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Il Donizetti apre “L’Archivio delle Meraviglie” e trova i “Racconti di giugno” di Pippo Delbono

Articolo. Nel 2010 il grande attore e regista venne a Bergamo per Altri percorsi. Da domani a domenica la riproposizione in streaming dello spettacolo. “Se ascoltiamo la nostra parte più profonda – spiega Delbono – ci accorgiamo che c’è qualcosa di più vasto, ancestrale, comune. E tragico, doloroso”

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Pippo Delbono, Racconti di Giugno

Quando il palco diventa il luogo dove manifestare il proprio dolore, allora da quelle parti c’è Pippo Delbono. Attore e performer, regista di spettacoli che negli anni sono diventati sempre più riconoscibili (“Enrico V” da Shakespeare, “Barboni”, “Urlo” e tanti altri) e di film anomali d’inusitata potenza (“Guerra”, “Grido”, “Amore carne”), forse più celebrato all’estero che in Italia (dalla Francia sino all’Asia e al Sudamerica), certamente un riferimento del contemporaneo (a testimoniarlo anche la quantità di premi e onorificenze sino ad oggi), nel 2010 l’artista ligure arrivò al Donizetti di Bergamo per Altri Percorsi con “Racconti di giugno”, spettacolo del 2005 che deve parte del suo titolo al mese in cui nacque (1 giugno 1959, a Varazze).

Il prossimo weekend (9, 10, 11 aprile) la Fondazione Teatro Donizetti lo riproporrà in streaming gratuito, primo appuntamento de “L’Archivio delle Meraviglie: le stagioni di prosa del Teatro Donizetti”, una rassegna di spettacoli in streaming scelti da Maria Grazia Panigada, Direttore Artistico della Stagione di Prosa e di Altri Percorsi, per regalare al pubblico un ricco archivio di filmati e di altro materiale nel quale è custodita la storia del teatro. In un momento in cui non è possibile riaprire la scena: “Il tempo dell’attesa per le chiusure dei teatri, a causa della pandemia, e il tempo dei lavori al Teatro Donizetti, per la ristrutturazione – spiega lei – ci hanno ancora più rivelato quanto sia importante custodire il patrimonio che ci è stato consegnato e valorizzarlo”.

Giugno è il più crudele dei mesi

Una sedia e un tavolo. Un microfono e una bottiglia di birra. Il palco vuoto da riempire con le parole, la voce e il corpo. “Racconti di giugno” esplicita al meglio quanto la vita e il teatro coincidano nel percorso di Delbono. Che in scena è solo e rievoca, in una sorta di diario di bordo che a tratti prende la forma del racconto introspettivo, il senso nascosto delle relazioni, i desideri non espressi ma mostrati, e soprattutto la curiosità per gli altri – lui che per anni è salito in scena con Bobò, uomo sordomuto e microcefalo, che dopo quarant’anni di manicomio ad Aversa venne portato sul palco e diventò, con il suo sorriso disarmante, una presenza fondamentale degli spettacoli della compagnia.

“Non è uno spettacolo, è il racconto di un viaggio che comincia in un paese della riviera ligure, a Varazze” chiarisce all’inizio Delbono. E in effetti è vero: al termine dell’ora e venticinque di spettacolo, sembra di aver assistito allo sgorgare di una ferita, ad una confessione senza fingimenti ma con pudore, in un alternarsi di cronache e flash di memoria, fra vita scenica e vita vissuta

È crudele il giugno di Delbono, ma è anche ironico e vitale. Si ride e ci si commuove di una commozione tutta interiore, mentre le storie scorrono. Magari in un footing linguistico, uno slittamento del codice espressivo supportato dalle luci e dalle musiche di Pepe Robledo. Sul palco rimangono i frammenti autobiografici da “Urlo”, “Il tempo degli assassini”, “Rabbia” ed “Enrico V”, parole vestite di teatro che riescono a dire ciò che le parole di un discorso faticano a pronunciare.

Dietro a “Racconti di giugno” – e a tutta l’opera di Delbono – c’è un’idea di teatro come redenzione, di arte come inno rivolto alla salvezza, secondo un percorso di vita che trascende il dato biografico con tenerezza e coraggio. Sembra che ogni volta che sale sul palco Pippo Delbono si giochi un’intera esistenza, salvata dalla scena stessa, “Il mio teatro sente l’urgenza di dire o esprimere cose sulla realtà, e che vive di una poetica e della coerenza di un percorso. È quello che cerco di fare. È questione di porsi ogni volta domande diverse, e portarle avanti con tutto il rigore che si può, tenendo occhi e orecchie aperti. Ed è questione di saper andare al di là del contingente, e ascoltare”, così disse a Pier Giorgio Nosari per un’intervista prima di “Racconti di giugno” del 2010.

E sullo spettacolo: “ho impastato episodi di vent’anni di vita e teatro. A un certo punto mi sono accorto che Racconti di giugno non mi appartiene più, e di certo non è più mio o solo mio. Come dire? La mia storia è più grande di me. Se ascoltiamo la nostra parte più profonda, ci accorgiamo che c’è qualcosa di più vasto, ancestrale, comune.E tragico, doloroso. Che va al di là dei fatti personali. Ecco, è questo che cerco. Vorrei poterlo dire con le parole di Artaud: non sono capace di fare opere che non contaminino la mia vita”.

Mentre sui suoi maestri e sui “drop-out” della sua compagnia: “I maestri mi hanno insegnato disciplina, precisione, gusto per la sfida. Ma anche che i maestri si cercano, si scelgono e poi si devono lasciare. Io dovevo fare la mia strada, e Bobò e gli altri erano quello che cercavo senza neppure saperlo: corpi che esprimono un’arcaicità e un’alterità radicale, che ci interpellano e dicono cose che un normodotato non sa o non è portato a dire”. Perché quello di Delbono è teatro “per i ‘normali’, che mi sembrano i veri malati. E di una malattia molto più grave e preoccupante”.

L’appuntamento

“Sappiamo bene che l’atto teatrale si consuma nel qui e ora dell’accadimento, nel momento magico dell’incontro fra artisti e spettatori, quando si abbassano le luci in sala e il palcoscenico si illumina di storie – precisa Panigada – Ma su quello stesso palcoscenico, dove domani riprenderemo ad allestire spettacoli, tante cose sono accadute nel corso del tempo e tante tracce sono rimaste”.

Racconti di giugno” è in programma gratuitamente dalle ore 18 di venerdì 9 aprile fino alle ore 24 di domenica 11 sul canale Vimeo della Fondazione Teatro Donizetti. La visione dello spettacolo sarà anticipata da una breve introduzione appositamente realizzata dallo stesso Pippo Delbono.

Sito Teatro Donizetti

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