a causa del Coronavirus. È uno dei risultati dell’indagine di Bankitalia. L’emergenza dell’epidemia rischia di tramutarsi in una grande emergenza economica, ampliando a dismisura le diseguaglianze sociali: la forbice tra la parte ricca e la parte povera della società si allargherà ulteriormente, creando un  gap  sempre più insanabile fra le diverse fasce sociali della popolazione». Mario Gatti, segretario Cisl, e Caterina Delasa, segretaria generale di Fnp Cisl Bergamo, sono convinti che l’allarme lanciato dal governatore Vincenzo Visco, nell’ultima relazione dell’istituto di via Nazionale, sia già ben visibile anche alle latitudini della provincia di Bergamo.

Già i dati del monitoraggio Caritas dicono che nel nostro Paese si registra un aumento della povertà. «Chi era povero in passato si ritrova oggi inevitabilmente più deprivato, mentre chi si collocava appena al di sopra della soglia di povertà (le famiglie che l’Istat definisce “quasi povere” secondo i parametri di calcolo della povertà relativa) inizia a non disporre del necessario per vivere– si legge nella relazione Caritas. Dai mesi di pre-emergenza ad oggi si è registrato un aumento del 105% delle nuove povertà, che si sommano a quelle già note, e in alcuni casi croniche, conosciute da tempo. Questo trend appare ancor più grave se si pensa che avviene dopo anni di calo ininterrotto dei nuovi accessi registrato a partire dal 2016».

Colpite soprattutto persone con un impiego precario, stagionale o irregolare, o che versavano già da tempo in uno stato di disoccupazione. A loro si aggiungono i cassaintegrati e liberi professionisti in attesa dei trasferimenti monetari di protezione. A fare la differenza in questo particolare momento di «attesa» è la possibilità o meno delle famiglie di «attutire il colpo» attingendo ai propri risparmi, evitando così lo scivolamento in uno stato di indigenza. E in tal senso purtroppo i dati Istat dimostrano che in Italia quasi i due terzi dei nuclei, esattamente il 62%, non riesce ad accantonare alcunché a fine mese e che il 36% non è in grado di far fronte ad una spesa imprevista di 800 euro. Le preoccupazioni salgono anche verificando i dati sulle dichiarazioni dei redditi.

Un’analisi dell’Osservatorio Socio economico della Cisl di Bergamo sui redditi del 2018 forniti dal Mef, segnala che in provincia di Bergamo, il reddito medio si attesta a 22.104 euro lordi annui, in leggero aumento sul 2017, a 21.980. In totale, sono 162.113 (più del 20% dei contribuenti totali) i soggetti che nel 2019 hanno avuto un’imposta netta pari a zero, quasi 9000 in più dello scorso rilevamento. Si tratta prevalentemente di contribuenti con livelli reddituali compresi nelle soglie di esenzione.

I lavoratori dipendenti, poi, vedono scendere il loro reddito 22.819 (era oltre i 23.000), così come i pensionati (che registrano una media di 17.573 euro). Più del 36% dichiara entrate inferiori ai mille euro netti mensili, ovvero 15 mila euro lordi annui. Il 56% rimane sotto i 50 mila euro. Va meglio invece agli «indipendenti», che registrano un reddito medio di 28.212 euro lordi annui, contro i 27.590 dell’anno prima, e soprattutto agli autonomi che vedono la loro dichiarazione passare da 49.990 euro lordi annui a 51.500.

Se nella fascia fino ai 15mila euro si concentra il 13% del reddito complessivo suddiviso tra oltre il 36% dei contribuenti, in quella oltre i 50 mila euro si accumula oltre il 30% del reddito suddiviso tra l’8% dei contribuenti.

«I numeri del ministero delle Finanze – sottolinea Gatti – segnalano ancora una volta con forza quanto la piramide sociale attragga sempre più verso l’alto un volume di ricchezza sempre maggiore; con la nefasta conseguenza che le differenze sociali aggravano una situazione già pericolosa. Pensare che questi tre mesi passati nell’emergenza e i prossimi che non permettono scelte di grande sicurezza peggioreranno ulteriormente la situazione».

«Fnp Bergamo - conclude Delasa -attua da anni la politica della contrattazione sociale per definire interventi a favore delle fasce più deboli e fragili, patti antievasione e progetti per una più equa redistribuzione delle risorse da riservare alle fasce più fragili della popolazione e al welfare locale. Ci aspettiamo dai Comuni l’invito a riprendere al più presto la discussione».

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