È morta l'attrice Franca Rame
«Donna contro», grande attrice

L'attrice Franca Rame, moglie di Dario Fo è morta a Milano. Franca Rame, che aveva 84 anni, era malata da tempo. A Bergamo, l'attrice è giunta l'ultima volta nel novembre 2011 per portare in scena il «Mistero Buffo» assieme a Fo sul palcoscenico del Creberg Teatro.

L'attrice Franca Rame, moglie di Dario Fo è morta a Milano. Franca Rame, che aveva 84 anni, era malata da tempo. A Bergamo, l'attrice è giunta l'ultima volta nel novembre 2011 per portare in scena il «Mistero Buffo» assieme a Fo sul palcoscenico del Creberg Teatro come era già avvenuto anche in anni precedenti.

L'attrice è morta nella sua abitazione di Porta Romana a Milano. Mercoledì 19 maggio alle 8.50 dall'abitazione dove abitava con Dario Fo è stato allertato il 118 che sul posto ha inviato un'ambulanza e un'automedica. I soccorritori hanno spiegato di aver tentato di rianimare l'attrice ma di non aver potuto far altro che constatarne, poco dopo, la morte. Franca Rame, era stata colpita da un ictus il 19 aprile dello scorso anno sempre nella sua casa. In quella circostanza era stata trasportata al Policlinico dove era rimasta ricoverata per diversi giorni.

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Da sempre, dai primi grandi successi degli anni Sessanta, da "la Signora è da buttare" a "Settimo: ruba un pò meno", sino alla sorpresa del premio Nobel nel 1997 e oltre, nonostante c'è chi giuri che il loro rapporto abbia conosciuto periodi tempestosi, Franca Rame e Dario Fo sono vissuti in scena come una coppia indissolubile, con lei a far da spalla, a dare qualche femminile concretezza al dire e fare stralunato di lui, a tirarlo giù per la manica dal mondo delle sue fantasie, che spesso sapevano essere poi più reali e chiare e rivelatorie del mondo vero.

Questo non vuol dire che Franca Rame, nata il 18 luglio del 1929 a Parabiago (Mi) da una famiglia di attori con una tradizione teatrale che pare risalga al Seicento e morta oggi a Milano, non abbia avuto una sua spiccata personalità. Da quando aderisce al movimento femminista negli anni '70 ha cercato di rendersi anche autonoma, ha scritto testi e li ha recitati da sola, specie quelli incentrati sulla denuncia del ruolo della donna. "Parliamo di donne" era del resto il titolo di un suo fortunatissimo dittico, due atti unici, "L'eroina" (sulla droga) e "La donna grassa", e il suo "Tutta casa, letto e chiesa" non ha quasi meno fortuna nel mondo dei lavori di Fo. Nel 1999 ha ricevuto anche lei la laurea honoris causa da parte dell'Università di Wolverhampton, insieme a Dario.

Con lui, negli ultimi anni, ha messo mano a una propria autobiografia (parte della quale è pubblicata in rete) intitolata "Una vita all'improvvisa", mai portata a termine. Parlando di questa donna, accanto a Fo anche nell'impegno politico, nel fare col Teatro la Comune e l'appoggio a Soccorso Rosso quegli spettacoli impegnati e di denuncia, da "Morte accidentale di un anarchico" a "Pum pum chi è? la polizia", in spazi diversi dai teatri tradizionali, dalla Palazzina Liberty a Milano a fabbriche, edifici occupati, piazze, con un pubblico che vi catalizzava la propria rabbia nei caldi anni Settanta, non si può dimenticare come sia stata vittima di una bieca e brutale violenza di alcuni giovani estremisti di destra il 9 marzo 1973.

"Non sono mai riuscita a perdonare", affermava ancora poco tempo fa, dicendo che "lo stupro procura una ferita insanabile nell'animo". Dario e Franca si conobbero negli anni in cui facevano la rivista ("Il dito nell'occhio" e "Sani da legare"): lei era "più bella di Rita Hayworth e certe volte sembrava una Marilyn Monroe più alta e più felice", come ha scritto Natalia Aspesi e ha dovuto conquistarsi un'attenzione, perchè la critica non si dedicasse solo al suo compagno e di lei scrivesse solo esaltandone l'aspetto fisico. Si sposarono il 24 giugno 1954 nella basilica di Sant'Ambrogio e hanno avuto il 31 marzo 1955 un figlio, Jacopo.

Una storia non facile la sua, insomma, con momenti, come il riflusso anni '80, in cui diceva di essere stanca e voler lasciare, confessando "Il mestiere del teatro non l'ho scelto io, sul palcoscenico mi ci hanno portato i miei genitori da quando avevo otto giorni per fare il figlio neonato di Genoveffa di Bramante. Recitare per me ha senso solo se mi permette di fare politica. Quando ho capito che non mi interessava fare l'attrice, ormai ero troppo vecchia per trovarmi un altro lavoro e ho continuato, nonostante quella del teatro sia una vita molto faticosa".

La famiglia l'aveva lasciata nel 1950, seguendo la sorella Pia nella compagnia di Tino Scotti, poi era venuta subito la rivista, soubrette accanto alle sorelle Nava. Nasce nel 1958 la Compagnia Dario Fo-Franca Rame, con lui regista e drammaturgo e lei prima attrice e amministratrice. Dario deve essere stato comunque una presenza molto ingombrante, accanto al quale gli altri tendevano magari a relegarla al ruolo di moglie e basta, ma tra loro sul lavoro sono sempre stati molto solidali, tanto che lei, dopo aver scritto alcune sue pieces "così insicura da non volerle firmare" lo ha fatto aggiungendo anche il nome di Fo. Del resto lui le ha sempre lasciato spazio e riconosciuto il gran debito che aveva con Franca, l'unica autorizzata a fargli da terzo occhio, a criticarlo sino a metterlo in crisi ("in quei casi la odio, ma non riesco a non darle retta") vista la grande sensibilità scenica di lei, che in palcoscenico è praticamente nata e, tra l'altro, si dice gli abbia portato in dote una collezione di storici canovacci vecchi di tre secoli dei Rame.

Il suo impegno politico, sentito sempre come la sua vera vocazione, la portò ad accettare di essere candidata nelle elezioni politiche del 2006 capolista al Senato per L'Italia dei Valori in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Umbria, quando viene eletta senatrice in Piemonte e, poco dopo, Antonio Di Pietro la propone come Presidente della Repubblica (ricevette 24 voti). Ma poi, indipendente e incapace di accettare compromessi troppo vistosi, lascia il Senato due anni dopo.

Se oggi Fo e Rame hanno potuto digitalizzare e mettere in rete il loro immenso archivio (120 testi di cui una metà inediti, un milione di pagine, lettere e disegni ecc.) lo si deve a Franca, che da sempre ha raccolto e ordinato tutto, "tranne quello che Dario mi ha perso", dice, aggiungendo: "perchè sono poche le donne che vincono un Nobel? Perchè non hanno alle spalle una moglie che fatica per aiutarli".

Paolo Petroni

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