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Miriam Camerini, quando il riposo è sacro (e si mangia senza accendere la luce)

Intervista. Per Molte fedi, l’attrice e regista ebrea apre a tutti la cena di Shabbat. La festa più importante della religione ebraica. Ne abbiamo parlato con lei

Lettura 3 min.

Abbiamo parlato con Miriam Camerini di Shabbat, precetti e del suo Shabbat di tutti. È venerdì sera. La calma plana sul mondo: comincia il giorno di festa ebraico – dal tramonto del venerdì a un’ora dopo il tramonto del sabato – in cui viene ricordato che Dio concluse l’opera della creazione, nel settimo giorno della settimana. Camerini – nata nel 1983 a Gerusalemme, regista teatrale, studiosa di letteratura rabbinica e autrice del libro “Ricette e Precetti” (Giuntina, 2019) – propone di festeggiare lo Shabbat insieme, fra persone di religione e culture diverse.

Così è nato lo Shabbat di tutti: una cena durante la quale stare a tavola senza fretta, con letture sceniche, cibo tradizionale, benedizioni, musica liturgica e non, libere conversazioni a telefoni spenti. L’appuntamento è per venerdì 13 settembre presso la Parrocchia del Sacro Cuore di Bergamo (via Caldara 9). L’evento è già sold out, ma a noi interessa comunque approfondire questo gesto di accoglienza e la sua essenza carica di divieti che solo apparentemente possono sembra senza significato.

M.M. - Miriam, come le è venuta l’idea di condividere lo Shabbat con i non ebrei?

M.C.- Tutto è cominciato nel 2013, ero al Festivaletteratura di Mantova e c’erano molti scrittori ebrei presenti, in una città che un tempo aveva avuto una ricca comunità ebraica. Ho pensato che fosse un peccato non ritrovarsi insieme, da qui ho immaginato di farne un evento condiviso. Così è nato lo Shabbat di tutti: credo sia bello condividere, senza annacquare il lato identitario. Ci sono alcuni aspetti universali nello Shabbat, che ricorda la creazione del mondo.

M.M. -Perché è importante celebrare il riposo?

M.C. - Il giorno di riposo completa la creazione di Dio, altrimenti l’uomo diventa un golem, una macchina che non si può fermare. Lo Shabbat per noi ebrei è come se fosse l’apice della settimana. Per me è naturale osservarlo ed è traumatico non farlo, quando lo infrango sento come una fortissima mancanza.

M.M. - Durante il sabato, quindi, non si può lavorare?

M.C. - Lavorare è un termine troppo generico, la definizione è che non si può fare nessuna cosa che crei o distrugga. Da qui derivano tutta una serie di azioni proibite: posso tenere una lezione a dei ragazzini, ad esempio, ma non fare giardinaggio. Nemmeno prendere un mazzo di fiori e metterlo in acqua.

M.M. - E questa intervista avrebbe potuto farla di sabato?

M.C. - Se fosse una chiacchierata in un salotto sì, ma siccome siamo al telefono no. Non posso utilizzare l’elettricità, essere ripresa, parlare al microfono, neanche accendere la luce. Infatti tutta la cena dello Shabbat sarà completamente in acustico. Questo perché l’elettricità è collegata concettualmente al fuoco e tra le trentanove attività che il Talmud vieta di svolgere durante lo Shabbat c’è anche quella di spegnere e accendere un fuoco.

M.M. - Non accende mai un interruttore, neanche per sbaglio?

M.C. - No, se anche mi sveglio durante la notte tra venerdì e sabato io sento che è Shabbat e non accendo la luce del comodino. Da fuori sembra difficile ma io ci sono nata, è una questione di abitudine. Ad esempio, qualche tempo fa ho messo in casa le tapparelle elettriche, ma ho fatto inserire anche un sistema manuale per poterle usare di sabato.

M.M. - Ma d’inverno come fate, rimanete al buio?

M.C. - Lasciamo la luce accesa da prima, io ad esempio la tengo accesa in salotto e spenta in camera da letto. Oppure si possono usare dei timer.

M.M. - Si può fare il bagno o la doccia?

M.C. - Sì, ma calda solo se l’acqua non si sta scaldando in quel momento. Bisogna starci attenti quando si progetta un bagno.

M.M - Qual è la restrizione che le pesa di più?

M.C. - Non scrivere. Per una grafomane come me è davvero difficile, ma ho un mio sistema per tenere le cose a mente.

M.M. - In una situazione di pericolo, si può violare lo Shabbat?

M.C. - Non si può, si deve. In una situazione di pericolo di vita o salute grave è prescritto che si possa violare qualunque regola dello Shabbat. Non è una trasgressione.

M.M. - E a lei è capitato di trasgredire allo Shabbat?

M.C. - Mi è capitato di partire tardi e continuare a viaggiare per raggiungere la mia meta anche dopo che il sole è tramontato. In teoria dovrei fermarmi dove mi trovo, in gioventù l’ho fatto e ho trascorso ventiquattro ore ferma in un motel in America. Ora preferisco arrivare a destinazione. Ma non partirei mai durante lo Shabbat.

M.M. - Essere ebrei è più appartenere a un popolo o professare una religione?

M.C. - Credo sia più appartenere a un popolo, ne è un esempio il fatto che ci siano ebrei atei. Ci sono persone che si definiscono ebree senza credere in Dio. Per diventare ebrei, invece, bisogna passare dalla porta di ingresso della religione. La conversione prevede atti rituali e l’impegno a osservare un certo numero di precetti.

M.M. - Quindi si può diventare ebrei?

M.C. - Gli ebrei non fanno nessuna forma di proselitismo, anzi rendono difficilissimo convertirsi. Anche troppo a mio parere: fanno di tutto per scoraggiare eventuali conversioni.

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