In delirio per questo pazzo meteo
Scienza giovane, è nata nel 1802

«Il mio discorso di questa sera riguarda un tema che a qualcuno potrà sembrare singolarmente privo d'importanza pratica: le classificazioni delle nubi». Così in un giorno del 1802, a Londra, Luke Howard dava il là alla nascita delle meteorologia.

«Il mio discorso di questa sera riguarda un tema che a qualcuno potrà sembrare singolarmente privo d'importanza pratica: le classificazioni delle nubi». Così in un giorno di dicembre del 1802, a Londra, Luke Howard - farmacista con l'hobby di osservare il cielo - dava inizio alla sua conferenza «On the Modification of Clouds»: in quella relazione, che segnò la nascita della meteorologia come scienza autonoma, distinguendola dall'ambito generico della «filosofia naturale», Howard distingueva con terminologia latina tra cirri, cumuli, strati, nimbi.

Dopo l'inchiesta pubblicata sul cambiamento climatico, per riflettere sui progressi compiuti da allora, ma anche sull'odierna moda delle previsioni del tempo (si va dalle app tematiche per iPhone ai siti Internet che aggiornano sul clima di Marte), abbiamo intervistato il colonnello Gaetano Cosimo Cacciola del Servizio meteorologico dell'Aeronautica militare, vicedirettore del Centro nazionale di meteorologia e climatologia aeronautica (Cnmca) con sede a Pratica di Mare, in provincia di Roma.

«Le origini del nostro Servizio risalgono all'inizio del secolo scorso, quando, con il progredire della tecnica aeronautica, ci si rese conto che, per rendere più sicuri i voli, era necessario monitorare i parametri atmosferici - spiega -. La prima "stazione aerologica" fu inaugurata a Vigna di Valle, nelle immediate vicinanze del lago di Bracciano, nel 1910. L'attuale struttura del Servizio meteorologico risale invece al 2006».

Colonnello, su quali «dati in ingresso» lavora un servizio meteo come il vostro?
«Per prima cosa, si monitorano i parametri dell'area geografica di competenza per mezzo di reti di rilevamento, che possono essere costituite da stazioni meteorologiche "presidiate" o "automatiche": vengono registrate la temperatura dell'aria, la pressione, la direzione e la forza del vento, la visibilità e così via. Alcune stazioni effettuano poi il "radiosondaggio", ovvero il lancio di un pallone sonda che rileva i dati della "colonna atmosferica" attraversata, fino a una quota che può toccare i 25-30 chilometri. Tuttavia, per avere una conoscenza precisa della situazione del "sistema atmosfera" non bastano le osservazioni effettuate su un'area geografica limitata: così, negli ultimi sessant'anni, si è sviluppata a livello mondiale una rete di comunicazione dei dati».

Ma come si fa ad effettuare dei controlli in Antartide, o in mezzo all'Oceano Pacifico?
«Per le aree scarsamente abitate ci si serve di sensori installati a bordo di satelliti artificiali, sia geostazionari, sia in orbita intorno alla Terra».

Come si passa, quindi, alle previsioni vere e proprie?
«Fondamentalmente, si impiegano sofisticati modelli matematici in grado di simulare l'evoluzione del sistema atmosfera su una determinata area geografica oppure su tutto il globo terrestre. Nel primo caso, si riescono a operare previsioni a breve scadenza (fino a 48-60 ore circa), con una "risoluzione spaziale" molto spinta; nel secondo caso la risoluzione è minore, ma si ha la possibilità di simulare un'evoluzione a lunga scadenza (fino a 10 giorni circa). Per poter utilizzare questo secondo tipo di modelli, occorre disporre di enormi potenzialità di calcolo e di grandi risorse economiche: molte nazioni europee – inclusa l'Italia – si sono perciò consorziate e hanno istituito il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine, che ha sede a Reading, in Inghilterra. Invece, per la modellistica ad area limitata, il nostro Paese aderisce al consorzio Cosmo, insieme a Germania, Svizzera, Grecia, Polonia, Romania e Russia».

Quale livello di affidabilità hanno attualmente le vostre previsioni, nel tempo e nello spazio? Perché c'è gente - incluso chi le parla - che si regola sul meteo anche solo per decidere se lavare l'auto.
«In linea di principio, l'attendibilità dipende dalla scala spaziale e dall'intervallo di tempo a cui ci si riferisce. Questo significa che una previsione a brevissimo termine, non oltre le 24 ore, risulta molto attendibile; da uno a tre giorni, l'attendibilità è ancora buona, mentre, da tre a cinque giorni circa, risultano spesso buone le previsioni su scala nazionale, ma risultano meno attendibili quelle su scala locale. Infine, sul lungo termine, e comunque non oltre i dieci giorni, le previsioni meteo possono solo indicare una "tendenza"».

I giornalisti italiani, dalla scorsa estate, hanno iniziato la moda di attribuire dei nomi mitologici - da Caronte a Minosse, da Scipione a Circe - ai fenomeni meteo. I puristi della meteorologia, però, rimpiangono la sobrietà del colonnello Edmondo Bernacca, che si limitava ad assegnare alle perturbazioni un numero progressivo.
«Quello dei nomi mitologici è un espediente mediatico, legato anche al fatto che l'opinione pubblica ormai si interessa del meteo durante tutto l'anno e non solo nei periodi di vacanza. In ogni caso, noi del Servizio meteorologico dell'Aeronautica militare non assegniamo nomi altisonanti alle perturbazioni: ci limitiamo a prevederle e a seguirne l'evoluzione in chiave scientifica».

Che cosa pensa, infine, della diffusione di servizi meteo, soprattutto in Internet? Noi abbiamo letto su un sito delle previsioni fino al prossimo mese di maggio…
«Dato che le previsioni meteo influiscono sempre più sulle nostre decisioni e hanno un notevole impatto economico su numerose attività umane, è quasi inevitabile che si moltiplichino i servizi d'informazione destinati a un'utenza generalista. Certo, in tal modo diviene sempre più facile trovare le notizie di cui si ha bisogno, ma si può anche ingenerare nel pubblico la convinzione che si possano tracciare previsioni sicure su una scala temporale quasi illimitata; il che, come ho già detto, non è affatto vero».

Giulio Brotti

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