Sgarbi e Leonardo, «l’imperfetto»
Venerdì serata al Creberg Teatro

Venerdì 11 gennaio al Creberg Teatro lo storico dell’arte rilegge il genio di Vinci in modo tutt’altro che scontato. «Contava l’intuizione per lui, non l’opera finita. Disegnava bene ma dipingeva male: ha fatto errori tecnici gravi».

Caravaggio, Michelangelo, ora Leonardo (e in futuro Raffaello). Vittorio Sgarbi completa un trittico dedicato ai «mostri sacri» dell’arte e porta a Bergamo (venerdì 11 gennaio, ore 21 Creberg Teatro) il suo racconto-spettacolo che celebra il genio vinciano, personaggio emblematico del Rinascimento, nel quinto centenario della sua morte. Ingegnere, progettista, scienziato, certo, ma di Leonardo l’istrionico Sgarbi qui svela il lato del pittore con un racconto farcito di storia, aneddoti, curiosità. Il fil rouge che segue la narrazione appare legato a una cifra che fa emergere Leonardo come genio certo, ma non nella sua piena accezione.

Sgarbi, perché sostiene che Leonardo sia stato un genio dell’imperfezione?
«Perché in lui tutto è incompiuto, imperfetto. Non era interessato alla completezza e alla tecnica. Piuttosto per lui era importante l’intuizione, in questo senso è il più alto esempio di Rinascimento incompiuto. Il suo vero obiettivo era prorogare la creazione, aumentare il creato, perché nell’uomo c’è Dio e l’uomo deve continuare a creare. C’è una sorta di competizione con Dio».

Però è abbastanza sorprendente definire Leonardo inconcludente, incompiuto. Non le pare?
«Anche il Vasari diceva di lui che non portava mai a compimento nulla e la sua volontà era di dare il segno che un’impresa si poteva compiere ma era inutile portarla a compimento».

Lei avanza riserve anche sulla mano del pittore Leonardo, è così?

«Aveva una mano non proprio pessima perché era un ottimo disegnatore, ma una pessima qualità di pittura dipingendo a secco, portando il Cenacolo nelle condizioni in cui è. Il disegno lo conosceva, ma ha commesso errori dal punto di vista tecnico. Per la pittura ha fatto una sperimentazione così estrema che lo ha portato a dipingere a secco invece che a fresco».

Nella locandina dello spettacolo c’è una versione pop art con il suo volto sovrapposto a quello di Monna Lisa, perché?

«È l’ultimo della sequenza dei divertimenti sulla Gioconda, l’hanno già fatto altri, da Duchamp a Wharol, da Botero a Dalì».

Perché il pubblico è sempre più attratto da grandi figure di questi artisti nonostante siano trascorsi secoli? Anche le grandi mostre a loro dedicate fanno sempre grandi numeri…

«Al di là del fascino che li avvolge, per Leonardo c’è la celebrazione del quinto centenario della morte, tutto il mondo si occuperà di lui. E poi tutte le personalità che hanno compiuto opere così straordinarie non tramontano mai, sono senza tempo, sono immortali».

Da un po’ di tempo si assiste a una sorta di spettacolarizzazione dell’arte. Non solo mostre, ma soprattutto show a teatro o in tv. Lei, Daverio, Goldin…

«Goldin è buon promotore di mostre, nulla di più. Le mie serie sono diverse e vedono o hanno visto la collaborazione di Valentino Corvino, compositore e musicista, di Travaglio, Augias, tutte persone che nei loro campi hanno un loro seguito. Certo è che l’arte con questi eventi ha sfondato, portando risultati imprevisti anche per lo stesso conduttore. Alla fine, al di là delle opinioni di chi racconta una storia, è sempre il personaggio che emerge, che vince».

La durata dello spettacolo non è piuttosto lunga?

«Sì, circa 3 ore, del resto Leonardo è una personalità non facile, complessa. Ma nessuno si addormenta perché c’è una commistione tra racconto, immagine e suoni, è uno spettacolo multisensoriale».

Ci può anticipare la prima immagine dello spettacolo?

«C’è un disegno di Leonardo identificato con la cascata delle Marmore che ci consegna il genio vinciano come il primo grande turista che poi mette sul taccuino le cose, i paesaggi che vede lungo la strada. Ma poi è difficile addentrarsi nel seguito. Ci sono molte illustrazioni delle sue più celebri opere create tra il 1472 e il 1507, dall’Annunciazione alla Gioconda, alla Madonna delle Rocce».

Già, la Vergine delle Rocce ci porta vicino a Bergamo. Leonardo soggiornò a Vaprio da Melzi d’Eril e nel fondale di quel quadro pare ci siano i massi del fiume Adda fra Calusco e Paderno…

«Nel mio spettacolo non entro in questioni paesaggistiche, o le affronto marginalmente, ma l’idea che si identifichi un luogo nelle opere di Leonardo è una suggestione interessante e quindi è probabile che lo abbia fatto anche con i paesaggi bergamaschi».

A proposito di Rinascimento, lei ha fondato un Partito con questo nome. Come procedono i lavori?

«Ci stiamo confrontando con un gruppo di scrittori e uomini di dottrina per le prossime Europee, è un laboratorio iniziato da qualche settimana e procederà a gennaio con incontri e spettacoli».

Lei vede qualche Leonardo nella politica?

«Non direi, non saprei. Come personaggio imperfetto e che non ha concluso nulla ma avuto solo un’intuizione? Beh, direi che Grillo in effetti ha fatto così».

© RIPRODUZIONE RISERVATA