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Una casa di storie #2: Il piatto della pappa

Articolo. Torna Silvia Barbieri con un nuovo racconto, questa volta ambientato in Giappone. Una storia in cucina da leggere ai più piccoli, con una morale anche per gli adulti

Lettura 3 min.

1.

Nel palazzo del Regno di Loto, l’Infanta Imperatrice Misaki compiva sette anni.
Stava seduta ben composta sul suo piccolo trono davanti a una fila lunghissima di sudditi che era giunta da ogni parte per portarle doni meravigliosi.

Il primo dono fu una bambola di porcellana, tale e quale a lei; poi un ventaglio ricamato, un paio di pantofoline tessute con fili di seta. E ancora una trottola, un cavallino a dondolo, un kimono con disegnato un pavone, un cuscino ricamato, un ramo di fiori di pesco e un pettine d’avorio.

Misaki era incantata.
Poi fu la volta del regalo della sua balia.

“Piccola e dolce Imperatrice Misaki, vi ho vista nascere, muovere i primi passi. Vi ho cucinato le prime pappe e le prime pietanze. Da allora ho scelto e preparato i vostri piatti preferiti. Conosco bene i vostri i gusti e so cosa vi piace. Ricordate quand’eravate piccina e vi imboccavo? Ecco il mio regalo per voi: il Piatto della Pappa”.

Le porse un piatto di semplice ceramica bianca. Poi continuò con un filo di voce: “Ora sono vecchia ed è arrivato il tempo di tornare al mio villaggio. Non siate triste, resterete sempre nel mio cuore e io nel vostro”.
La bambina cinse con le sue candide braccia la vecchia balia, che si commosse a sentirla tanto cara. La strinse forte, le diede un bacio e partì.

Da quel giorno la piccola Misaki consumava i suoi pasti e le sue cene solamente servite nel Piatto della Pappa. Tutti si accorsero che il suo appetito cresceva e che gustava con soddisfazione ogni portata.
Tra tutti i regali che aveva ricevuto, quello di certo era il suo preferito.
Un giorno però accadde una cosa molto grave.

Il giovane servitore, che era solito servire in tavola, inciampò nel tappeto e cascò a terra con il piatto in mano: nonostante le mille acrobazie per salvarlo, si ruppe in tanti pezzi.
“Poco male!” disse l’Imperatrice Madre. “È un piatto simile a tanti altri che abbiamo in cucina. Sostituitelo e non dite nulla a Misaki”.
Così fu fatto.

La pappa venne versata in un piatto identico a quello della balia e servita alla piccola che, come ogni giorno, aspettava di consumare il suo pasto con grande appetito.
“Non è il mio piatto!”, protestò appena fu portato in tavola.
Non ci fu verso di convincerla: Misaki era sicura che quello non era il suo piatto e si rifiutò di mangiare.
Così fece anche il giorno successivo e quello dopo ancora.
Senza il suo Piatto della Pappa, la bambina non si sedeva neppure a tavola.

2.

L’Imperatrice Madre decise dunque di far recuperare i cocci e consegnarli ad un abile artigiano del palazzo perché li aggiustasse. “Speriamo che, una volta riparato, la piccola Misaki riprenderà a mangiare. Sono molto preoccupata per lei!”
L’abile artigiano fece del suo meglio: prese un filo di metallo e cercò di unire i pezzi del piatto che, a lavoro finito, appariva brutto e rattoppato.

“Non possiamo certo servire i pasti dell’Infanta Imperatrice in questo orrore!”, protestò l’Imperatrice Madre.
La bambina intanto perdeva il suo colore rosato e diventava sempre più triste.
Le cuoche cercavano di ingolosirla con dolci e delizie che venivano servite in piatti di porcellana decorati dai migliori ceramisti, ma era tutto inutile.
Misaki voleva il suo piatto. Il Piatto della Pappa.

Questa storia fece il giro di tutto il Regno e giunse all’orecchio di un povero artigiano che abitava in un villaggio vicino.
Era talmente bravo a riparare ogni sorta di oggetto che lo chiamavano Mani d’Oro. Ogni cosa rotta che capitava tra le sue mani, diventava più bella di prima.
“Proverò a riparare il Piatto della Pappa: la piccola Misaki non può morire di fame”.

Gli fu consegnato il piatto rabberciato e si mise al lavoro.
C’era grande attesa: da lui dipendeva la salute dell’Infanta.
In poche ore il lavoro era finito.

I cocci del piatto furono incollati con una resina speciale e riempiti di polvere d’oro. Il risultato fu meraviglioso: il piatto era un gioiello. Quelle crepe brutte della rottura erano diventate solchi dorati.
Il piatto venne incartato e consegnato alla bambina.

Le sue piccole mani strapparono la carta e vide il suo piatto. Era lo stesso, lo riconosceva, ma più bello. Era attraversato da fili d’oro, sentieri di fata, fili di seta delle farfalle, raggi spettinati del sole. Misaki leggeva le fiabe e quel piatto sembrava uscito da una fiaba.

“È bellissimo! Il piatto della Pappa d’oro!” e scoppiò in una tintinnante risata. “Ho fame!” disse sedendosi a tavola dove fu servita e mangiò di gusto.

Fu così che da quel giorno, ogni qual volta un piatto, una tazza, una teiera si rompevano, i cocci non venivano buttati.
Le Mani d’oro del povero artigiano del villaggio avevano insegnato che si potevano incollare con resina speciale e polvere dorata: così le cose rotte si trasformavano in veri gioielli preziosi.

Morale della mia nonna sarta: impara l’arte e mettila da parte. E quando incontrerai qualcuno, se saprai rimettere insieme i cocci della sua vita, sarai la persona aggiusta!