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Federico Fiumani (Diaframma): «devo dire grazie al mio psicologo da cui sono in cura da 36 anni»

Intervista. Il nuovo disco «Ora», l’ispirazione, la verità artistica, quella umana, la poesia e molto altro: il leader unico dei Diaframma e il suo continuo “corpo a corpo” con la vita attraverso le canzoni. In concerto venerdì 29 luglio a «Libera la Festa» di Osio Sopra (programma in breve in fondo all’articolo)

Lettura 6 min.

Gli do appuntamento su Messenger, non voglio fare un’intervista canonica, ma una chiacchierata libera, com’è lui. Chi lo conosce sa che Federico Fiumani dei Diaframma non usa tanti giri di parole. Quando scrive canzoni, poesie, libri autobiografici. E anche quando parla. O non parla.

LB: Ciao Federico, come stai?

FF: Bene, abbiamo cambiato batterista.

LB: Cioè Pino Gulli (già batterista dei CSI, ndr) che ha suonato in «Ora»?

FF: Esatto, aveva problemi di udito.

LB: Mi spiace. Altri problemi? Il caldo?

FF: No, quello ce lo gestiamo. Comunque presuppone un grosso sforzo.

LB: Parliamo un po’ di «Ora»: è nato da una certa urgenza, o sbaglio? L’hai annunciato a gennaio ed è uscito ad aprile…

FF: Sì, quasi un instant record, un disco fatto molto velocemente e senza abbellimenti di sorta, dal vivo lo suoniamo esattamente uguale. Volevo fosse così, non fare la parte del gruppo sfigato che su disco mette tastiere e roba varia, e poi dal vivo no.

LB: Nel presentarlo hai detto che è un disco nato dalla morte di tua madre. Cosa ha rappresentato per te? Una terapia?

FF: Sicuramente, una terapia. E poi anche un modo di rappresentare, di cantare, quel coacervo di nevrosi e frustrazioni che sono i rapporti familiari in toto.

LB: Canzoni come «Coperture tumorali» o «La tua morte» sono particolarmente intense. Canti: «la tua morte mi incatena» e poi «la tua morte decide la mia vita», sono versi molto personali, condivisibili da molti, ma anche fortemente rappresentativi della tua poetica, in cui tua madre è sempre stata presente più o meno in filigrana…

FF: Sì, andiamo avanti.

LB: C’è un brano, «I giorni belli», che sei riuscito a finire solo per questo disco. C’è un motivo particolare?

FF: No, a volte hai una strofa che ti piace e ti ritorna in mente di continuo… allora pensi che devi scrivere un ritornello all’altezza ma non ti viene e così la canzone resta lì in attesa per un tempo indefinito. Poi decidi di fare il disco e quindi ti costringi a finirla.

LB: Mi viene in mente quando chiesero a Morricone dove trovava tutta quell’ispirazione. E lui rispose una cosa tipo «è semplice, mi metto lì e scrivo». È così?

FF: A volte. Il disco «Anni Luce» nacque esattamente così: venivo dalla scoppola presa con la casa discografica Ricordi ed ero molto avvilito. Decisi comunque di darmi una mossa e di ripartire, per suonare dal vivo avevamo bisogno di fare un disco nuovo, e così tutti i giorni facevo come il maestro Morricone: mi sedevo e scrivevo per varie ore al giorno, senza aspettare l’ispirazione.

LB: Ma col senno di poi, cioè oggi, il risultato ottenuto utilizzando questo metodo come ti sembra?

FF: Va bene, però devi avere l’avvedutezza di scrivere via via degli appunti per non essere completamente a secco quando arrivi al dunque, cioè a comporre. Si deve partire da qualcosa.

LB: Perché ne «Il sesso nella testa» definisci il sesso «una cosa così stupida e inutile»?

FF: Dimostrami che non è vero.

LB: No, non è vero. Alla fine è lì che esce molto di sé stessi.

FF: Da giovani va anche bene, ho fatto qualunque stupidata pur di scopare. In una canzone devi colpire, non serve essere diplomatici. Poi non è detto che lo pensi sempre. La verità artistica, mi interessava quella. E poi nel finale, avrai notato, sovverto la tesi.

LB: Sì, è anche per quello che te l’ho chiesto. Però spiegami questa cosa della verità artistica...

FF: Che nell’arte non sei necessariamente tu che sostieni una cosa.

LB: Ok, chiaro. Però dalle canzoni che hai scritto non verrebbe da dire che quel che scrivi non lo sostieni. Insomma mi è sempre sembrato che le tue canzoni fossero un “corpo a corpo” con la vita, cariche di verità umana, prima che artistica.

FF: Sì, certo, è così. Posso aprire una parentesi?

LB: Vai.

FF: Stavo raccontando alla mia ragazza come ci siamo conosciuti (ad un concerto in cui io con la mia band, i Bancale, aprivamo i Diaframma, ndr).

LB: Io e te?

FF: Sì.

LB: Tornando a questo “corpo a corpo” con la vita: è sempre stato accompagnato da una grande franchezza, verso le situazioni ma soprattutto verso le persone. Ti sei mai pentito di aver scritto qualcosa che forse era meglio di no?

FF: No, secondo te c’era da pentirsene?

LB: No, ma io non conosco così bene la tua vita come la conosci tu.

FF: E allora va bene così, forza.

LB: Oltre le canzoni, tu hai fatto delle scelte di coerenza anche per quanto riguarda il tuo percorso artistico. È giusto definirle di coerenza o non poteva andare altrimenti che così?

FF: Tutte e due le cose, ho sempre messo il divertimento e la possibilità di esprimere me stesso in cima, e poi subito dopo come far andare avanti la baracca-Diaframma.

LB: A me pare tu ce l’abbia fatta alla grande. Sei uno di quelli che passano le mode, cambiano i tempi, arrivano le pandemie, ma sei sempre presente. Con le tue canzoni, i dischi, i (tanti) live.

FF: Ti ringrazio. Live in realtà non tantissimi, ma va bene così. Non ne abbiamo molti in programma, ma si sa che tutto è ripartito di colpo e si è creato un ingolfamento a livello di concerti. Io me ne sto buono e aspetto che le acque si calmino.

LB: Però il pubblico è rimasto. E in questo senso questa tua coerenza e verità umana nel dire credo che alla lunga abbia pagato.

FF: Nulla da aggiungere, grazie davvero.

LB: Cambiamo discorso. Per i tuoi testi si spende spesso la parola poesia. Ti ci ritrovi?

FF: Massì, dai, mi ci ritrovo, inutile fare i falsi modesti.

LB: A proposito è stato ripubblicato da poco «Odio Springsteen e gli U2. Poesie 1983-2011», una raccolta di tue poesie scritte in quasi trent’anni. Ce ne vuoi parlare? Ma perché odi Springsteen e gli U2?

FF: È per me come un album di fotografie quel libro, ti rivedi ragazzo e poi adulto, e capisci quanto sei cambiato. Li odio perché da sempre odio la retorica di certo rock.

LB: Però la leggi la poesia degli altri?

FF: Quasi per niente. Mi piace Simone Cattaneo, Patrizia Cavalli.

LB: Ti è mai capitato che qualche poeta venisse a contatto con i tuoi testi?

FF: Tanti anni fa in Val Brembana feci una sorta di spettacolo itinerante con Maurizio Cucchi.

LB: E come andò?

FF: Senza infamia e senza lode. Secondo me la poesia ormai serve a poco, ha perso la funzione che aveva fino, diciamo, agli anni ’70.

LB: Come mai?

FF: Perché ormai l’Uomo crede solo nella tecnica.

LB: Quindi, oltre alla narrativa, leggi anche di filosofia?

FF: No, perché? Ci capisco veramente poco.

LB: Beh, è una delle questioni fondamentali della filosofia contemporanea il rapporto fra uomo e tecnica.

FF: Ah vabbè, questo, cioè la prevalenza della tecnica lo noto anche senza leggerne manuali specifici.

LB: Tipo sui social, che hanno cambiato parecchio il rapporto con il pubblico. Tu lì sopra, su Facebook intendo, ti muovi bene...

FF: Ho parecchio diradato, in realtà. Un po’ devi esserci sui social anche perché non ho manager né uffici stampa. Però vorrei essere notato per la musica, ecco. Un po’ come era prima.

LB: Ma lo è anche adesso dai. Quando esce un disco di Fiumani o dei Diaframma per tanta gente è un piccolo evento. Alla fine io credo che della generazione degli ’80 tu sia quello sopravvissuto meglio, come gianCarlo Onorato. Per chiudere, tu ti ci ritrovi nella definizione di sopravvissuto? Ad almeno tre epoche (‘80, ‘90, ‘00) e a te stesso...

FF: Guarda, ti posso dire questo: devo dire grazie al mio psicologo da cui sono in cura da 36 anni. Lui mi ha aiutato ad avere una vita decente, anche artisticamente parlando. Alla fine del 1988 sciolsi la band perché ero frustrato e deluso dalla musica, me ne andai di casa e stavo diventando un barbone... allora lui mi disse: «ma perché non ti metti a cantare, fai almeno un tentativo!». Lo feci, scrissi «Gennaio», mi autoprodussi un EP e da allora sono ancora qui.

Il programma

I Diaframma di Federico Fiumani saranno in programma a «Libera la Festa», il festival musicale (ma non solo) che dal 27 al 30 luglio riaprirà i battenti – dopo la pausa per i motivi che tutti sappiamo – presso l’Area feste di Osio Sopra (via Circonvallazione Nord). Buon cibo, birre artigianali, tre palchi e 17 concerti, e un’atmosfera rara da trovare nei festival bergamaschi.

Mercoledì 27, live dalle 20.30 alle 00.00, gli Arpioni (di recente li abbiamo intervistati qui); i tellurici Ottone Pesante, heavy metal con batteria, tromba e trombone e il freak organ garage punk de Le Muffe. Il post-live vedrà da mezzanotte la proiezione con ascolto in cuffia de «Il Grande Lebowski».

Giovedì 28, live dalle 20.30 alle 00.00, il nome di punta saranno i Bee Bee Sea con il loro psychedelic garage rock; una delle realtà più interessanti del nostro Paese, Blak Saagan, con il suo Expanded set che mescolerà video proiezioni ad atmosfere da colonne sonore psichedeliche anni 70, dark ambient, kraut rock e drone, il tutto a partire dal bellissimo debutto «Se ci fosse la luce sarebbe bellissimo», un concept album dedicato al rapimento di Aldo Moro del 1978. L’alt-rock dei Mors e il post-live sarà a cura degli OTU e il loro evocativo hip-hop strumentale, chiuderanno la serata da mezzanotte in cuffia con uno speciale set sperimentale (la nostra intervista).

Venerdì 29, live dalle 20.30 alle 00.00, oltre ai Diaframma, i Frammenti (punk hardcore); Giallorenzo (emo indie rock) con il nuovo disco «Super soft reset» appena uscito su La Tempesta dischi; e i Clever Square, con il loro indie rock di classe dai suoni ricercati e sognanti su coordinate tra l’America e il Regno Unito. Post-live con U-mano U-dito, un’esplorazione progressiva, diventata una spirale senza fondo, nel mondo della computer music e più specificatamente del live coding.

Sabato 30, live dalle 20.30 alle 00.00, Dulco Granoturco per i bambini (ore 17), e in serata «BREMBEAT’n’ROLL XI» con The Cynics (garage rock, dagli Stati uniti); Ray Daytona and Googoobombos (surf garage rock); il trio bergamasco Hakan (punk rock); i Boogie Spiders (garage punk rock) e il post-live con ascolto in cuffia del Silent Disco Rock and Roll Dj set. Tutto ad ingresso gratuito.

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