Sacchetti della spesa, è rivolta social
L’alternativa è la «vecchia» borsa a rete

Per chi non vuole spendere i 2 o 3 centesimi del costo di un sacchetto di plastica riciclabile per ortofrutta, c’è una alternativa: la borsa a rete, o «net bag»come la chiamano gli americani.

Su Internet la si trova da 1,5 euro a 8 euro, in materiale plastico o corda o cotone biologico. Ma si può trovarla anche nei negozi, oppure farsela all’uncinetto (costo del kit completo, 27 euro).

Al supermarket si pesano frutta e verdura sulla bilancia, si infilano i prodotti in borsa e si attacca l’adesivo con il prezzo sulla rete. La scorsa estate la net bag aveva spopolato fra le influencer di Instagram, come borsa da spiaggia e da vacanza. Oggi la vecchia retina delle nonne trova ancora un’altra applicazione, come alternativa alle bustine riciclabili a pagamento.

Sui social media in questi giorni sono numerose le proteste di consumatori contro le borse di plastica ecologica, definite da molti una ennesima tassa. Per il Codacons è «un nuovo balzello che si abbatterà sulle famiglie italiane, una nuova tassa occulta a carico dei consumatori». Qualcuno parla di un favore politico alla Novamont di Novara, leader nel settore e guidata da una manager vicina a Matteo Renzi, Catia Bastioli. Sui Social c’è anche chi ha postato foto di mele prezzate una ad una per protesta.

Molta gente però su internet sostiene la nuova misura e attacca i critici. I sacchetti riciclabili a pagamento vengono visti come un sacrificio irrisorio, a fronte di un vantaggio ambientale innegabile. Quanto alla Novamont, Legambiente ribatte che in Italia si possono acquistare bioplastiche da almeno una decina di aziende.

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