Alla Gamec l’universo a spirale di Jan Fabre

Alla Gamec l’universo a spirale di Jan Fabre«Il confine tra la vita e la morte è sfumato. Solo che non vogliamo accettare ciò. Questa stessa immaginazione lacunosa ci porta ad essere molto più vicini a coloro che sono sul punto di morire che a quelli che sono già morti»: così Jan Fabre (Anversa, 1958) scrive nel suo diario il 14 marzo 1988.

E’ su questo filo sottile che corre tra la vita e la morte che si muove l’universo creativo di Jan Fabre qualunque sia il linguaggio di volta in volta prescelto da un artista che è allo stesso tempo scultore e scenografo, disegnatore e drammaturgo. Quello di Fabre è un mondo sospeso nel momento di «passaggio» dove tutti gli opposti hanno libertà di esistere così come sono, in una compenetrazione straordinariamente vitale: la morte appartiene alla vita, la finitezza diventa trionfo della fisicità e percezione dell’infinito, il dolore diventa bellezza, la violenza diventa lotta per la vita.

La mostra «Gaude Succurrere Vitae», inaugurata alla Gamec ripercorre venticinque anni di attività (1977-2001) di Fabre, uno dei più significativi artisti contemporanei belgi, mettendo a confronto l’aspetto filmico e grafico della sua produzione, meno conosciuta forse delle famose sculture di coleotteri. Visitandola si ha davvero l’impressione di sprofondare in un «universo a spirale»: la creazione artistica è il tentativo ostinato, quasi nevrotico, di chiudere il cerchio per creare uno spazio dove la morte crea in eterno l’ urgenza di vita, è una scossa che cambia all’improvviso il significato della vita e la cambia in una metamorfosi che diventa rinascita.

Proprio come il nonno, il famoso entomologo Jean -Henry Fabre, e come il padre, disegnatore botanico, Fabre cataloga ossessivamente gesti, azioni, sogni, insetti fino a perdersi in un labirinto. E poi disegna, disegna su tutto quello che gli capita. Attraverso la ripetizione ossessiva il gesto più semplice si carica di forza e bellezza inaspettate e lo strumento più banale, come la penna bic, diventa il medium di un’anima che attraverso il movimento del corpo scava, stratifica, riscrive il mondo. Così Fabre tenta di rimanere in equilibrio sull’unico filo che invece di dividere unisce e rimescola le carte: così se in un film l’artista ripete continuamente il gesto di corpirsi e scoprirsi il capo con un sacchetto di carta, in una continua dialettica tra buio e luce, morte e rinascita, nei disegni le linfe vitali del sangue e dello sperma concretizzano anche in senso fisico sulla carta la lotta del seme umano per originare la vita, una guerra da cui nasce la luce che si replica di continuo.

Se nella pellicola l’osservazione rallentata di un pugno sferrato a un passante si trasforma in una coreografia, suggestiva pur nella violenza, del linguaggio del corpo, la penna a sfera diventa lo strumento contemporaneo per infliggere "Ferite storiche" a celebri quadri del passato nelle mani di un artista che mutilando, non annientando, il passato genera il nuovo. E poi c’è il Fabre-insetto, operoso scarabeo che insieme ai filosofi Peter Sloterdijk e Dietmar Camper spinge la sua palla di sterco nelle grigie discese della campagna tedesca in un tenace cammino in avanti, tra punizione e sete di conoscenza, sempre più eroico e tenace man mano che il peso aumenta, o che discute con la mosca - Ilya Kabakov (artista russo) del ruolo dell’arte nella società e aspira a conoscere, lui che è abituato alla terra e agli angoli bui, come si vive negli spazi del volo.

Moderno «Prometeo», punito dagli dei per aver donato il fuoco agli uomini, Fabre esplora incessantemente il confine con la scintilla della creatività, proprio come i poeti che da piccolo ascoltava dalla voce di sua madre: solcando il «cielo, basso e pesante» di Baudelaire un po’ come il «battello ebbro» di Rimbaud in una costante ricerca del luogo "ubi mors gaudet succurrere vitae" (dove la morte gioisce nel venire in soccorso alla vita).

La mostra, aperta alla Gamec fino al 13 luglio, è itinerante attraverso i musei che hanno collaborato alla sua realizzazione: dopo il museo S.M.A.K di Gand (Belgio) e la Gamec di Bergamo farà tappa alla Fundaciò Joan Mirò di Barcellona e, successivamente, al Musée d’Art Contemporain di Lione.

(18/04/2003)

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