Cultura e Spettacoli
Mercoledì 18 Febbraio 2009
Sanremo, si parla già di plagi
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È Vince Tempera il grande assente del Festival di Sanremo, il direttore d’orchestra, che dal 1969 al 2007, non ha mai abbandonato il palco dell’Ariston. «Il brano di Pupo e Paolo Belli - dice - sembra "Che sarà dei "Ricchi e Poveri"».
«Un po’ mi dispiace, Sanremo è la mia storia, ma "X Factor" e "Amici" sono molto più popolari», dichiara il maestro sul sito ufficiale di "Tv Sorrisi e Canzoni". Io sono per lo spettacolo e martedì sera la partenza è stata molto lenta. D’accordo far la storia della canzone, ma Bonolis è partito dai canti gregoriani, uno sfoggio inutile di cultura. E poi c’erano tutti - spiega Tempera -: i gay, l’Italia che non va, il Paese alla rovina. Forse ci vuole un po’ più di sorriso: siamo stanchi delle prediche, per quelle bastano i talk show».
Tempera parla anche di plagio. «Il brano di Pupo e Paolo Belli sembra "Che sarà dei "Ricchi e Poveri", la conclusione della strofa è identica. Ma almeno quest’anno ci sono poche melodie e quindi - conclude - i plagi non sono molti».
Intanto il quotidiano vaticano «L'Osservatore Romano» è stato caustico nei confronti dei festival.
«Dalle Termopili a Pavese, Bonolis ce la mette tutta per garantire alla kermesse canora una vernice di alto spessore culturale - scrive Marcello Filotei sul quotidiano della Santa Sede - ma con risultati disarmanti». Il festival di Sanremo «potrebbe tentare di recuperare una sana dimensione di promotore di musica popolare», afferma l'Osservatore.
«Puccini lo eseguono già in tutti i teatri dell'opera del mondo, in continuazione, non c'è bisogno che un'artista straordinaria come Mina, nascosta dietro i riverberi dei mixer digitali, renda insapore una delle arie più note della lirica».
Il microfono, chiede il quotidiano vaticano, «sia offerto solo a quanti ne garantiscano l'incolumità - ma non sembra che siano poi molti - e la bacchetta del direttore solo a chi assicuri di avere frequentato non le polverose aule dei conservatori, ma almeno le peripezie bandistiche del maestro Antonio Scannagatti, il cigno di Caianello reso immortale da Totò».
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