Boni: il mio Walter Chiari
un inafferrabile fuoriclasse

Rintracciamo l'attore bergamasco Alessio Boni, che domenica 26 e lunedì 27 febbraio sarà sul piccolo schermo (su Rai 1, ore 21,30) nei panni di Walter Chiari, in Portogallo dove sta girando un'Odissea. Per quanto riguarda il suo Walter Chiari dice: «Ho cercato la sua energia».

Rintracciamo l'attore bergamasco Alessio Boni, che domenica 26 e lunedì 27 febbraio sarà sul piccolo schermo (su Rai 1, ore 21,30) nei panni di Walter Chiari, in Portogallo dove è impegnato, nei panni (e barba) di Ulisse, nelle riprese di un'Odissea in sei puntate coprodotta, per il canale televisivo-cinematografico Arte, da Portogallo, Germania, Italia e Francia; accanto a lui Penelope sarà l'attrice Caterina Murino.

«Non posso dire di più - ci dice l'attore - se non che giriamo in francese e mi devo doppiare in italiano per cui è un lavoro piuttosto impegnativo». Per quanto riguarda il suo Walter Chiari dice: «Ho cercato la sua energia».

Alessio Boni, esce finalmente in televisione il suo Walter Chiari. Quando ci eravamo sentiti nel novembre scorso, subito dopo la fine delle riprese, ci aveva detto che girare questo era stato più spossante di Caravaggio.
«Caravaggio è stato più spossante dal punto di vista fisico, però dopo averlo studiato per qualche mese, sono riuscito ad entrare in quel suo vortice, in quella sua follia, e mi ci sono buttato a capofitto, Walter Chiari, al contrario, è un personaggio imprendibile: Walter Chiari aveva il colore degli occhi indefinito tra il grigio il verde e l'azzurro, come la sua personalità, come era lui: imprendibile, un caleidoscopio di personaggi e quindi difficilissimo da afferrare, come un'anguilla in un torrente».

Il taglio è più incentrato sull'artista o sull'uomo?
«Più sull'uomo, ma con molti inserti sulla vicenda professionale, naturalmente; però è più sul privato che sui suoi successi».

In sostanza che cosa vedremo in queste due puntate?
«Il film parte il 22 maggio del 1970 con l'arresto di Walter Chiari accusato di detenzione e spaccio di cocaina: il mito, il numero uno che a Canzonissima dell'anno prima aveva fatto quindici milioni di telespettatori, crolla e comincia la sua discesa agli inferi. Da lì in poi si racconta la sua storia, a seconda dell'occasione narrativa, con una serie di flashback che rimandano ad episodi del passato: gli inizi della carriera, l'incontro con Alida Chelli, ecc. Poi, però, soprattutto nella seconda parte, raccontiamo il Walter Chiari inedito, quello che non conosce nessuno, quello degli anni dal 1970 al 1991, quando muore, durante i quali, abbandonato quasi da tutti - dalla Rai, dal teatro - nessuno ne sente più parlare».

Come spiegate questo oblio e questo accanimento?
«Era il 1970, un anno dopo l'attentato di Piazza Fontana e il clima nel Paese preannunciava quelli che sarebbero stati chiamati gli “anni di piombo”; in quel periodo una legge recente favoriva i pentiti e questi hanno cominciato a fare nomi tra cui il suo, come succederà poi a Enzo Tortora: certo, Walter Chiari era un consumatore di cocaina, ma non era certo un trafficante».

Il classico meccanismo dello sbattere il mostro in prima pagina?
«Esatto, adesso c'è un meccanismo molto diverso, molto più bieco e subdolo ma era la stessa cosa: a lui, grande uomo di spettacolo, è stata fatta pagare in tutti i modi. Nel 1986 doveva vincere a Venezia per la sua interpretazione nel film Romance di Luca Barbareschi ma, all'ultimo momento, gli fu preferito Carlo delle Piane; non aveva finito di espiare. Del resto Enzo Tortora ne è morto: non si ha idea di cosa gli hanno fatto passare».

Il film quindi parte da quel fatto e poi torna indietro nel tempo con una serie di flashback.
«E ricostruendo tutto il suo passato: chi era, cosa ha fatto, i suoi successi…».

Da cui esce,se così si può dire, l'altro Walter Chiari, quello del mito.
«Che era un vulcano, argento vivo, un vero fuoriclasse, era veramente il numero uno: ballava, cantava, presentava, scriveva, faceva teatro, rivista, cinema. Ho cercato di avvicinarmi al personaggio ma mantenendo una certa distanza…».

Diciamo che non ha cercato il mimetismo.
«Ho cercato la sua energia e la sua generosità che in lui era grandissima. Non ho voluto sicuramente imitarlo né farne il clone».

Ha lasciato qualcosa?
«A me è rimasto il suo rapporto col pubblico».

Ha lasciato qualche erede?
«Secondo me c'è qualcosa di Walter Chiari in Benigni e qualcosa in Fiorello, messi insieme potrebbero fare qualcosa di Walter Chiari: in ognuno di loro c'è qualche cosa, anche se Walter Chiari resta sicuramente unico».

Andrea Frambrosi

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