Tito Terzi, mostra al Sentierone:
30 anni di fotografie delle Orobie

Un grande armadio in legno antico, sui ripiani tanti contenitori con decine e decine di cartellette. È l'archivio di Tito Terzi, fotografo, straordinario testimone della montagna e della gente bergamasca. Da martedì una mostra sul Sentierone.

di Pino Capellini

Un grande armadio in legno antico, sui ripiani tanti comodi contenitori con decine e decine di cartellette, e altri contenitori in due armadi più bassi. Ordine, precisione, e adesso un grande silenzio nel suo studio. È l'archivio di Tito Terzi, fotografo, straordinario testimone della montagna e della gente bergamasca.

Migliaia e migliaia di immagini che raccontano oltre trent'anni di attività. E anche migliaia di chilometri percorsi a piedi tra valli, monti, borgate, alpeggi, sentieri, cascinali, mulattiere. Quasi ad ogni passo uno scatto per documentare e al tempo stesso approfondire la conoscenza con il territorio. «Tito Terzi: fotografo e testimone», è il titolo della mostra inaugurata il 12 giugno sul Sentierone. Un titolo che vuole essere un po' la sintesi del suo impegno professionale e, al tempo stesso, della sua passione per la fotografia.

Schivo di temperamento, questa è la prima mostra che gli viene dedicata per far conoscere non solo le sue immagini ma anche l'attenzione che in tanti anni aveva sempre rivolto alla terra bergamasca.

Nato a Gromo, in alta Valle Seriana, nel 1938, giovanissimo aveva incominciato a salire le montagne di casa. Come alpinista se la cavava bene, ma ben presto le sue escursioni si tramutarono nell'ideale esplorazione di un mondo che stava cambiando. Già allora portava con sé la macchina fotografica. Ben presto la sua attenzione si rivolse all'ambiente, ai montanari che incontrava, al lavoro e alla vita nelle vallate. Fu l'inizio del suo impegno di autentico testimone delle Orobie che continuò anche quando, dopo il matrimonio nel 1991, si trasferì a Bergamo.

Si può proprio dire che il suo cuore rimase lassù. Fondamentale - e lo ripeté in più occasioni - il suo incontro con la fotografia di Pepi Merisio: «Dopo aver visto i suoi tre volumi di "Terra di Bergamo" mi resi conto che ero sulla buona strada». Incominciò ad essere conosciuto e apprezzato. I suoi scatti piacevano. Nel 1975 il primo riconoscimento quando illustrò con i suoi scatti un libro su Clusone per conto dell'editore Cesare Ferrari. Fu la prima opera di una lunga serie e di un non meno lungo sodalizio.

Quando Ferrari, nell'estate 1990, mandò in edicola la rivista Orobie, l'impresa editoriale fu possibile grazie agli straordinari scatti di Terzi e al suo archivio, che continuò a rifornire percorrendo il luogo e in largo il territorio bergamasco. Documenti e storie raccontate nel suo inconfondibile stile. Poi una insidiosa malattia lo bloccò. Impossibile muoversi ancora. Allora continuò a camminare nel suo studio osservando le sue fotografie e progettando altri percorsi.

Studiava sulle carte il territorio bergamasco e confrontava i luoghi con le immagini del proprio archivio. Se secondo lui gli scatti non erano esaurienti prendeva nota immaginando di poter tornare sul posto e di puntare l'obiettivo. Un sogno. Ma la più autentica testimonianza di quanto Tito Terzi amasse la sua terra.

© RIPRODUZIONE RISERVATA