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Come sta il teatro a Bergamo #3: Federica Molteni di Luna e Gnac

Articolo. Fare l’attrice di professione. Superare le duecento repliche con “Bartali. Eroe silenzioso”. Organizzare rassegne e riflettere con molta franchezza sulla scena teatrale del territorio. Mentre la compagnia di Ranica evolve con il mutare del contesto sociale italiano

Lettura 4 min.
Federica Molteni in “Gino Bartali. Eroe silenzioso”

Dopo aver parlato con chi gestisce un teatro (il Filodrammatici di Treviglio) e chi organizza rassegne (Albanoarte), nella nostra inchiesta sullo stato di salute del teatro a Bergamo non poteva mancare il punto di vista di un attore. Anzi, di un’attrice, nello specifico una che ha deciso di fare del palco la propria professione. Ovvero Federica Molteni di Luna e Gnac, compagnia che l’anno scorso ha compiuto dieci anni di vita. Ed è proprio da questo compleanno che iniziamo la nostra chiacchierata.
Per noi è stato un decennio di grande cambiamento. Siamo nati come qualcosa che si staccava da Erbamil, ma senza la consapevolezza della nostra forza effettiva e della direzione che volevamo prendere. Aspetti che si sono affinati con gli anni, cercando di tenere sempre presenti i due personaggi di Calvino: Luna e Gnac, cioè la realtà e il sogno”.

Dai ragazzi agli adulti

Il percorso di Federica e di Michele Eynard è la storia di una lenta ma costante trasformazione fra questi due poli: “Da subito il nostro intento è stato quello di raccontare storie ma non di fare del mero intrattenimento. Siamo nati come compagnia di teatro per ragazzi, ma poi abbiamo preso una certa direzione”. A influenzare il percorso è stato ciò che è accaduto in Italia negli ultimi anni, fra contraddizioni e problemi sociali “che ci hanno spinto verso il teatro per adulti, affiancati dalla nostra drammaturga e regista Carmen Pellegrinelli con cui il lavoro si è fatto più profondo e significativo. Oggi facciamo un teatro civile ma popolare, con tematiche come la cittadinanza attiva in ‘Fiatone’, storia di un uomo che attraverso una bicicletta avvia un percorso di consapevolezza del proprio ruolo civico nella società. Ma pure ‘La cura’ sulla resistenza bergamasca o i due spettacoli su Bartali”.

Bartali

Federica si riferisce a “Gino Bartali. Eroe silenzioso” di cui è unica protagonista. Un autentico successo con oltre duecento repliche in tutta Italia e una data a Vienna grazie all’interesse della Comunità ebraica della città. “Mettemmo in scena lo spettacolo in occasione del ricordo della Notte dei Cristalli. Fu una grande emozione: il pubblico era diviso in due parti, italiani e austriaci, con tanti ebrei in sala. Capita spesso che alla fine della messa in scena le persone si avvicinino a me sottopalco per esprimere le proprie emozioni. Che questo sia accaduto anche a Vienna, con l’ostacolo della lingua nonostante i sottotitoli, è stato stupefacente. Dopo lo spettacolo l’ambasciatore italiano ci ha voluto a cena in ambasciata e insieme abbiamo riflettuto su quale sia oggi l’immagine dell’Italia all’estero”.

La storia di Bartali – che di recente ha avuto un seguito con “Pedala! Gino e Adriana Bartali nell’Italia del dopoguerra” – ha assunto con il tempo nuovi significati: “Quattro anni fa quando iniziai era uno spettacolo memorialistico, un omaggio agli uomini del passato. Oggi ha un significato ulteriore che riguarda il presente. Questa cosa è bella ma a volte faticosa, perché fa emergere alcuni frammenti delle biografie del pubblico. Oggi ho appena finito una replica in cui alla fine è venuta una ragazza a dirmi che la nonna di Trieste aveva nascosto degli ebrei a casa sua e che in famiglia si considerano ancora tutti partigiani.”. Ma perché tanto successo? “Il passaparola del pubblico ha fatto la fortuna dello spettacolo. Ad ogni data c’è qualcuno che lo vede e decide di portarlo da qualche parte. ‘Bartali’ è una storia popolare, può parlare a tutti. Il seguito dell’Eroe silenzioso mi è stato chiesto dalle persone, che volevano sapere cosa succedeva poi. Di fondo c’è una consapevolezza civile che parte dal basso”.

InItinere

Luna e Gnac fa parte di InItinere, un’esperienza di rete e condivisione fra situazioni teatrali. “È una sorta di contenitore che include realtà con esigenze e direzioni artistiche diverse. Dentro ci siamo io e Michele Eynard, Lorenzo Baronchelli, Pierangelo Frugnoli e altri. Condividiamo il materiale tecnico, un furgone per muoverci, uno spazio dato a noi dal Comune di Ranica e degli impiegati per la parte amministrativa, che insieme riusciamo a stipendiare. Ci uniamo perché insieme possiamo fare di più”.

Per i dieci anni Luna e Gnac ha organizzato una rassegna che continua ancora, mentre InItinere si è occupata per diversi anni “Palco dei Colli”. “Per noi, che siamo una compagnia di giro con un’agenda abbastanza piena di date fuori e dentro Bergamo, è complesso sia a livello temporale che organizzativo. Si devono trovare i finanziamenti e ogni rassegna è un rischio di impresa a nostro carico”. Tuttavia ci sono anche dei vantaggi: “L’auditorium di Ranica è una risorsa. Abbiamo scoperto che fare teatro il sabato alle 18.30 è una scelta efficace, perché dà la possibilità di partecipare a tante persone che alle 21 non riuscirebbero: chi ha figli, gli anziani o semplicemente chi poi ha un altro impegno”. Quindi il pubblico risponde, bisogna però trovare le modalità giuste.

Il teatro gratis

A proposito di compagnie e teatri, com’è la situazione bergamasca? “Io percepisco un po’ di impoverimento. Non ci sono più tante sale, soprattutto quello che fanno teatro di nicchia. Mancano anche le compagnie giovani. Per vedere cose alternative bisogna andare a Brescia o a Milano. Come spettatrice mi sento limitata: bisognerebbe avere più coraggio e promuovere nuove realtà da scoprire”. Però d’estate l’attività teatrale in città e provincia è fervida: “Assolutamente. Ma troppi spettacoli gratuiti, come si verifica da noi d’estate, sono un po’ una concausa della svalutazione del teatro. La gente si chiede perché gli spettacoli d’inverno si pagano e d’estate no”. A controbilanciare questa criticità sopravvive saldamente un certo spirito collaborativo: “Se un organizzatore mi chiede uno spettacolo ma non possiamo farlo, magari consigliamo altre compagnie. Sono collegamenti che nascono da rapporti di stima vera”.

Fare l’attrice (e la mamma)

Dunque in un contesto simile è interessante capire cosa significa essere attrice e farlo di professione: “Innanzitutto significa fare tante cose. Gli attori famosi, che fanno i grandi teatri, sono solamente attori. Nel teatro indipendente l’attore si occupa di organizzazione, comunicazione e a volte pure degli aspetti tecnici. È una fatica, ma viene ripagata dall’energia che ti trasmette il pubblico in sala”. Ma da attrice donna anche nell’ambito teatrale ci sono disparità e atteggiamenti sessisti? “No, gli ingaggi sono gli stessi e gli atteggiamenti rispettosi. Il pubblico però a volte mi chiede come faccio a essere mamma recitando di professione. Mi dicono che sono fortunata perché ho una rete di persone e familiari che mi sostengono. Cose che a un uomo non vengono dette quasi mai. Io semplicemente sono una donna che riesce a fare questo mestiere pur essendo madre”.

Il “solito” problema dei giovani

Infine non rimane che fare qualche riflessione sul pubblico: “In questi dieci anni non è cambiato di molto. Il problema, che mi pare comune a tutti, anche nella musica ad esempio, sono i giovani. In sala vengono poco. Li raggiungiamo con i nostri spettacoli a scuola e li troviamo da bambini negli spettacoli per i piccoli”. Poi spariscono: “Perché crescendo e diventando adulti non tornano? Hanno trovato noioso quello che hanno visto? Non siamo stati in grado di parlare a loro veramente? Sono domande che tutti ci dobbiamo porre”.

Una risposta a queste domande può nascere dall’esperienza di chi il teatro lo frequenta e lo pratica: “Ho cominciato ad andare a teatro quando ero molto giovane e ho visto anche cose brutte. Forse le hanno viste anche i ragazzi degli ultimi anni e hanno pensato ad un certo punto di stare a casa o andare altrove”. Un pensiero non privo di coraggio e lucidità. Probabilmente se i tempi cambiano, come effettivamente sta succedendo, anche il teatro e l’arte tutta devono seguire questa torsione di significati inevitabile. In gioco c’è la sopravvivenza stessa di una forma d’espressione essenziale per il vivere civile.

Sito Luna e Gnac

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