Romano, il cenone va di traverso
La Lega: non è solidale

Polemica della Lega sull’iniziativa di fine anno: «Il Comune si è dimenticato degli anziani». Il sindaco: erano pochi, per loro altri aiuti

L’ultima cena, anzi l’ultimo cenone dell’anno, riaccende la polemica a Romano tra la locale sezione della Lega Nord e l’amministrazione comunale. E segue quella del piano di coesione e integrazione sociale che prevede anche l’istituzione di corsi di lingua araba e romena. Non gestiti e non a carico del Comune, ma come iniziativa di associazioni del settore. Stavolta a dare fuoco alle polveri non sono i botti di fine anno, ma il tradizionale cenone di San Silvestro che da alcuni anni il Comune promuove nel ristorante del centro sociale polivalente. Un cenone con prezzo calmierato, in media 30-35 euro come quota di partecipazione, e che veniva definito solidale perché a spese del Comune venivano invitate anche persone in particolari situazioni di bisogno.

Ma quest’anno il Comune propone un cenone su prenotazione in un ristorante locale nel centro storico con quota di partecipazione fissa, di 40 euro a testa. Va all’attacco la Lega con un comunicato. «È avvilente constatare come l’amministrazione comunale sia talmente eccitata dall’idea di organizzare per gennaio la Giornata dei migranti, con musiche ,balli e prodotti esotici, da dimenticarsi di un appuntamento, la tradizionale cena sociale dell’ultimo dell’anno nell’ex collegio vescovile San Defendente in collaborazione con la Fondazione Rubini e con l’aiuto di diversi volontari. Così sentito dai nostri anziani perché rivolto principalmente a loro. Chi con lavoro e sacrificio ha costruito la nostra Romano meriterebbe ben più rispetto e attenzione».

Non si fa attendere la replica del sindaco Sebastian Nicoli (Pd): «Non ci siamo dimenticati ma a fronte delle esigue presenze della passata edizione, 70 iscritti con gente di fuori Romano per rimpolpare i numeri, non è stato ritenuto idoneo da chi lo gestisce, che non è la Fondazione Rubini, l’uso del ristorante del centro sociale perché troppo grande. Lo stesso gestore, a fronte di una mancata garanzia di un adeguato numero di presenze, ha ritenuto di concedere il salone a un altro gruppo».

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