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Il lockdown dei bambini, che non fa rumore

Articolo. Spariti dalle scuole, dai parchi, dalle strade, i bambini sono spariti anche dai radar dell’attenzione pubblica, media in primis. Ma come stanno vivendo l’isolamento? Ne abbiamo parlato con la pedagogista Ursula Grüner

Lettura 5 min.

“Quello che mi sorprende è che sulle prime pagine dei giornali e dei telegiornali italiani non si parli dei bambini e delle famiglie. In Germania sono la notizia principale: prima che di riaprire le fabbriche si parla di quando riapriranno le scuole”, questa è la prima cosa che ci dice la pedagogista Ursula Grüner. Nata nelle campagne della valle del Reno in Germania, si è laureata in pedagogia sociale a Düsseldorf. Formatrice in letteratura per l’infanzia, dal 1991 vive e lavora in Italia, dove è educatrice nei servizi dell’Associazione Spaziogioco e al Centro Prima Infanzia di Torre Boldone.

Con l’aiuto di Ursula, cerchiamo di dare voce ai timori dei genitori e capire cosa si potrebbe fare per minimizzare gli effetti dell’isolamento sociale sui bambini, confinati in casa e senza nemmeno il diritto alla “mezzora d’aria” prevista per le necessità fisiologiche degli animali domestici.

Dillo, che i cani sono presi in considerazione più dei bambini!” è la frase che tante amiche mi hanno rivolto, sapendo che avrei scritto su questo tema. Non sono le regole severe a preoccupare i genitori – se sono necessarie, si rispettano, a costo di sacrifici che tutti stiamo facendo – ma la negazione del problema. Di bambini e ragazzi si parla solo in termini di scuola e didattica digitale. Nient’altro. Ancora una volta, c’è un nodo di carattere culturale: i figli in Italia sono un “problema” dei genitori. Avete voluto la bicicletta? Pedalate. I bambini soffrono? Sarà colpa vostra che non sapete gestirli.

Genitori h24

Le famiglie in questo momento non hanno un supporto educativo – spiega Ursula – All’inizio sembrava una piccola vacanza, ma ora è sempre più difficile conciliare il lavoro e le preoccupazioni con la cura dei figli”. Un genitore non può sempre mettere al primo posto le esigenze del figlio. Questo è vero in generale, ma soprattutto adesso, quando i figli sono una presenza costante h24. Spesso un genitore è – anche – un lavoratore in smart working, oppure è impegnato in servizi essenziali fuori casa, oppure il lavoro lo ha perso. Tre situazioni diverse ma non facili da gestire, specie se nel frattempo bisogna badare a uno o più minori. A questo si aggiungono le varie incombenze domestiche e le preoccupazioni di salute. “L’adulto deve trovare un proprio equilibrio, senza diventare isterico. Può essere utile creare una scaletta delle giornate”, commenta l’educatrice. E pazienza se i bambini vedono più televisione del solito, bisogna pur sopravvivere.

Chiedere aiuto

In questo momento manca il confronto con le altre famiglie e genitori: “I problemi che ogni genitore si pone diventano più pesanti perché manca il rapporto con i pari. I consigli che si leggono online rischiano di essere troppi e disorientanti, un carosello di informazioni senza una persona che aiuti a risolvere davvero semplici questioni – spiega Ursula – Per questo, come educatrici del servizio Giocotutto-Spazioinsieme teniamo contatto con i nostri utenti con le mail per le famiglie e con la pagina FB Giocotutto-Spazioinsieme”. Non bisogna temere di chiedere aiuto. Ad esempio, per essere vicini alle neomamme dell’ambito di Bergamo, rimane attiva la linea telefonica LINEA MAMMA (numero: 366.6053175) per avere consulenza e trovare insieme una soluzione a dubbi e difficoltà ed eventualmente valutare la possibilità di una visita di un’ostetrica a casa. In generale, si può consultare il sito http://bambiniegenitori.bergamo.it/.

Tende, capricci e fotografie

A inizio “quarantena” su Eppen abbiamo dato qualche consiglio su attività da svolgere in casa con i più piccoli. Anche Ursula dà alcuni suggerimenti, soprattutto per condividere il carico emotivo: “Bisogna parlare con i bambini nel modo adeguato all’età senza creare allarmismi e dando loro sicurezza. Coinvolgerli nei lavori domestici e valorizzare la loro presenza. I piccoli possono regredire e hanno necessità di affetto, tempo, ascolto. Alcuni hanno bisogno di intimità: si può allestire una piccola tenda, una tana, un posto per accoccolarsi. In generale non alziamo troppo le richieste: i bambini non possono sempre essere bravi sempre. Anche il capriccio va bene, è richiesta di aiuto e auto affermazione”.

Un altro suggerimento è quello di non abusare delle videochiamate: “Oltre a sentire i nonni con lo smartphone, anche le foto sono utili per mantenere i legami. Con i più piccoli si può realizzare un album dove raccontare le persone che gravitano attorno al bambino, dalla baby sitter, alla zia, all’amico di scuola e ripercorrere insieme questo libro”. Non dobbiamo avere paura che l’isolamento temporaneo lasci danni permanenti nella formazione dei bimbi: “Si tratta i una nuova esperienza, per tutti. Andranno lentamente riaccompagnati nella normalità”.

Figli unici senza un balcone

Cosa patiscono i bambini in questa situazione? Soprattutto la mancanza di contatto con i coetanei – grande problema dei figli unici – e la limitazione al movimento e al contatto con la natura, specie per la maggior parte di loro che abita in appartamento senza giardino, magari anche senza balcone. “Non ho fatto uno studio scientifico al riguardo, sono solo le mie impressioni”, puntualizza Grüner. Non è detto che tutti i bambini abbiano le stesse difficoltà: ci sono bambini (come il mio, l’ho raccontato nel Ritratto di famiglia con coronavirus) che godono nell’avere i genitori più presenti. “Una mamma del gruppo che seguo mi ha detto che il figlio ora è più tranquillo e dorme meglio perché lei è a casa”, aggiunge Ursula.

Alcune fragilità già esistenti, però, sono più marcate: “I bambini sono stimolati dagli altri bambini, in modi impossibili da replicare per un adulto. Già prima del Coronavirus esisteva il problema del bambino troppo a contatto con gli adulti e poco con i coetanei”. Altro tema già preesistente, ma accentuato, la mancanza di movimento all’aperto. “I bambini avrebbero bisogno di muoversi e avere la natura attorno a loro. Il movimento libero e sperimentale adesso è annullato, per chi non ha la fortuna di avere un giardino. Chiediamo deroghe per fare giocare i bambini nel cortile condominiale. Lasciamo che le famiglie si regolino, con flessibilità. Così come si trovano regole per rientrare nel lavoro produttivo, bisogna trovare un modo per fare uscire i bambini di casa” è l’appello dell’educatrice.

I più fragili

Finora abbiamo parlato di bambini relativamente fortunati, che possono vivere la quarantena serenamente, in un ambiente amorevole. Ma quelli che si trovano in situazioni di fragilità? Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, il 6% di tutti gli studenti non accede a nessun tipo di didattica on line, perché non viene offerta dagli insegnanti o perché non arriva la linea. Ma è un dato al ribasso, che non tiene conto di tutti coloro che sono in difficoltà perché non hanno gli strumenti e gli spazi adatti per la scuola a distanza. Banalmente chi si connette con lo smartphone del genitore, perché non si ha a disposizione un pc. Oppure chi non riesce proprio a essere seguito dai genitori.

Cosa sta succedendo a tutti i bambini e ragazzi che sono scomparsi ai radar della scuola? Questo non per minimizzare l’importante lavoro svolto con la didattica digitale da insegnanti spesso eroici, ma per ricordare che esistono anche loro. Figli di stranieri, per i quali la scuola è primo irrinunciabile luogo di integrazione. Figli di genitori con problemi depressivi. Bambini con disabilità, non più seguiti dal neuropsichiatra. Bambini che hanno subito lutti in famiglia. Bambini a rischio di povertà, economica e culturale. Da un’indagine condotta da Save the Children, il 77% delle famiglie già fragili ha visto cambiare la propria disponibilità economica e il 63,9% ha ridotto l’acquisto di beni alimentari. La metà dei 2,2 milioni di minori in povertà relativa stimati dall’Istat rischia di scivolare nella povertà assoluta senza misure tempestive per le famiglie. I problemi di questi bambini non possono rimanere circoscritti alle loro famiglie, è una questione di giustizia sociale.

Chiudiamo con una parola di speranza sui libri, gli “educatori silenziosi”, come li definì Jella Lepman, fondatrice dell’Internationalen Jugendbibliothek di Monaco. “I libri possono essere un mezzo per aiutare e trovare parole per il lutto, la paura in braccio alla mamma è molto più facile che tanti corsi sull’educazione alla lettura. Non escludiamo i temi scomodi dalle letture dei propri figli”. Nei libri per bambini c’è sempre una soluzione.

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