Bergamo, valori da capogiro
per i maestri della «Carrara»

di Susanna Pesenti

È fanta-arte, perché i quadri non sono sul mercato, ma giusto per sapere, quali sono i capolavori dell'Accademia Carrara che valgono di più?
Eccoli, con molta prudenza, specificando che per fortuna i quadri non sono sul mercato e se lo fossero non si possono prevedere, caso per caso.

di Susanna Pesenti

È fanta-arte, perché i quadri non sono sul mercato, ma giusto per sapere, quali sono i capolavori dell'Accademia Carrara che valgono di più?
Con molta prudenza, specificando che per fortuna i quadri non sono sul mercato e se lo fossero non si possono prevedere, caso per caso, le reazioni e le stime, il conservatore della pinacoteca Giovanni Valagussa dichiara: «Il Lionello d'Este del Pisanello potrebbe raggiungere i 20 milioni di euro, perché di questo autore sono conosciuti al mondo solo quattro dipinti. Il San Sebastiano di Raffaello e la Madonna di Alzano di Bellini, diciamo 15 milioni ciascuno. Infine metterei il Lotto, le Nozze mistiche di Santa Caterina: nonostante il ritaglio del paesaggio resta a mio giudizio il Lotto migliore che abbiamo: direi 10 milioni di euro».

Scegliere è difficilissimo anche per Giovanni Romano, storico dell'arte antica, già sovrintendente per il Piemonte, senior della commissione scientifica alla quale il Comune di Bergamo e il Consiglio d'amministrazione hanno chiesto aiuto per disegnare il futuro della pinacoteca. «Difficile dire quanto valgano i quadri della Carrara, perché non sono realmente sul mercato e ci auguriamo che non ci vadano mai. Inoltre, nel valore commerciale entra tutto: autore, opera, conservazione, cornice... Intanto pensiamo a goderli».

Per Romano il riallestimento significa prima di tutto che «i quadri devono stare bene» perché la conservazione delle opere è il primo dovere di una pinacoteca. Quindi tecnologie per il controllo di aria, umidità, luce. «Il secondo passo perchè la Carrara viva è che il visitatore bergamasco e lombardo sappiano quali opere vi sono conservate e possano vederle». Sembra ovvio, ma i 25 mila visitatori pre-chiusura, che per un museo sono come i manzoniani venticinque lettori, insegnano qualcosa.

Quindi, come si mette in mostra? «Le collezioni lasciate come sono - sostiene lo storico dell'arte - sono di difficile lettura per il visitatore. Troveremo un modo, come i contrassegni colorati, per rendere subito individuabili i quadri che appartengono allo stesso collezionista, in modo che chi è interessato possa approfondire questo aspetto della loro storia».

Sul rischio noia della filologia, vince la necessità di venire incontro al turista che, per quanto colto, «ha esigenze di leggibilità e anche di velocità, perché ha poco tempo per farsi un'idea del museo, mentre il pubblico di casa dev'essere invogliato a tornare». Quanto al che cosa (negli spazi attuali sarà possibile esporre meno della metà del patrimonio di 2000 opere), il '400 resta il segmento più forte della Carrara: «I nomi e le opere sono assolutamente fantastici, da mettere in risalto. Accanto a questi capolavori - continua Romano - bisogna ragionare sui pittori bergamaschi: Moroni, Ceresa, Galgario e dedicarvi uno sguardo storico nuovo».

Il punto debole della pinacoteca è il '600, perché, quasi subito in difficoltà economiche, nel primo '800 gli amministratori organizzarono una vendita all'asta di circa 2 mila quadri su 4 mila e vendettero soprattutto il periodo che meno incontrava il gusto dell'epoca. Tuttavia molte furono false vendite, le famiglie riacquistarono i quadri che avevano donato, insomma si cercò di non disperdere le opere ma di mantenerle almeno sul territorio, rintracciabili e recuperabili. «A questo tipo di storia - sottolinea Romano - si riallaccia idealmente l'operazione dell'Associazione degli Amici della Carrara di riportare a casa il quadro di Antonio Maria Marini».

Il riallestimento complessivo che si delinea, tenuto conto di tutti i fattori in gioco (contenitore storico, spazi, quadri, costi) è un discorso narrativo a piccole isole, nuclei di autori che aprono squarci, piste, curiosità e associazioni nella testa del visitatore. «Il modo tradizionale di allestire le sale è avere un'opera di vertice e costruire intorno il discorso adatto» riprende Romano. «Questo va bene come base, ma l'arte antica ora si può proporre, soprattutto al pubblico giovane, solo attraverso la curiosità, occorre perciò lavorare sulla sorpresa».

L'Accademia Carrara è tra l'altro nata, nel '700 dei Lumi, per i giovani artisti, più scuola che museo; di sicuro non casa-museo ma opera pubblica con un fondo educativo. Anche oggi ci sono i ragazzi delle scuole d'arte: «Il museo deve aprire un dialogo con loro, ma anche educare il pubblico generale a "vedere" e poi "guardare" l'arte antica, che ha codici diversi dalle forme attuali di comunicazione visiva. Andare in un museo è come andare in libreria: vedo cosa c'è di nuovo e, se mi piace, leggo. Qui guardo e, se mi piace il quadro, cerco di vederne altri dello stesso pittore, comincio un percorso mio. Dobbiamo arrivare a questo tipo di educazione. Lo staff del museo, quindi, dev'essere all'altezza della galleria». Occorre un museo dove la gente si orienti naturalmente quando pensa a un punto di ritrovo: «I musei ormai puntano su questo. Non occorrono solo le mostre ma un'offerta quotidiana adeguata di piccole cose nuove, unite a un'esposizione stabile fruibile. Dove porti gli amici in visita a Bergamo? All'Accademia Carrara».

Susanna Pesenti

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