Tre giorni in parete a 21 anni. La «prima» di Dario in Presolana

L’impresa invernale e in solitaria sulla Direttissima, nella parete Nord Ovest. «Ho realizzato un sogno iniziato quando papà mi portava a camminare in Valle Brembana».

Solo 21 anni e un’unica grande passione: la montagna. Un ambiente che ha imparato a conoscere sin da piccolo, condiviso con la famiglia e maturato col tempo. Un’evoluzione che negli ultimi anni ha avuto un’accelerata tale che Dario, a soli 21 anni, ha intrapreso la sua prima solitaria invernale della Via Direttissima sulla parete nord ovest della Presolana, una scalata in autosicura durata tre giorni. Con tanto di bivacco in parete, ovviamente. Lui è Dario Eynard, 21 anni, di Bergamo, studente di ingegneria per l’ambiente e il territorio al Politecnico di Milano. La sua impresa, per quella età e questa stagione, è davvero epica. L’ha appuntata in calendario in una data speciale, quella che segna l’inizio dell’inverno. È infatti il 21 dicembre quando Dario raggiunge l’invernale del Rifugio Albani, è carico di un saccone da oltre 25 kg, il peso della sicurezza e della sopravvivenza, il giusto peso (calcolato fino all’ultimo grammo) per la sua avventura, ed è in compagnia dell’amico Francesco Finazzi. E i famigliari a casa, cosa dicono? «All’inizio erano preoccupati, ma li ho gradualmente abituati. All’Albani c’era il mio amico Francesco, che rimaneva in contatto con i miei famigliari e mi ha accompagnato fino all’attacco Castiglioni. Poi sono andato avanti da solo».

È il giorno dopo che attacca la Via Direttissima sulla parete nord della Presolana : «Sarebbe stata la prima salita solitaria invernale di tutta la parete, nonché della stessa Via – racconta Dario -. L’idea di essere il primo a compiere una salita aiuta da un lato a motivare, ma dall’altro alimenta sempre quei dubbi e quelle perplessità che ti assalgono prima di un’uscita importante. Compiere una “prima”, però, non può che rappresentare la ciliegina sulla torta, quel “in più” che permette di scegliere quale tra le tante possibili ascensioni affrontare. Da sola però non sarebbe assolutamente sufficiente a spingere una persona a salire su una parete, in solitaria, d’inverno e nei giorni più corti dell’anno. Vi sono di base ragioni introspettive decisamente più profonde, intime».

Per Dario non è la prima solitaria, nel suo curriculum alpinistico ci sono la Placido, la Bosio, la 12 anni di Albani, la Via col vento. Ma è la prima invernale. «Compiere una solitaria invernale è forse lo strumento conoscitivo più grande con il quale mi sia mai confrontato – spiega –. Ogni volta che ho voluto un po’ superare me stesso, ho sempre sentito un senso di agitazione, che sistematicamente svaniva nel momento di intraprendere la scalata. E così è successo anche questa volta».

Arrampicata, ramponi, piccozze, progressione lenta o impegnativa, temperature rigide e buio presto, bivacco in parete su cengia innevata, sotto un cielo stellato e un panorama che mostra i profili: il lessico della montagna che Dario conosce molto bene e che ha caratterizzato le fredde ultime giornate di dicembre. E infatti Dario arriva sull’ultimo «tiro di corda» (così si chiama in gergo alpinistico una sezione della linea di arrampicata) costretto a riaccendere la frontale perché era nuovamente arrivato il buio. E col buio di mezzanotte affronta le calate dallo spigolo nord ovest che lo portano alla base delle vie all’una di notte del 23 dicembre.

«È allora che capisco di esserci riuscito, di aver realizzato un sogno inseguito da mesi. Un leggero senso di vuoto mi assale. Vedo la frontale di Francesco partire dal rifugio Albani nella notte, per venirmi incontro. Mi sento sereno». «Mi sono avvicinato all’arrampicata in modo autonomo» racconta ancora Dario, «ho frequentato dapprima un corso al Palamonti, che mi ha appassionato. Ma le radici nell’alpinismo in realtà avevano scavato con i soggiorni nella seconda casa a Carona, in alta Valle Brembana, dove ci portava mio papà. Durante una delle tante passeggiate, frequentavo all’epoca la scuola media, mi ricordo che vidi una cordata sulla cresta Baroni, e ne rimasi affascinato. E dopo il corso di arrampicata cominciò il mio vero e proprio percorso alpinistico: a 17 anni mi sono iscritto al corso di alpinismo al Cai di Nembro e dopo un paio di mesi ho acquisito le competenze per frequentare la montagna, sperimentando progressivamente gradi alpinistici sempre più impegnativi. E ora sto studiando per diventare aspirante istruttore, sempre al Cai di Nembro».
E i famigliari a casa, cosa dicono? «All’inizio erano preoccupati, ma li ho gradualmente abituati. All’Albani c’era il mio amico Francesco, che rimaneva in contatto con i miei famigliari e mi ha accompagnato fino all’attacco Castiglioni. Poi sono andato avanti da solo».

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