Il ritmo degli Stomp a Bergamo
L’unico italiano sul palco si racconta

«Si, è vero, essere uno stomper è davvero una cosa meravigliosa. Un privilegio. Amo da impazzire sentire la musica, il suo ritmo, produrla con tutto il mio corpo e con oggetti che fanno parte della quotidianità. Quella più metropolitana». Ignazio Bellini è un fiume in piena.

«Si, è vero, essere uno stomper è davvero una cosa meravigliosa. Un privilegio. Amo da impazzire sentire la musica, il suo ritmo, produrla con tutto il mio corpo e con oggetti che fanno parte della quotidianità. Quella più metropolitana». Ignazio Bellini è un fiume in piena. Uno spettacolo ascoltarlo mentre ti racconta la sua vita di ballerino negli Stomp, ma anche guardarlo ballare, trasformarsi lui stesso in ritmo tra bidoni, barattoli, coperchi e scopettoni. Milanese di 22 anni, è l’unico italiano a far parte del più famoso gruppo al mondo di body percussion (percussioni con il corpo, ndr), al Creberg Teatro di Bergamo sabato 15 e domenica 16 marzo.

La vitalità di Ignazio contagia e affascina, esempio positivo per molti ragazzi della sua generazione: «Però tutto è iniziato a 11 anni, quando si dice il destino…» commenta. La storia è una di quelle da raccontare: appassionato di musica, a iniziato a suonare la batteria prestissimo, tanto che da bambino viene portato dai genitori a vedere gli Stomp nella loro seconda data a Milano: «Al teatro Smeraldo, me lo ricordo perfettamente – dice -. Ero estasiato, a bocca aperta per tutto lo spettacolo. E pensai: “Non me lo dimenticherò mai”». E così è stato: «Finito il liceo a 18 anni, pensavo al mio futuro: sono anche una buona testa, io – e ride -, ma non sapevo se spingere sulla musica, come batterista, o proseguire con gli studi. Mi si è aperto un file nella testa e sono finito sul sito web degli Stomp, scrivendo una mail per informarmi sui loro casting».

Tentar non nuoce, si dice, e Ignazio riceve una risposta molto veloce: le selezioni erano aperte a tutti, senza prerequisiti specifici, ma non erano ancora state programmate. «E così scelgo il percorso universitario, mi iscrivo al Politecnico di Milano a Ingegneria gestionale». Intanto continua con la musica e il basket: «Sono stato sempre un tipo eclettico, che fa cose sempre diverse e non sta mai fermo». Siamo nel 2010 e un anno dopo arriva una mail da Brighton: «Erano state aperte le audizioni a Londra: non ci ho pensato un attimo e sono partito». Senza particolari competenze, si ritrova tra 700 giovani di tutta Europa: «Ho superato tre “round”, ossia tre selezioni dove ci facevano lavorare sul ritmo e la danza: dal battere le mani e i piedi secondo particolari “stringhe” di musica fino a fare musica su oggetti quotidiani, come bidoni e barattoli. Dopo tre giorni di prove siamo rimasti in 15: ci hanno ringraziato e salutato, dicendoci che solo 8 sarebbero stati richiamati per far parte del cast del gruppo europeo degli Stomp». La compagnia ha infatti 4 gruppi in giro per il mondo: uno fisso a Londra, uno a New York, uno che gira l’America e la compagnia che presenta lo spettacolo in Europa e Asia. »Sono tornato a Milano e qualche giorno dopo è arrivata la telefonata: dovevo partire per Brighton per sei settimane di training».

Inizia così l’avventura di questo milanese dal gran sorriso: «Sono stati giorni intensi, molto fisici, ma soprattutto molto “musicali” e io, abituato a suonare la batteria, ero tutto concentrato su ritmi e frasi ritmiche. Alcune me le riscrivevo e le riprovavo all’infinito, ma quando si deve fare musica con il fruscio di un rastrello o di uno spazzolone, non è facile tradurre il tutto sulla carta…». Sei settimane difficilissime che gli hanno aperto un mondo, in giro per l’Europa circa sette, otto mesi l’anno, con una compagnia multietnica: «Tanti inglesi, ma anche francesi e tedeschi, c’è anche un brasiliano che arriva dalle selezioni americane» continua Ignazio che racconta: «I primi spettacoli erano duri: siamo sul palco senza pause per oltre due ore e nei fuori scena è un alternare l’acqua al riprendere fiato». E dire che l’allenamento è continuo: «Ci sono le prove, ma anche l’allenamento personale: io corro, faccio palestra, non sto mai fermo. E continuo a suonare la batteria»”. Ma anche a studiare: «Mica l’ho mollata l’università – sorride -, e nei mesi di pausa ho dato gli esami: me ne mancano quattro».

E piace questa sua verve positiva, questo stare a tempo, con il ritmo giusto per prendere la vita di petto: «Le occasioni sono da agguantare, come il giorno in cui ho mandato la mail per richiedere informazioni o quella sera a 11 anni che mi è rimasta impressa per sempre». I casi della vita, si direbbe: lui questa vita se la gioca a suon di musica: «Ed è vero, amo da impazzire essere negli Stomp: sono il meglio tra i gruppi di body percussion, sono il top in questo ambito e fino a che il fisico regge non mollo». Scherza, anche se deve essere dura tutto quel battere e saltare: «Il futuro come lo vedo? Nella musica ,e poi non mi mancherà una fetta di cultura grazie al continuo viaggiare, e c’è pure la preparazione accademica». Insomma, niente da ribattere, con un tipo così che sprizza energia e sentimenti: «L’emozione più intensa è stata il 12 agosto 2012: cinque minuti di Stomp alla cerimonia di chiusura dei Giochi olimpici di Londra. L’adrenalina era alle stelle, tutto è stato velocissimo, ma lo sapevo: in quei cinque minuti c’era tutta una vita». Intensa, perché a lui il ritmo fa impazzire: «Mi piacciono i suoni, anche quelli ruvidi di un bidone della spazzatura. Mi piace sapere che quei suoni li fa il mio corpo, nella sua interezza. Mi piace trasformare la quotidianità urbana in musica». Poi sorride: «Diciamo che ormai è abitudine: ieri mia madre sbatteva le uova in una ciotola per fare la frittata, stavo quasi per ballare sopra quel ritmo». E noi non stentiamo a credergli.

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