Massimiliano Brighel a Bergamo:
«Dura la vita del fumettista»

«Bisogna mettere il trattino quando si scrive “Spider-Man”». L'autorevole precisazione arriva da Max - Massimiliano - Brighel, uno degli editor di fumetti più noti in Italia. Tra le sue mani passano diversi albi targati Panini Comics e Marvel Italia, quindi dai fumetti giapponesi alle classiche avventure dei supereroi. Brighel – che nei giorni scorsi ha incontrato i lettori alla fumetteria cittadina Comixrevolution - di persona somiglia un po' all'Osservatore.

Per chi non lo conosce è un alieno dei fumetti Marvel che scruta con attenzione le avventure dei supereroi sulla Terra ma rispetta il principio di non interferenza. Un editor di fumetti come Brighel invece deve interferire, eccome. Infatti strano a dirsi ma per «costruire» un buon albo non bastano bei disegni e una buona storia. Occorre anche un paziente e meticoloso lavoro editoriale, un lavoro oscuro e non sempre pieno di gratificazioni.

Max Brighel ha iniziato a lavorare in questo settore dal 1991 coronando una passione coltivata da ragazzo. «Ero ancora all'università e mentre studiavo facevo qualche lavoretto. Sono capitato per caso in una casa editrice, conoscevano il mio nome e ho sostenuto un colloquio per sostituire un redattore. Ho fatto delle prove di revisione e traduzione dall'inglese che sono piaciute, poi ho cominciato a scrivere i primi articoli. Oggi sono un redattore esterno di Marvel Italia e Panini Comics e mi occupo di programmazione editoriale, scelgo le storie, curo la traduzione e la loro revisione. Ho anche uno studio di traduzione che si occupa di questa attività, il Max Studios (http://max-studios.blogspot.com). E poi c'è l'aspetto immancabile dell'accompagnamento del fumetto che consiste nel lavoro di redazione: gli articoli e la posta dei lettori. Su Spider-Man si trovano le presentazioni delle storie, degli autori, dei personaggi. Gli albi americani sono un po' delle soap opera che si reggono sulle vicende dei personaggi e la creatività degli autori».

La pubblicazione di un fumetto che arriva dagli USA o dal Giappone comporta la soluzione di diversi imprevisti. Infatti una volta tradotti i testi occorre «riempire» le nuvolette dei dialoghi. «Capita di trovare delle frasi lunghissime che però vanno ridotte – spiega Brighel – altrimenti non ci stanno nello spazio disegnato sulla tavola. Per esempio un buon editor cerca sempre di non usare parole come "improvvisamente" o "immediatamente" perché danno sempre grossi problemi, quindi si tende a sostituirle con termini più corti come 'd'un tratto' o 'all'improvviso'».

Tradurre e riempire gli spazi bianchi non basta, serve anche grande attenzione all'adattamento dei dialoghi. «Mi è capitato di recente di lavorare su una storia di un volume che si chiama Marvel Monster Edition: Dark Reign 2 e c'era un personaggio chiamato Zodiac che parlava usando brani di canzoni. La traduttrice ha fatto il suo lavoro correttamente, ma non è un'appassionata di musica come il sottoscritto, così facendo la revisione dei testi, mi sono accorto che nelle sue battute spuntavano frasi di John Lennon, Mick Jagger o dei Doors. Quindi le ho tutte citate con delle postille e dove stava bene ho lasciato anche la frase in inglese».

La cura sui dialoghi post-traduzione conta tantissimo perché incide sulla qualità finale del fumetto. «In realtà a volte capita di fare da editor degli scrittori – dice Brighel –: mi è successo di trattare testi di scrittori con punteggiatura errata o troppe ripetizioni. Dire nella stessa frase l'Uomo Ragno non suona bene, si può usare un pronome o un sinonimo come Tessiragnatele o Arrampicamuri».

Prima della pubblicazione ci sono quindi diversi livelli di controllo? «Sì, anni fa ricordo un bisticcio su un personaggio che si dichiarava ghiotto dei biscotti Oreos, marca che in Italia non c'era ancora. Io li avevo visti in una pubblicità americana e li ho paragonati al nostro corrispettivo: i Ringo. Ma un altro revisore li aveva chiamati semplicemente “wafer” perché a suo avviso i Ringo non li conosceva nessuno».

Dettagli forse, ma che danno l'idea della cura con cui viene confezionato il «prodotto» fumetto. «Per un buon editor – continua Brighel – è importante avere una profonda conoscenza della cultura pop americana. Spesso ci sono dei riferimenti assurdi che il traduttore non sempre può cogliere e io in teoria dovrei essere onnisciente. L'aggiornamento deve essere costante e continuo: io guardo tv, trasmissioni e film in lingua originale, leggo riviste e ovviamente fumetti. Il bello è quando spunta qualche parola nuova tratta dall'attualità. Ad esempio i Simpson hanno fatto scuola: da quella serie sono nate parole nuove diventate di uso corrente». «Insomma cerchiamo di interessarci di tutto, in particolar modo delle ultime tendenze della cultura pop. Anche perché difficilmente gli autori faranno riferimenti colti. È più facile che compaia la parola “Brangelina” (la coppia Brad Pitt e Angelina Jolie) che citazioni dalle pagine di James Ellroy. Non perché gli autori leggano soltanto del gossip, ma per calare i personaggi in situazioni vicine alla realtà».

E con i manga che tipo di lavoro svolgi? «Non conoscendo abbastanza il giapponese mi occupo unicamente dell'adattamento dei testi tradotti. Sistemo la lunghezza frasi, la sintassi o l'ordine dei dialoghi. Insomma tanti particolari per fare filare bene la frase. Mi piace lavorare soprattutto sui manga per ragazze, perché sono più duttili e, oltre all'immancabile vicenda d'amore, sanno spaziare in contesti urbani, fantasy o di fantascienza che danno più profondità alla storia».

Nel lavoro redazionale è compreso anche il rapporto con i lettori? «Certo, è un dialogo che coltiviamo con l'apposito spazio della posta dei lettori e gli incontri in manifestazioni e fumetterie. E oggi anche con i social network. Io curo anche riviste per bambini e mi capita spesso di ricevere lettere e disegni, ora anche per e-mail».

C'è spazio anche per le critiche? «Chi vuole ha modo di argomentare le proprie lamentele. Ad esempio abbiamo dovuto gestire il cambiamento del nome della testata da “Uomo Ragno” a “Spider-Man” e questo ha suscitato diverse critiche. Ma si trattava soltanto di un cambiamento “esterno”, legato alla copertina. Il contenuto dell'albo è rimasto intatto. È stata un'operazione fatta nel momento giusto, su richiesta della Marvel, visto che stava per iniziare una storia importante ed era necessario anche un cambiamento d'immagine».

Fumetto, cinema e videogiochi possono coesistere o si fanno concorrenza? «Abbiamo un pubblico molto vasto che segue i nostri personaggi sulla carta o al cinema. Molti sono nuovi lettori, altri riscoprono gli albi dopo averli letti anni fa, magari stimolati da un film o da un videogioco. Pochi non sono coscienti che esista anche il fumetto: magari non lo trovano in tutte le edicole ma se uno è appassionato alla fine arriva a noi. Quanto ai media, lo scambio ormai è reciproco: ci sono film di supereroi Marvel e fumetti ispirati a videogame, come il recente Dante's Inferno. Inoltre le nostre testate vengono continuamente scoperte da nuovi lettori: basti pensare che in occasione dei film dedicati ai supereroi registriamo incrementi di vendite sulla testata».

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Eco di Bergamo Una striscia di Brighel