Vecchioni al Creberg Teatro
Torna in città la canzone d’autore

La stagione dei concerti del Creberg Teatro si aggiorna strada facendo. Man mano al calendario già definito si aggiungono i cosiddetti «affitti di sala» che portano in città altri artisti comunque interessanti. È il caso di Roberto Vecchioni che torna a Bergamo il 21 maggio.

La stagione dei concerti del Creberg Teatro si aggiorna strada facendo. Man mano al calendario già definito si aggiungono i cosiddetti «affitti di sala» che portano in città altri artisti comunque interessanti.

È il caso di Roberto Vecchioni che torna a Bergamo il 21 maggio, a distanza di qualche mese dalla pubblicazione del suo ultimo album «Io non appartengo più». Un bella raccolta di nuove canzoni dell’autore di brani indimenticabili come «Piccolo Amore», «Milady», «Luci a San Siro», «Voglio una donna», «Samarcanda»: la confessione aspra e poetica di un «combattente» che nella vita le ha viste un po’ tutte, ma non si è fatto abbattere dall’amarezza ed è andato sempre a cercare il senso delle cose. Anche il senso di Dio. In copertina la metafora del ring. Il professore tra le corde, seduto al centro, con un libro in mano. Dopo tanti anni, album e canzoni, e dopo tanti libri e mille traversie esistenziali, Vecchioni sembra dire: fermate il mondo, voglio scendere.

A settanta anni suonati è un diritto non sentirsi allineati al mondo così come va oggi. E così, affatto debellato, sebbene stanco, il professore della canzone d’autore italiana dichiara guerra al mondo a cui non appartiene. Rilancia l’umanesimo a dispetto dei tempi che corrono. «L’album è la fotografia precisa di quello che sono adesso» ci ha detto tempo fa durante un’intervista. «Mi rendo conto che attraverso un momento di riflessione. Non ho punti di riferimento. Ho dubbi su tutte le cose, anche sulle mie parti politiche e sociali, ma più che altro mi rendo conto che tutto quello che succede, soprattutto in Italia, è solo effimero e giornaliero ed io invece ho passione per tutto ciò che è molto più vasto e comprende l’uomo dall’antichità ad oggi, e interessa anche ciò che è eterno. Sono stanco di pensare alle cose che appartengono al momento, o, come dicono, al qui e ora. Mi ero dimenticato dell’umanesimo. Invece sono mesi che ci sto dentro, leggo, guardo, ascolto con piacere immenso, con il diletto di sentire certi brani sinfonici, o rileggere i classici. Tutto questo mi dà una felicità estrema».

Per saperne di più leggi L’Eco di Bergamo del 21 marzo

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