La signora del Louvre tifa Bergamo 2019
«Ci sono tutte le condizioni per farcela»

Il suo nome vale doppio nella lista degli ambasciatori di Bergamo Capitale europea della Cultura. Claudia Ferrazzi, origini orobiche e parigina d'adozione, vice amministratore generale del Louvre, è al vertice di un museo che conta dieci milioni di visitatori l'anno. Commenta sul blog de L'EcoLab

Il suo nome vale doppio nella lista degli ambasciatori di Bergamo Capitale europea della Cultura. Claudia Ferrazzi, origini orobiche e parigina d'adozione, vice amministratore generale del Louvre, è al vertice di un museo che conta dieci milioni di visitatori l'anno. «Sono felice di sponsorizzare una candidatura che mi sembra molto promettente - commenta da Parigi - ci sono tutte le condizioni perché Bergamo possa farcela». Commenta sul blog de L'EcoLab

Che consigli si sente di dare alla sua città?
«Quello che posso dire è che le capitali della cultura francesi, Lille e Marsiglia, hanno cercato di portare avanti un'idea di cultura come patrimonio orientato alle nuove generazioni e come risorsa economica. Bergamo offre discipline artistiche molto diverse e la multidisciplinarietà è una carta molto importante per una capitale della cultura. Le istituzioni devono lavorare in rete, creare sinergie, saper gestire senza sprechi e sensibilizzare il pubblico. E poi bisognerà far emergere il ruolo europeo di Bergamo, che da questo punto di vista ha un grande potenziale e una storia tutta da raccontare».
L'Accademia Carrara è una carta importante da giocare per il 2019. Aprirà tra un anno, dopo una lunga ristrutturazione. Come si promuove un museo che punta a rilanciarsi?
«Non so che tipo di lavori siano stati fatti in Carrara e con quali risultati, ma spero di poterla vedere presto. In generale quello che trovo oggi interessante è che il pubblico dei musei aumenti nonostante la crisi economica. Al Louvre ci aspettavamo una contrazione dei visitatori e invece dal 2008 sono cresciuti. I musei sono diventati "luoghi di vita", iniziative come le aperture notturne attirano un pubblico giovane che vive il museo in un modo diverso, si incontra con gli amici, fa visite più brevi e mirate e poi magari prosegue la serata altrove. Un modo di vivere l'istituzione culturale più adatto alla vita delle città moderne, ed è su questa strada che bisogna orientarsi».
Una strada praticabile anche da un museo che punta a 120 mila visitatori l'anno come la Carrara?
«La dimensione conta relativamente. Il museo è un attore del suo tempo e della città, il suo compito è conservare un patrimonio e renderlo attuale. Noi siamo parte attiva della società, portiamo avanti progetti in ospedale, in carcere, nei Paesi in via di sviluppo. Il 50% del nostro pubblico ha meno di 30 anni, e per loro abbiamo programmi e percorsi appositamente studiati. Guardiamo con attenzione anche al pubblico scolastico, ai non specialisti. Più le difficoltà socio-economiche si fanno sentire, più servono punti di riferimento e la gente cerca riflessione, bellezza, un approccio legato al piacere più che alla didattica. Il nostro compito è fare mediazione, creare ponti, promuovere sguardi contemporanei sul passato, dare chiavi di interpretazione con strumenti adatti a pubblici diversi». Questione finanziamenti. Oggi sembra impossibile prescindere da quelli privati.
«Al Louvre la sovvenzione pubblica copre metà del budget, l'altra metà viene da biglietti d'ingresso (54%), mecenatismo (24%), affitti o concessioni dei nostri spazi come negozi e ristoranti (15%), attività editoriali (3%) e il resto da donazioni. Il mecenatismo d'impresa e dei privati è importante, a questo proposito abbiamo attivato una campagna di "microdono". Il finanziamento privato è indispensabile per un museo attore del suo tempo ma questo non significa che i privati abbiano un peso nella programmazione culturale, infatti da noi non hanno un ruolo decisionale nella governance. Abbiamo un comitato di orientamento del mecenatismo, discutiamo e sentiamo i loro consigli ma alla fine siamo noi a decidere. Oggi il privato ha interessi che non sono compatibili con i nostri. Questo è un punto chiaro e vale ancora di più da quando abbiamo un fondo di donazione che funziona come quello privato: non si tocca il patrimonio e si utilizzano solo i prodotti finanziari».
Si parla tanto di marketing culturale, quanto incide sulla fortuna di un museo?
«Il museo è uno strumento di sviluppo economico oltre che culturale. La difficoltà è trovare il giusto equilibrio tra riserve editoriali, vendita dei prodotti derivati, sviluppo delle attività, conservazione del patrimonio e iniziative per attrarre il pubblico. Oggi al Louvre abbiamo una squadra di sviluppo di risorse proprie molto attiva, che si occupa di pubblicità, comunicazione, mecenatismo e ricerca fondi; non ne potremmo fare a meno. La vendita di prodotti legati al museo è più facile se il museo entra nella vita della città».
Ci sono collaborazioni in vista tra il Louvre e la nuova Carrara?
«Noi lavoriamo con molti musei italiani di grande livello, abbiamo da poco allestito mostre dedicate alla Sant'Anna di Leonardo da Vinci, agli ultimi anni di Raffaello, alla scultura fiorentina. È un matrimonio consolidato, con equipe che collaborano bene. Con la Carrara ancora non c'è nulla di stabilito, vedremo. Ma mi lasci dire che la Pinacoteca di Bergamo è un magnifico strumento che sono certa si svilupperà nel futuro. Le auguro di diventare un punto di riferimento per un pubblico sempre più numeroso; non ho dubbi che avrà uno sviluppo formidabile». Commenta sul blog de L'EcoLab

Camilla Bianchi

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