Riciclaggio internazionale, 13 arresti
Agganci col terrorismo,coinvolta Bergamo

Il gruppo operava tra Milano, Roma e Bergamo. Il nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Milano ha arrestato 13 persone, 10 in Italia e tre in Ungheria, accusate di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale.

L’inchiesta, coordinata dal responsabile dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Adriano Scudieri, ha messo in luce un gruppo che attraverso l’hawala (sistema di compensazioni internazionali senza trasferimento fisico di denaro, ndr) consentiva ai «soci» del gruppo di riscuotere i proventi delle attività di traffico di droga e di armi e del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina da uno dei «corrispondenti» all’estero.

Le ordinanze sono state emesse dal gip assieme a un decreto di sequestro preventivo di 4 milioni di euro. Nel corso degli arresti, a testimonianza di come il gruppo fosse pienamente operativo, la Gdf ha sequestrato un milione di euro in contanti.

A darne notizia l’Ansa. Sono finiti in carcere sei egiziani, cinque siriani (tre dei quali arrestati in Ungheria, dove sono stati sequestrati immobili per un milione di euro e conti correnti per 400mila euro) e due marocchini. Molti di loro, in regola coi documenti e che gestivano call center o altre attività «di copertura». Dalle indagini sul libico (denunciato per riciclaggio e poi resosi irreperibile) è emerso che sul telefonino aveva «foto, video ed email dal chiaro contenuto religioso islamista anche di tipo radicale» e che aveva effettuato «dichiarazioni doganali, tra il 2013 e 2015, in Germania, Francia, Olanda e in Italia per circa 50 milioni di euro».

Dagli accertamenti è venuto a galla come il libico «fosse in contatto con una complessa e articolata associazione per delinquere» con base «a Milano e nel suo hinterland ed all’estero (Marocco, Egitto, Libia e Ungheria), dedita alla raccolta e al trasferimento, mediante il sistema hawala, di ingenti risorse di denaro di origine illecita».

La banda era organizzata «su due gruppi tra loro collegati (network SADIG e network HAJ IBRAHIM)» e forniva «un servizio di trasferimento di denaro illecito a carattere transnazionale». I «clienti» dell’organizzazione «consegnavano le somme di denaro di provenienza illecita ai broker-hawala presenti sul territorio nazionale «ricevendo, nel contempo, un codice da inviare alle controparti estere che avrebbero ritirato i citati fondi dagli omologhi mediatori finanziari presenti nel proprio Stato di residenza». I trafficanti «clienti», tra l’altro, stando a quanto spiegato dal pm Adriano Scudieri, sono sotto procedimento per le loro attività illecite in diversi Tribunali italiani, da Genova a Torino passando per Como, Venezia, Brescia, Cagliari, Catania, Ascoli Piceno.

Per garantire «la necessaria e contemporanea liquidità all’interno» del sistema la banda «spostava ingenti quantitativi di denaro tra i vari Stati interessati dalle transazioni finanziarie avvalendosi di cash courier». La rete internazionale, infine, come ha spiegato il comandante del Nucleo di polizia tributaria di Milano, Vito Giordano, potrebbe essere «molto più ampia di quella fino ad ora individuata».

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