Covid, Xe più contagiosa del 10% ma i vaccini prevengono ancora la malattia grave

L’intervista Ariela Benigni, segretario scientifico del Mario Negri, descrive il profilo della nuova variante: più infettiva rispetto a Omicron, ma simile sul piano della malattia

Iniziò tutto da quel virus apparso per la prima volta a Wuhan. Oltre due anni dopo l’incipit della pandemia, la «fisionomia» del Sars-CoV-2 ci ha abituato a un ampio campionario di varianti: Alfa, Delta e Omicron, solo per citare quelle che hanno effettivamente innescato le ondate degli ultimi dodici mesi, mentre oggi il virus ancora continua a mostrare nuove evoluzioni. L’attualità segnala ora le «varianti ricombinanti»: la più monitorata è stata denominata Xe, nasce dall’unione tra Omicron 1 e Omicron 2, e finora è stata segnalata nel Regno Unito ma non ancora in Italia. «Le prime ipotesi – spiega Ariela Benigni, segretario scientifico dell’Istituto Mario Negri e coordinatrice delle ricerche dei centri di Bergamo e Ranica – indicano che Xe sia più trasmissibile di circa il 10% rispetto alle varianti parentali, cioè Omicron 1 e 2, ma non sembra dare una malattia più grave». E se i vaccini attuali si mostrano ancora efficaci nel proteggere dalla malattia grave (meno, invece, dalla «semplice» infezione, cioè dal contagio), ciò che ci si aspetta per il futuro è «un vaccino aggiornato alle nuove varianti».

«In generale i vaccini in uso sono in grado di ridurre la malattia grave»

«I vaccini sono efficaci sulle due varianti Omicron parentali, mentre sulle ricombinazioni non si hanno ancora studi - aggiunge Benigni -. In generale, però, i vaccini in uso sono in grado di ridurre la malattia grave, pur essendo meno efficaci sull’infezione: più ci allontaniamo dal ceppo di Wuhan, meno proteggono dall’infezione».

«Questo è quello che ci aspettiamo per l’autunno. Si è anche parlato di vaccini che possano contenere dei pezzi delle varie varianti, così da produrre un pan-vaccino in grado di stimolare nell’organismo risposte contro le diverse varianti: l’industria ci sta ancora lavorando».

Approfondisci l'argomento sulla copia digitale de L'Eco di Bergamo

© RIPRODUZIONE RISERVATA