Un’altra storia di sfruttamento e dolore
Minorenne incinta spinta alla prostituzione

Un’altra storia di dolore e sfruttamento è collegata alla Bergamasca con un’altra nigeriana di 24 anni arrestata e ora in carcere a Bergamo, fermata dalla Polizia di Stato perché avrebbe, in concorso con altre persone non identificate in Libia ed in Nigeria, fatto arrivare dal suo Paese una ragazza minorenne da avviare alla prostituzione dopo essere stata sottoposta al rito juju.

Bloccata a Bergamo da agenti della Squadra Mobile di Catania e della città lombarda che hanno eseguito un decreto di fermo emesso dalla Dda della Procura della Repubblica etnea, la donna adesso è rinchiusa nella casa circondariale di via Gleno.

Il provvedimento restrittivo accoglie gli esiti di un’attività investigativa di tipo tecnico avviata dalla Squadra Mobile di Catania con il coordinamento della Dda a seguito delle dichiarazioni rese dalla ragazzina in stato di gravidanza - nome di fantasia «Babel» - arrivata il 18 gennaio del 2018 nel porto di Catania a bordo della nave «Aquarius» di SOS Mediterranee insieme con altri 512 migranti. Ora la ragazzina vive in una località protetta.

La minorenne, che aveva deciso di non consegnarsi alla madame avendo capito di essere destinata alla prostituzione, disse agli investigatori di aver lasciato il suo Paese a causa di difficoltà economiche e che un connazionale le aveva proposto di raggiungere l’Italia con l’accordo che una donna nigeriana che già abitava in Italia, «Mama», - la donna oggi sottoposta a fermo - si sarebbe fatta carico delle spese di viaggio (25.000 euro), somma che la giovane avrebbe dovuto restituirle lavorando. La ragazza era stata sottoposta al rito juju prima di iniziare il viaggio verso la Libia e, giunta a Tripoli, il responsabile del trasferimento, «boga» le aveva dato il numero di telefono della madame che la attendeva in Italia.

La madame, informata del fatto che la minorenne era incinta, avrebbe ripetutamente tentato di convincerla a interrompere la gravidanza mente era in Libia e le avrebbe dato indicazioni perentorie circa il comportamento da tenere all’arrivo in Italia: avrebbe dovuto dichiararsi maggiorenne, avrebbe dovuto contattarla immediatamente in modo da potere essere prelevata al più presto dalla comunità presso la quale sarebbe stata collocata e non avrebbe dovuto riferire a nessuno che una donna la attendeva in Italia.

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