Smog, revocato il limite al riscaldamento
La foto del lettore: 26.8 gradi in Università

La pioggia ha spazzato via lo smog e il Comune di Bergamo ha revocato mercoledì mattina, 10 febbraio, l’ordinanza di limitazione dell’uso degli impianti termici in città. Nel frattempo si continua a discutere sui social network per la foto inviata da uno studente universitario: si vede un termometro con la temperatura di 26.8 gradi in Università.

Il livello di Pm10 al di sotto della soglia d’allarme da sei giorni consecutivi e le previsioni meteorologiche dei prossimi giorni hanno indotto il Comune a revocare l’ordinanza entrata in vigore il 1° febbraio 2016 e che recepiva il protocollo sperimentale siglato dai comuni dell’area critica lo scorso 29 gennaio.

È infatti prevista, quando le Pm10 risultano oltre i limiti stabiliti dalla legge per 7 giorni consecutivi, la riduzione negli edifici pubblici e privati dell’accensione dei caloriferi da 14 a 12 ore con temperature abbassate da 20 a 19 gradi, con tolleranza di un paio di gradi. Questa ordinanza necessita di una revoca da parte dello stesso Comune di Bergamo che ora è arrivata ufficialmente da Palazzo Frizzoni.

Resta vivace la polemica, però, sui social network della segnalazione arrivata da uno studente universitario che ha segnalato 26.8 gradi in Ateneo. Gli esempi, secondo i lettori, potrebbero essere molteplici: pochi hanno infatti rispettati i limiti, sia nelle abitazioni sia negli uffici. «La foto in Università è stata scattata in aula 4, presso la facoltà di Economia in via Dei Caniana - ci evidenzia il lettore che ci ha mandato la foto -. Tutte le aule presentano lo stesso problema: per esempio, in aula 11 il 10 febbraio si sono raggiunti i 25.7 gradi. È normale che essendo in tanti dentro un ambiente chiuso questo si scaldi, ma il problema è che già prima di entrare in aula ci sono 23 gradi. Basterebbe impostare la temperatura sui 19-20 gradi e regolare i termostati in modo che raggiunta una determinata temperatura i termosifoni si spengano invece che continuare a lavorare».

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