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Legno, vedi alla voce liquido it-pop degli anni Venti

Articolo. Domani sera allo Spazio Polaresco il duo electro-pop toscano. Fra malinconia, spensieratezza e un approccio perfetto ai dettami di Spotify

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Se in questi giorni vi sta appassionando la polemica nata dalle dichiarazioni del CEO di Spotify Daniel Ek su come i musicisti devono cambiare il loro modo di produrre musica (qui efficacemente riassunta e commentata da Vittorio Comand su Rockit), allora i Legno sono la dimostrazione pratica di come produrre tanti brani uno dietro l’altro e finire nella playlist giusta sia la strada verso la visibilità a cui quasi tutti i musicisti agognano.

Il duo sarà domani (sabato 8 agosto) allo Spazio Polaresco per un concerto durante La Sagra del Cinghiale e della Fiorentina che si svolgerà questo weekend (ore 21.30, in apertura Miglio, link per prenotare). Un live è parecchio atteso dagli under 30, mentre se magari siete un trentasettenne fedele al verbo del rock’n’roll come il sottoscritto neanche lo sapete cosa accadrà al Polaresco.

È normale, o quasi, dal momento che è la generazione sotto i trenta il bacino di pubblico dei Legno, del cosiddetto it-pop e di rimando pure di Spotify (anche se, per non fare necessariamente il vecchio, anche io ce l’ho, e come me in tanti: qualche milionata di canzoni a 9,90 € / mese fa gola a tutti). Dunque questo articolo con tutte le sue belle considerazioni si rivolge soprattutto a chi i Legno non li conosce, gli altri lo sanno benissimo chi sono e i 5 milioni di ascolti di “Affogare”, i quasi 2 di “Febbraio” e il milione di “In (gin) di vita” sono li a dimostrarlo.

Insomma, chi sono i Legno? Non si sa, dal momento che fin dall’esordio si sono presentati al pubblico con due maschere a coprire il volto. Una sorta di emoticon neutra e inespressiva per tutti e due, che si fanno chiamare Legno Felice e Legno Triste e seguono la scia di tanti altri nomi italiani “mascherati” (dai Tre Allegri Ragazzi Morti a Liberato, passando per I Cani). Una scelta non troppo originale ma con l’intento, dice il comunicato, “di creare un nuovo personaggio, una sorta di super eroe, della musica indie/pop italiana”. Ed è una delle cose interessanti di questo progetto, perché le maschere, con il loro colore giallo acceso, non sono casuali, riecheggiano il mood dei brani spensieratamente malinconico.

Del resto questo mix di spensieratezza, ritornelli efficaci (spesso da cantare in coro), pop elettronico ridotto al minimo e storie quantomai generazionali è ciò che accomuna tanto it-pop nostrano, in bilico fra i padri putativi Cani e la reminescenza a lunga distanza di Luca Carboni. I Legno raccontano di persone che mancano, alcol per dimenticare (tranquilli genitori, se i vostri figli fanno una vita smodata non è colpa dei Legno), ex ribeccati su Tinder, instagrammate e storie d’amore che rimano quasi sempre con dolore e disincanto – ma a bassa intensità, nulla di veramente disperato.

È così che i Legno hanno infilato una dietro l’altra delle hit come “Sei la mia Droga (parte uno)”, “Tu chiamala Estate (parte due)” e “Mi devasto di Thè (parte tre)”, la prima del trittico notata da Spotify e finita a novembre dello scorso anno nella Playlist Scuola Indie. Da quel momento in poi il progetto ha cambiato di passo, con il brano a trainare gli altri usciti fino a quel momento e a spingere i successivi. A partire da “Le canzoni di Venditti” (“e ascolto le canzoni tristi / dei cantautori, di Venditti”), uscita pochi giorni dopo l’approdo in playlist, traccia fra le più riuscite che spiega perfettamente il rapporto di questa generazione di songwriters con la tradizione. E poi “All you can eat” feat. Divanoletto (cioè Nicolò De Devitiis de Le Iene), a febbraio “Febbraio” (ancora nella Playlist Scuola Indie e in quella ancora più prestigiosa Indie Italia), “Affogare”, “In (gin) di vita”, “Casa de Papel” (con il richiamo alla serie “La casa di carta”) e “Instagrammare”, l’ultimo singolo feat. rovere uscito un mese fa.

In mezzo a tutto questo anche un disco, “Titolo Album”, pubblicato da Matilde Dischi l’anno scorso e contenente alcuni dei brani citati insieme ad altri inseriti appositamente. Ma anche diversi videoclip molto centrati grazie al lavoro di Angelo Capozzi. Insomma, un percorso da manuale ai tempi della musica liquida, che però non sarebbe stato lo stesso senza una manciata di canzoni azzeccate, a partire dal mood. Nei Legno c’è infatti quella voglia di distrazione e malinconia a bassa intensità che la generazione nata dai Novanta in poi chiede a gran voce. Ed è difficile anche per chi ha qualche anno in più resistere dal canticchiare i loro ritornelli. Che è poi la magia conturbante della musica pop.

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