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5 dischi per Le Capre a Sonagli e un brano del Quartetto Cetra per tornare in concerto

Articolo. L’8 aprile la band bergamasca sarà di nuovo sul palco del Live Music Club, ospite dei Punkreas, dopo qualche anno di assenza, cioè dal tour dell’ultimo disco «Garagara Yagi». Ad annunciare il ritorno una rilettura di «Crapa pelada», diventata «Capra pelada»

Lettura 2 min.
Le Capre a Sonagli (foto Ivan Bignami)

Ma Covid a parte, che cosa hanno fatto Le Capre in questi anni? «Nel corso di questi due anni un po’ strani per tutti abbiamo deciso di distruggere (letteralmente) la nostra sala prove e di trasformarla in uno studio di registrazione professionale. Abbiamo quindi fatto gli operai, i cartongessisti, gli ingegneri del suono e i muratori. Ora abbiamo un nuovo spazio dove poterci divertire a sperimentare suoni e comporre musica».

Il primo esperimento si intitola «Capra pelada», ed è una rilettura in stile decisamente caprino di un brano del Quartetto Cetra, la celebre «Crapa pelada», una filastrocca popolare riarrangiata in chiave swing-jazz da Gorni Kramer e da lui per primo interpretato nel 1936 – e poi ripresa nel 1945 dal Quartetto Cetra come lato b di «Peppone il calciatore»: «Crapa pelada la fà i turtei / Ghe ne dà minga ai soi fradei».

La versione de Le Capre a Sonagli – che si trova solo sul loro sito, raggiungibile al link qui sopra – sembrerebbe giocare a livello linguistico spostando la r da «crapa» a «capra», ma non è proprio così, «il gioco linguistico è stato un puro caso dovuto ad un file rinominato male (che rincoglioniti!)», e mescola psichedelia, swing accelerato, voci catramose e stoner. Una rilettura molto libera, che scompone e ricompone la canzone, pur lasciando in filigrana il marchio d’origine. «Il brano è divertente e senza troppi elementi ritmici e questo ci ha lasciato molta carta bianca dal punto di vista della sperimentazione sonora e di arrangiamento (senza stravolgere più di tanto la struttura). E sì, ci siamo sentiti molto liberi ma allo stesso tempo abbiamo cercato di rispettarlo».

La «crapa pelada» della canzone è Mussolini e Kramer sbertucciò in questo modo il Duce “infilando” il brano in quel periodo di pochi mesi, tra il 1936 ed il 1937, in cui la censura fascista non agì sulla musica jazz, considerata degenerata, poiché «americana» e «negroide». In realtà la storia di «crapa pelada» risalirebbe addirittura ai tempi del Caravaggio, innamorato di una ragazza milanese che aveva quattro fratelli. Pare si chiamasse Peppa Muccia e perse tutti i capelli dalla disperazione, poiché Michelangelo Merisi, povero com’era, non poteva garantirle una dote e dopo un diverbio coi fratelli di lei fu costretto a fuggire da Milano.

Tornando alla rilettura de Le Capre a Sonagli, i ragazzi specificano che non anticipa nulla di quello che sarà il futuro della band («“Capra pelada” è nata dalla voglia di testare il nostro nuovo studio, rivederci e riprendere a suonare insieme dopo “il buco nero”») ma che la canzone serve solo come richiamo al pubblico delle Capre per il concerto dell’8 aprile, in cui saranno ospiti dei Punkreas (biglietti qui). Due mondi sonori molto lontani, eppure: «I Punkreas sono una band attiva e che suona insieme da trent’anni senza un atteggiamento da rockstar, che anno dopo anno “fa pienoni”. Una band composta da persone genuine, con cui “a pelle” ci troviamo bene sia musicalmente che umanamente. E poi siamo loro fan da quando siamo adolescenti».

Ma non è tutto: «Questa sarà un’estate live ancora un po’ strana secondo noi, ma stiamo lavorando ad una sorpresa legata al decennale del nostro primo album “SAdiCAPRA” prevista per fine anno».

Non rimane che attendere e intanto chiedere a Le Capre a Sonagli di indicare 5 dischi che hanno influenzato il progetto o che amano particolarmente. Potevano le scelte non essere sorprendenti, almeno in parte?

Queens of the Stone Age – «Era Vulgaris»

Possiamo considerarlo come il disco che ha sancito “l’anno zero delle capre”, è con questo Album che nascono Le Capre a Sonagli.

Vinicio Capossela – «Ovunque Proteggi»

Questo disco ci ha fatto capire quanto la cultura italiana e il suono degli strumenti acustici avrebbe potuto fondersi con un sound internazionale e ne abbiamo tratto forte ispirazione.

A Perfect Circle – «Thirteen Steps»

Un disco che ascoltavamo da ragazzi e che ci ha insegnato da adulti. È «una questione di spazialità e di qualità, non ricordo più bene. Una questione di qualità».

Pecora – «Black Albume»

Disco autoprodotto di una band milanese che ci ha colpito per la potenza del fottersene, l’assurdità, le dissonanze, l’immediatezza e l’urgenza comunicativa.

Dulco Granoturco – «Canzoni di cacca»

Un disco che ci ha insegnato l’amore per le cose semplici e ci ha ricordato quanto è bello giocare.

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