Chiesa stracolma per don Pennati
Il vescovo: ha segnato la nostra esistenza

Ultimo saluto a don Roberto Pennati lunedì mattina 20 maggio alle 10 con i funerali nella chiesa del Patronato San Vincenzo, in via Gavazzeni 3, in città.

Poco dopo le 9 la chiesa era già colma, con tantissime persone che hanno voluto partecipare alle esequie, nel silenzio e nella compostezza del momento. Presente il vescovo di Bergamo mons. Francesco Beschi e numerosi sacerdoti che hanno sostato a lungo in preghiera davanti al feretro. A celebrare le esequie lo stesso vescovo che con profonda commozione ha detto, all’inizio del funerale: «Tutti coloro che gli sono cari sono qui: è stato un prete che ha segnato l’esistenza di tutti noi in modi diversi. Ha vissuto la sofferenza con distacco, l’ha percorsa con la fede che ha testimoniato alla comunità. È sempre stato vicino ai sacerdoti di tutta la nostra Diocesi e alla vita del Patronato».

Con il vescovo hanno celebrato il funerale una trentina di sacerdoti, tra cui tutti quelli del Patronato di Bergamo. Presente in chiesa anche don Ciotti e un centinaio di sacerdoti. Dopo la lettura del Vangelo e della «Parabola dei pani e dei pesci», il vescovo Beschi ha parlato della malattia di don Roberto, «che sembra impotenza, come quei 5 pani che sembrano insufficienti a sfamare le persone davanti a Gesù - ha detto monsignor Beschi -. Cristo moltiplicherà e la vita continuerà a scorrere». Poi una citazione: «Scaviamo gradini nella roccia e nel ghiaccio, dicono gli alpinisti, ma non nel cielo: don Roberto ha scavato gradini nel cielo» ha commentato ancora il vescovo.

«Don Roberto sapeva dare sempre la risposta giusta: aveva il Cristianesimo nel Dna - ha detto don Davide Rota -. Il suo segreto era la sua saggezza, ma anche la sua profondità. E la storia della sua infanzia». Al termine delle esequie un lungo applauso e il saluto di tantissime persone al feretro che sarà tumulato a Bottanuco nella tomba di famiglia dopo una sosta di preghiera nella chiesa parrocchiale del paese.

La salma in questi giorni era stata composta alla comunità Agro di sopra, in via Correnti, dove da 11 anni vive anche don Alessandro Sesana, 57 anni, dal 2002 prete del Patronato San Vincenzo. Il suo incontro con don Roberto avviene proprio al Patronato, una ventina d’anni fa, quando la malattia - la Sla - lo aveva già colpito. «Mi sono trovato in sintonia con le sue scelte – ricorda don Sandro –. La vita comune con i ragazzi, gli educatori della sua comunità, il lavoro anche manuale, la dimensione piccola della comunità in cui si potessero costruire buone relazioni sono stati aspetti che mi hanno subito colpito nella sua scelta di vita».

La sua malattia non lo ha portato a nascondersi. «Era un uomo libero, si presentava così come era. Ha sempre dato un grande valore all’amicizia e alla relazione in cui condensava umanità e divinità. Era un prete sempre insieme al Signore, un giorno sereno, un altro giorno stanco, a volte soddisfatto, altre arrabbiato, ma sempre con il Signore». Per don Sandro pensare a che cosa ha lasciato in lui l’incontro con questo sacerdote speciale è come aprire lo scrigno di un tesoro. «Mi ha insegnato che se scegli di prenderti cura di qualcuno lo devi fare con costanza, fedeltà e puntualità. Mi ha insegnato come dentro la malattia abiti la dignità dell’uomo. Lui diceva di non pregare per guarire, ma perché Dio gli concedesse la dignità di vivere bene da uomo la sofferenza. Credo che le sue preghiere siano state esaudite».

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