Cultura e Spettacoli
Lunedì 26 Aprile 2010
Olmi, poeta dell'uomo contadino
All'Auditorium la nuova pellicola
Martedì 27 aprile all'Auditorium sarà presentato in anteprima il nuovo film del regista bergamasco «Rupi del vino». Protagonisti assoluti gli uomini della Valtellina che hanno strappato alla roccia il terreno per coltivare la vite.
Ma, come quasi ogni film del maestro bergamasco, anche quest'ultimo film di Olmi, parla del vino ma per parlare dell'uomo. Di quegli uomini eroici che hanno trasformato, nel corso dei secoli, i fianchi della Valtellina in terreni coltivati a vigneti strappando alla collina, centimetro per centimetro, metro per metro attraverso file interminabile di terrazzamenti in pietra, il terreno da poter coltivare. Oggi la Valtellina vanta la più vasta area terrazzata d'Europa, un'area che si estende per duemila e cinquecento chilometri e che ha presentato la sua candidatura – il film serve anche per questo – ad essere eletta Patrimonio dell'Umanità dall'Unesco.
«Cinque – dice Olmi, citando Oddone Colonna, Papa Martino V – sono i motivi per bere: l'arrivo di un amico, la bontà del vino, la sete presente e quella che verrà e qualunque altro». Ma due in particolare sono gli autori che il regista de L'albero degli zoccoli ha scelto come guide per la sua narrazione: la prima è quella di Mario Soldati e del suo reportage L'avventura in Valtellina pubblicato dalla Banca Popolare di Sondrio nel 1985 ed ora ristampato da Laterza; l'altra, quella del pittore valtellinese Pietro Ligari che, ristabilitosi in Valtellina dopo lunghi anni di viaggio, scrisse una guida intitolata Ragionamenti d'agricoltura. Queste due voci (nel film sono quelle di Bruno Alessandro e Roberto Stocchi), consentono ad Olmi (e allo spettatore, con lui) di entrare nel mondo segreto di questa valle, nei suoi riti: quello del vino, in primis, ma anche quello del formaggio (del Bitto), del grano saraceno.
«Chi fra noi, cittadini comuni, ha ancora un rapporto diretto e partecipe col mondo del vino? – scrive Ermanno Olmi –. Credo, oramai, solamente quei pochi che il vino lo coltivano, ne curano i frutti e lo producono. In passato, invece, non era così. Il momento del vino, nella mia infanzia contadina, era vissuto con partecipazione diretta al rito che ogni anno puntualmente si ripeteva e perpetuava a cominciare, appena fuori dall'inverno, dalla preparazione della vigna con la cura dei tralci e della zolla. E poi in primavera, quando le mani del vignaiolo frugavano con dolcezza nel fitto del fogliame dove spuntavano i primi grappoli ancora minuti come neonati. Prossimi all'autunno, ogni giorno si scrutava il cielo e si invocava l'aiuto divino perché la burrasca e la temutissima grandine non rovinasse il raccolto. E finalmente la vendemmia. Mani addestrate e agili coglievano grappoli ricchi di umori della terra e vigore del sole, dai chicchi turgidi di succo e di luce».
Ecco, in Rupi del vino, Ermanno Olmi è andato alla ricerca, anche delle sue origini contadine, è ritornato al tempo della sua infanzia ripercorrendo, sulla scorta delle due voci di cui abbiamo detto, un cammino a ritroso nel tempo (il suo) e in avanti (nella Storia) al ritmo cadenzato delle stagioni. Per scoprire che cosa? che, come scrive ancora Olmi: «Il vino è alimento e insieme sostanza di sacralità». Non sarà inutile, infatti, ricordare come il vino, insieme al pane, sia uno degli elementi essenziali dell'Eucaristia: il corpo e il sangue di Cristo. Pane e vino che, attraverso la transustanziazione, si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo. Ermanno Olmi compie la stessa operazione con il cinema: il suo film trasforma l'astratto nel concreto, concentra millenni di cultura e di lavoro in un'immagine, sublima con inimitabile tocco musicale, la tecnica in poesia.
Andrea Frambrosi
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