Al Louvre un velo verso l'Islam
C'è anche un pezzo di Bergamo

«Questi nuovi spazi, organizzati come spazi unici, aperti, vogliono essere una rappresentazione fisica di quello che è davvero la civiltà islamica. e c'è l'impronta di una mano bergamasca». Lo dice Claudia Ferrazzi, numero tre del museo parigino.

«Questi nuovi spazi, organizzati come spazi unici, aperti, vogliono essere una rappresentazione fisica di quello che è davvero la civiltà islamica, che non ha frontiere e non ha confini. E sono orgogliosa che il nuovo Dipartimento di Arti islamiche appena aperto da noi al Louvre abbia, anche e soprattutto in questa rappresentazione aerea, l'impronta di una mano bergamasca. Lo dico da bergamasca».

Una giornata di emozione e di grande successo quella di martedì per Claudia Ferrazzi, 35 anni, che a Bergamo è nata (il padre è Paolo Ferrazzi, il notissimo cardiochirurgo che con Lucio Parenzan ha effettuato il primo trapianto di cuore agli Ospedali Riuniti di Bergamo) e ha studiato (al liceo classico Sarpi).

Oggi, dopo l'École nationale d'administration, è il numero tre del Louvre a Parigi. Claudia è amministratore generale aggiunto e lavora fianco a fianco del presidente-direttore Henri Loyrette e dell'amministratore generale Hervé Barbaret: il Louvre che lei «pilota» ha aperto al presidente Hollande le porte del nuovo Dipartimento di Arti islamiche.

«Si può proprio dire che un po' di Bergamo sia anche qui, nel Louvre. Non solo perché sono bergamasca io, ma anche perché lo splendido "velo dorato" che copre gli spazi che ospitano il Dipartimento di Arti islamiche è opera di una ditta bergamasca. Un "tappeto volante" che è quasi un velo, con una iridescenza speciale e particolare voluta proprio per svelare, grazie al genio architettonico di Mario Bellini, italiano, e del marsigliese Rudy Ricciotti il lato luminoso dell'islam. Ebbene, questa ditta bergamasca è riuscita nell'impresa. Ne sono davvero fiera».

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