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“Ogni vita”, il brano di Paolo Cattaneo per l’installazione memoriale “Ogni vita è un racconto”

Articolo. A colloquio con il compositore bresciano per indagare il suo percorso artistico. Il passato da songwriter e un presente di musica senza parole, solitudine aperta alle possibilità e divertimento “come forma di libertà”

Lettura 3 min.
(Ella Bordeaux)

Dare un suono ad un’installazione memoriale è un’azione complessa, che richiede sensibilità e una visione musicale profonda. Paolo Cattaneo, musicista bresciano, compositore ed ex cantautore, è stata una delle prime persone a cui abbiamo pensato quando si è trattato di creare “una colonna sonora” alla narrazione delle perdite di un territorio ferito come quello di Bergamo. A lui dunque la richiesta di dare un abbraccio acustico a “Ogni vita è un racconto”; a noi la risposta di “Ogni vita” e il suo puntinismo ricorrente e minimale, un brano che non invade ma circonda con delicatezza.

Lo sviluppo armonico del brano – ci racconta Paolo – nasce inizialmente come frammento musicale di un progetto per lo spot della Biennale del Cinema di Venezia dello scorso anno. Il progetto era più complesso, ma l’atmosfera rispettosa ed eterea mi è rimasta incollata alle mani anche se ho cambiato alcune parti armoniche. L’ho sentita molto vicina al nostro territorio che ha vissuto il dramma della solitudine e della non libertà”. Da questa prospettiva deriva “l’utilizzo di strumenti leggeri come la celesta e il pianoforte ribattuto con il delay, a creare un viaggio spirituale verso la luminosità”.

Cattaneo ha vissuto come tutti il lockdown e la pandemia, ma “con la fortuna di non aver vissuto personalmente la malattia, neppure le persone più vicine a me”. Tuttavia l’esperienza si porta dietro un carico emotivo non indifferente: “mi sono sentito come un viaggiatore, esausto e sconfortato, di ritorno da un luogo martoriato dalla disperazione. Come se avessi guardato dal finestrino di un treno velocissimo un mondo che non sono riuscito a vedere chiaramente”.

Nonostante non sia un musicista professionista, ma goda della libertà di avere un’altra occupazione conservando intanto il rigore della professionalità, Cattaneo ha fatto esperienza, seppur dalla sua posizione, della grande difficoltà di tutto il comparto culturale italiano. Un mix di sconforto, tensione e voglia di ripartire che ad un certo punto è sfociato in una polemica sull’uso del verbo divertire associato all’idea di artista. Reazione legittima, che segna il disagio di una categoria che tutt’oggi non sta ricevendo la giusta attenzione.

Eppure anche dal divertimento è possibile cogliere un lato positivo, perché “il divertimento serve a distogliere il pensiero dalle preoccupazioni, il divertimento è una forma di libertà. Il divertimento è anche cultura. Anche se la mia musica non è ‘leggera’ la affronto sempre con uno spirito divertito e soprattutto sincero”.

Divertenti – ovvero divergenti dalla realtà di tutti i giorni – e sincere fino all’osso sono le composizioni di Jay Perkins, il progetto che Cattaneo condivide con Giovanni Battagliola dei Don Turbolento, a fianco di un percorso in solitaria non privo di soddisfazioni. “Jay Perkins è il progetto che mi ha reso definitivamente consapevole che la musica strumentale è il percorso che voglio intraprendere adesso. Sia come progetto di gruppo che come solista. Insieme a Giovanni abbiamo creato il suono di JP, nato dall’improvvisazione che è stata la nostra fonte primaria di ispirazione. L’improvvisazione e la libertà compositiva senza limiti creativi sono elementi che caratterizzano anche il mio nuovo progetto solista”. Una pratica delle possibilità di un panorama musicale globalizzato, con esiti fecondi: “Sto collaborando con musicisti da tutto il mondo, influenze libere senza preconcetti, cantanti di lingue differenti e strumentazioni diverse che si mischiano con un solo obbiettivo, la libertà espressiva”.

Fino a pochi anni fa Paolo Cattaneo era conosciuto soprattutto come songwriter di culto, fautore di un pop d’autore ipersensibile, liriche in condivisione con altri parolieri (Giovanni Peli, l’ex La Sintesi Lele Battista, Stefano Diana, già collaboratore di Niccolò Fabi) e importanza dei dettagli sonori quali segni di un’emotività indagata e pronunciata intensamente. Nonostante l’ultimo disco “Una piccola tregua” sia una delle più belle opere di italo-pop degli ultimi anni, Cattaneo non sente oggi la necessità di scrivere canzoni, cioè “delle parole per descrivere dei concetti oltre alla composizione della musica, delle armonie e della melodia. È la manipolazione del suono che mi permette di esprimere il racconto da parte mia”.

Gesti sonori e non parole, insomma: “ho trovato una nuova forma di comunicazione non legata al verbo. Usando un’immagine divertente posso dire di esprimermi meglio a gesti che a parole. Complice anche il fatto che in quasi tutti i miei testi ero coautore, non ho mai fatto il grande passo di esprimermi totalmente da solo. Un rimprovero che mi ha sempre fatto Riccardo Sinigallia(già al lavoro con Cattaneo in passato, ndr) e che adesso ho capito e condivido pienamente. Adesso infatti tutto quello che racconto è solo mio”.

Foto Ella Bordeaux

Alla domanda sulle influenze dei due progetti, accomunati dalla stessa voglia di evocare intensamente, la risposta è Nils Frahm e Ólafur Arnalds. “Nils e Ólafur hanno ancora oggi per me un approccio artistico che condivido. L’importanza che danno non solo alle note, ma a come vengono espresse, insieme ai loro rumori, al loro modo di essere, al mondo che le circonda, per me è fondamentale. Con loro le note non sono sole, ma contestualizzate ad un numero illimitato di fattori che è la vita”.

Chi scrive ha avuto in passato la fortuna di lavorare a fianco di Paolo, in un progetto chiamato “Wunderkammer”. Un concerto diffuso nelle stanze di un ostello milanese, in cui ogni musicista andava a occupare uno spazio e gli spettatori potevano godersi il suono di un solo strumento o l’unisono dei brani nella stanza del titolare. Un’esperienza di sostanza, che richiedeva spirito artigianale e rigore. Le stesse caratteristiche che si ritrovano nel tratto di strada, in solitario o in duo, che Paolo sta compiendo oggi: “Se pensi che alcuni degli strumenti che suono li ho costruiti, vista l’esperienza come liutaio di alcuni anni fa, e che io stesso sono la persona che frequento di più, tra alti e bassi, direi che spirito artigianale e rigore mi appartengono. L’obiettivo però è sempre emozionare, prima di tutto me stesso”.

Sito Paolo Cattaneo

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