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“Fumettisti” ante litteram e divulgatori: la pittura colta e popolare dei Baschenis

Articolo. Una famiglia di frescanti. Due secoli di ininterrotta attività artistica, dalla metà del Quattrocento alla metà del Seicento. E oggi una serie di visite guidate, passeggiate tra natura e cultura, laboratori e un convegno per scoprire un patrimonio artistico di valore

Lettura 3 min.

Un immaginario “valligiano” di storie, santi e Madonne che ha colonizzato chiese e cappelle della Val Brembana ma anche della Val Seriana, della Valtellina fino alle Valli del Trentino, tra Val Rendena e Val di Sole. Indovinato? Senza dubbio il pubblico ha ormai familiarizzato con i caratteri che rendono peculiare la famiglia dei pittori Baschenis, grazie al progetto “Le Terre dei Baschenis” che ogni estate ci accompagna lungo i sentieri delle valli Averara e Stabina alla scoperta dell’universo artistico della dinastia originaria della Valle Averara.

Fino a ottobre 2020 l’appuntamento non solo si rinnova ma varca i confini dell’alta Valle Brembana per coinvolgere nella sua rete culturale e geografica tutti i territori interessati dalla “Bibbia illustrata” dei Baschenis. Una bella sfida per il progetto nato nel 2017 su iniziativa dei Comuni di Averara, Cassiglio, Cusio, Santa Brigida, Ornica e Valtorta con l’Associazione Altobrembo come capofila – che oggi conta sul sostegno di Provincia di Bergamo, il contributo della Comunità Montana Valle Brembana, il patrocinio del Comune di Bergamo e dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi, e la collaborazione di associazioni, enti e realtà della città e del territorio.

Ecco perché vogliamo suggerirvi almeno cinque motivi per addentrarvi quest’estate nelle Terre dei Baschenis.

Arte e natura

Chiesine, cappelle, oratori: luoghi di preghiera e devozione sorti lungo sentieri montani (comodamente accessibili a tutti, anche alle famiglie), in luoghi che ancora oggi nella maggior parte dei casi hanno conservato intatto il loro rapporto con la natura.

L’arte dei Baschenis fiorisce là dove non ti aspetti, ai margini degli itinerari “obbligati” dei percorsi turistici più scontati. Luoghi come l’Oratorio di S. Giovanni Battista a Cusio, l’Oratorio di S. Antonio Abate a Valtorta, la chiesina del Bretto, S. Cristoforo a Torre de’ Roveri e il relativo romitaggio di S. Maria in Argon, sono documenti sorprendenti di una cultura popolare montana, specifica e identitaria, e oggi tutta da riscoprire se vogliamo davvero parlare di rigenerazione della nostra montagna, affrancandola dagli stereotipi che ne appiattiscono la ricchezza.

Lo straordinario della cultura popolare

L’arte popolare, e il suo valore storico, artistico e identitario, è una scoperta dei tempi moderni. La peculiarità del fenomeno Baschenis – e il fattore X del loro successo – non risiede nel livello qualitativo e figurativo di una pittura che se ci limitassimo ai canoni della storia dell’arte potremmo serenamente definire “popolare” e refrattaria alla modernità che avanza. Ma nella capacità di una famiglia di pittori di modellare per generazioni la cultura, la devozione e l’immaginario collettivo di interi territori.

Lo spiega bene Giovanni Valagussa, chiamato quest’anno a curare la nuova guida dedicata ai percorsi alla scoperta dei Baschenis sul territorio, di prossima uscita: “Il problema principale è quello di studiare queste testimonianze artistiche, spesso poco note e persino dimenticate, senza limitarsi ai parametri della storia dell’arte intesa in senso tradizionale e basata sull’evoluzione stilistica. Da questo punto di vista, costruito essenzialmente sulla cultura dei centri urbani maggiori, la cultura figurativa di famiglie come quella dei Baschenis risulta irrimediabilmente in ritardo rispetto ai fenomeni più avanzati. E dunque rischia di essere respinta ai margini, in una connotazione di cultura popolare intesa nel senso riduttivo di manifestazione folkloristica”.

Al contrario “la chiave di lettura di un fenomeno così vasto nel tempo e nella dislocazione territoriale dev’essere un’altra. Si tratta infatti di guardare questi testi figurativi come esempio straordinario di una cultura popolare, o meglio di una lingua popolare, che è però còlta e molto ricca di elementi compositivi tratti da varie fonti, iconografiche e formali. Ma che soprattutto assolve a un compito fondamentale e poco studiato nel campo delle arti figurative, ma molto più noto agli studiosi della letteratura. Il compito cioè di individuare un linguaggio – figurativo nel nostro caso – in grado di trasmettere contenuti complessi in forme semplici, ossia in grado di essere comprensibili ad un numero più ampio di persone, senza rinunciare ai propri contenuti, ma adottando immagini – letterarie o figurative – efficaci e facilmente memorizzabili. Facendo dunque cultura popolare in forma alta, e non folklore appunto. Facendo una comunicazione larga e diretta, senza essere degradata e degradante, in un modo degno dal quale anche oggi avremmo molto da imparare”.

Novità attributive

Dalla ricerca compiuta per pubblicare la nuova guida dedicata all’opera dei Baschenis, curata da Giovanni Valagussa, che si è avvalsa della fondamentale collaborazione di Fausto Vaglietti, recentemente scomparso, sono emerse sorprendenti novità. Sono stati così ricondotti alla famiglia Baschenis cicli affrescati come quello della cittadina casa parrocchiale di S. Alessandro in Pignolo, quello riconducibile a Pietro Baschenis e bottega nella Villa Tasso in Celadina o il ciclo datato 1529 che riveste la chiesa di S. Antonio Abate a Valtorta.

Fumettisti ante litteram

Il predicatore parli chiarozzo chiarozzo acciò che chi ode ne vada contento e illuminato e non imbarbagliato”: così insegnava San Bernardino, vero maestro di comunicazione (e non a caso patrono dei pubblicitari), che con le sue prediche itineranti radunava in silenziosa attenzione folle di fedeli. Nella Chiesa di San Bernardino a Lallio – ma anche squadernando le storie di S. Antonio a Valtorta e quelle di S. Nicola da Tolentino a Santa Brigida – i Baschenis sembrano tradurre nel loro sistema di racconto l’appello di Bernardino a una fede che sapesse parlare come la gente.

Il linguaggio semplice e popolare, il racconto pacato, la simbologia immediata. E per coinvolgere anche chi aveva i rudimenti della lettura mettono a punto un “fumetto” ante litteram, accompagnando le “vignette” che narrano passo passo le storie dei Santi con brevi note scritte.

Programma dell’estate

Oltre al consueto palinsesto di visite guidate, di passeggiate tra cultura e natura e di laboratori artistici per i bambini, quest’anno sono in programma anche il primo convegno di studi (con la partecipazione di studiosi lombardi e trentini) e un docufilm per la regia di Alberto Nacci, dedicati alla famiglia dei frescanti; la pubblicazione a cura di Giovanni Valagussa della nuova guida sugli itinerari Baschenis in bergamasca; una mostra fotografica itinerante a Valtorta, Almenno San Bartolomeo e Lallio; una “Giornata dei Baschenis” con aperture straordinarie e tour dedicato, e uno spot acceso anche su Evaristo, l’ultimo Baschenis pittore, l’inventore della natura morta musicale, con concerto di musica barocca.

Sito Le Terre dei Baschenis

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