Un minuto con Dante:
il ladro Vanni Fucci

Rimontata faticosamente la china, spingendo lo sguardo dentro la settima bolgia, Dante nota che è piena zeppa di serpenti che si avvinghiano sui dannati e li tengono legati per le mani.

IL LADRO VANNI FUCCI
IF XXIV, 112 ss.


112 E qual è quel che cade, e non sa como,
113 per forza di demon ch'a terra il tira,
114 o d'altra oppilazion che lega l'omo,

115 quando si leva, che 'ntorno si mira
116 tutto smarrito de la grande angoscia
117 ch'elli ha sofferta, e guardando sospira:

118 tal era il peccator levato poscia.
119 Oh potenza di Dio, quant'è severa,
120 che cotai colpi per vendetta croscia!

121 Lo duca il domandò poi chi ello era;
122 per ch'ei rispuose: «Io piovvi di Toscana,
123 poco tempo è, in questa gola fiera.

124 Vita bestial mi piacque e non umana,
125 sì come a mul ch'i' fui; son Vanni Fucci
126 bestia, e Pistoia mi fu degna tana».


Rimontata faticosamente la china, spingendo lo sguardo dentro la settima bolgia, Dante nota che è piena zeppa di serpenti che si avvinghiano sui dannati e li tengono legati per le mani.Visto che in vita i ladri ebbero mani troppo ardite e libere, ora le hanno legate e non trovano né rifugio né rimedio al morso dei serpenti.

Non hanno nessuna possibilità di fuga e non possono contare neppure sull'elitropia, la pietra miracolosa che aveva la proprietà di rendere invisibili e di guarire dal veleno dei serpenti. Uno dei dannati viene morso da un serpente alla base del collo e si incenerisce all'istante ma poi si riprende, come l'araba fenice, risorgendo dalle ceneri tutto sconvolto proprio come colui che cade in preda alla possessione diabolica o ad un attacco epilettico e si rialza smarrito.

Si tratta di Vanni Fucci, un pistoiese, che si autopresenta dandosi dell'animale: fui un vero e proprio mulo, una bestia. Vanni Fucci mise a segno anche un furto sacrilego dentro una sagrestia e per di più fece condannare degli innocenti. Dante è così sdegnato con i ladri perché il furto lede e sovverte le relazioni umane, avvelenandole con la diffidenza, il sospetto, la paura di essere violati nel proprio spazio domestico, nella propria intimità. Per di più, danneggiando la proprietà privata, il furto mina alla base la stabilità e l'ordine sociale tanto care al nostro poeta.

Enzo Noris

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