Fiorello infiamma il Creberg - Video
Mattatore di piazza, teatrale e virtuale

Fiorello mattatore di piazza, teatrale e virtuale. Quando è «L’ora del Rosario» sale sul palco e la liturgia è quella annunciata: battute a raffica (che non anticipiamo in toto per rispetto di chi segue stasera la replica), gag, imitazioni irresistibili e tante canzoni.

Al centro lui, alle spalle la band che va e viene, il coretto dei Gemelli di Guidonia, l’orchestra fantasma che arriva «Quando quando» serve e Fiore duetta con Tony Renis. Anche Mina è della partita, invitata ad altro duetto in video. Sotto il fuoco amico delle battute vegani, medici, politici e cantautori.

All’inizio dello spettacolo Fiorello arriva da dietro, mentre una selva di telefonini impazzisce d’immagini. Indossa la tonaca da prete e tuona: «Peccatori che non siete altro!». Poi individua il sindaco Gori in platea e promette di lasciarlo stare, ma non è vero. Per gran parte del pubblico postare subito la foto è un imperativo categorico imposto dal più completo degli animatori che abbiamo. Il villaggio è sempre più globale e Fiore sa come gestire il rapporto diretto e quello a distanza.

Il suo debutto negli anni Ottanta parte dal villaggio turistico e va verso altre piazze, più grandi. Ma è lì che il nostro si è fatto le ossa, assecondando una logica di coinvolgimento che ancor oggi funziona. Rosario, «showman per tutte le stagioni e le televisioni» scende dal palco, prende di mira qualcuno, non dà un secondo di tregua alle risate, con smorfie, invenzioni, imitazioni, ironie sulle piccole cose della vita che appartengono a tutti. Non mancano riferimenti all’attualità. Ricorda che il primo cittadino viene dalla tv: «Si vede, Bergamo è piena di telecamere». Scherza sul «pota» intercalare, e su Bergamo, «città della cultura, da Facchinetti a Donizetti». Sbertuccia gli anziani che non son più come una volta e «nonno Facchinetti che si veste come gli One Direction».

Altrove la riflessione va a parare sul linguaggio, sui tic linguistici del giovanilismo. Tanta roba che spacca come la musica di «Quando quando quando» in versione swing. Mentre Mina arriva in scena direttamente da Studio Uno con «Baby It’s Cold Outside». Musicalmente l’idea forte è quella di rileggere le canzoni in tempi di crisi, per ridimensionarle: «Ti amo» diventa «Ti stimo», «Vorrei incontrarti tra mezz’ora» sembra il pensiero dell’amante frettoloso. «Sei bellissima» diventa appena «passabile». Così Fiore è proprio irresistibile.

Il congegno dello spettacolo è architettato per dare l’idea dell’improvvisazione. Fiorello ne è maestro. Viaggia a braccio, nel solco di un’improvvisazione ironica, appena irriverente, mai offensiva. Molte battute sono ritagliate su misura per Bergamo e i «Bergamaschi e le Bergafemmine», sulla lingua «terrona» di queste nostre lande. Inevitabilmente Fiorello chiama più volte in causa il sindaco Gori: «Lui ha lavorato con Berlusconi e anche con Renzi, di secondo nome fa Nazareno». Cita gli amici in platea: don Mazzi, Luca Tiraboschi, la Parodi, Lorenzo Suraci, il patron di Rtl.

In questo spettacolo ancora più che in altri lavora in modo artigianale, rimonta le gag ogni volta, le alterna a quelle cucite apposta per la città ospitante che alla fine sfila nelle immagini con ii titoli di coda. Il pubblico naturalmente risponde, accetta il gioco, ride a mitraglia. Oggi posta foto dello show su Twitter, domani qualcuno manderà in diretta lo show su Periscope. Allora bisognerà rivedere qualcosa nella logica stessa dello spettacolo, della sua fruizione. Ma Fiorello non si tirerà certo indietro: lui di piazze continuerà a intendersene. Replica dello spettacolo domenica sera.

Ugo Bacci

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