Trentatre anni fa, quanta neve
Ricordate la nevicata del secolo?

Il 13 gennaio dei 1985 i primi fiocchi che nel giro delle 48 ore successive paralizzarono la Bergamasca.

Trentatre anni. Tanti sono passati da quell’incredibile nevicata che dal 13 gennaio 1985 seppellì letteralmente la Bergamasca. Una cosa mai vista, giorni di autentica follia con la città e la provincia paralizzate. Eppure nessuno ricorda quei giorni con fastidio, ma quasi con nostalgia per quel manto bianco che ora dopo ora si fece sempre più impenetrabile. Ecco un articolo del collega Emanuele Falchetti, scritto tre anni fa in occasione del trentennale.

Era cominciato tutto con fiocchi minuscoli nell’aria pungente di un pomeriggio di metà gennaio. Un pulviscolo leggerissimo che aveva cominciato ad allargarsi in falde sempre più ampie e pesanti. E non si era più fermato: due giorni di una nevicata fittissima e grandiosa. Talmente grandiosa che a trent’anni di distanza è rimasta un’immagine indelebile nella memoria di chi l’ha vissuta e anche chi non c’era ha imparato a conoscerla.

La nevicata dell’85. La nevicata del secolo. Questo l’eccezionale evento che, nel bene e nel male, in tanti ricordano e che ha dato il nome anche a una band musicale. E chissà cosa annuncerebbero oggi i telegiornali, costretti invece a misurarsi con una «quasi primavera» in cui la neve è confinata alle altissime quote. Si parlerebbe di Big snow, White storm e chi più ne ha più ne metta. Tra il 14 e il 15 gennaio 1985, solo in città, caddero qualcosa come 50 centimetri di neve, mentre nelle valli il manto si assestò tra i 70 centimetri e i due metri a seconda della quota. Precipitazioni epocali che investirono tutto il Nord Italia, precedute da un’intensissima ondata di gelo con temperature costantemente sotto lo zero.

All’inizio sembra una gran bella nevicata e fine della storia. «Lo scomodo fascino della neve a Bergamo», si limita a titolare martedì 15 L’Eco dopo i primi 22 centimetri depositati in città. Poi, passa il tempo, le precipitazioni non smettono e i toni si fanno decisamente più allarmati: «È nevicato tutto il giorno», recita il pezzo portante della cronaca cittadina il mercoledì. Aiuto? Aiuto sì. Perché è chiaro che i 150 spalatori e i 9 spazzaneve messi in campo nelle ore precedenti potranno poco o nulla. Dopo 48 ore le strade sono impraticabili, con auto in coda per ore, camion di traverso e autobus a singhiozzo; anche i treni sono bloccati e le scuole in procinto di chiudere. Il Comune appronta un piano di emergenza: recluta 200 spalatori che, assieme a 100 soldati della Montelungo, tentano (invano) di sgombrare i marciapiedi. I mezzi spazzaneve aumentano (una sessantina), ma alla fine per ripulire le strade dei Colli dovrà intervenire la Legnano con i suoi cingolati per rompere croste di ghiaccio spesse anche venti centimetri. Anche l’acqua – a causa del gelo e della conseguente rottura delle tubature – comincia in qualche caso a scarseggiare, la posta è un miraggio, molte aziende sono costrette a interrompere la produzione per la viabilità impossibile e la mancanza di energia elettrica, mentre nelle valli diversi paesi sono completamente isolati e minacciati dalle slavine.

Quando, il 16 gennaio, assieme alla neve arriva la pioggia, il caos raddoppia. Adesso sono soprattutto i tetti a preoccupare: sotto il peso insostenibile della coltre bagnata ne crollano oltre 200 in tutta la provincia con danni per miliardi di lire. Anche quello del palazzetto dello sport di Alzano si schianta pochi minuti prima dell’arrivo di una squadra per l’allenamento. Tragedia sfiorata. A Oltre il Colle, purtroppo, Massimo Epis non sarà così fortunato: travolto da un trattore spazzaneve resterà soffocato dal manto che stava rimuovendo. Il resto è un rosario di piccoli e grandi disagi che andranno lentamente scemando solo la settimana seguente.

«Si è visto il sole, la neve si squaglia», titola il giornale il 20 gennaio. Non è primavera, ma va già meglio, anche se per diversi giorni raggiungere la città e, soprattutto, parcheggiare resterà un’odissea. Il disgelo riporta la normalità e svela ciò che la grande nevicata ha lasciato: tante buche, la consapevolezza di aver superato giorni difficili, ma anche un pizzico di poesia. «In Città Alta – è una cronaca di quei giorni – per qualche ora gli abitanti sono rimasti del tutto soli: rare le auto che riuscivano a salire, solo la funicolare garantiva il collegamento con il centro». Chissà che prima o poi capiti ancora. Per adesso la neve è solo un ricordo.

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