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“Sei la Benvenuta”: l’accoglienza al femminile da ogni punto di vista, poliziotte comprese

Articolo. Siamo andati a trovare Francesca Ferraro e Barbara Ciacca della Questura di Bergamo. Per farci raccontare cosa significa lavorare quotidianamente con le donne migranti

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(Illustrazione The Last World)

Di cosa parliamo davvero quando parliamo di accoglienza? Chi sono le persone coinvolte in un processo che riguarda l’integrazione ma pure l’incontro fra uomini e donne con biografie, culture e esperienze differenti? La risposta più scontata è che l’accoglienza riguarda i migranti, i primi soccorsi di Guardia Costiera e ONG, gli educatori, i mediatori culturali. E la polizia? Della polizia non si parla mai, o meglio del lato umano di chi fa questo mestiere conosciamo poco. Allora siamo andati alla Questura di Bergamo per fare due chiacchiere con il capo di gabinetto della Questura di Bergamo della polizia Francesca Ferraro e con la responsabile dell’Ufficio Immigrazione Barbara Ciacca, entrambe disponibili e pronte a rispondere ad ogni domanda.

L’incontro con loro è un’altra tappa del progetto “Sei la Benvenuta” ideato e organizzato dalla Divisione Eventi di Sesaab con Eppen, L’Eco di Bergamo e il sostegno finanziario dal Ministero degli Esteri. L’obiettivo è sempre quello: raccontare l’accoglienza al femminile da ogni punto di vista, poliziotte comprese.

Prima di entrare nel tema cerchiamo di capire come è la situazione in Polizia per le donne oggi: “non ci sono più settori dove siamo relegate – racconta Ferraro – Una volta una poliziotta si occupava solo di minori, prostituzione e buon costume. Adesso siamo presenti in tutti gli ambiti della polizia di Stato”. Non stupisce allora che il capo di gabinetto della polizia di Bergamo e la responsabile dell’immigrazione siano donne. “L’ufficio immigrazione di Bergamo è importantissimo perché la nostra provincia è la quinta per presenze di immigrati regolari. Dunque chi lo coordina ha un ruolo molto prestigioso ma pure molto difficile da gestire. A partire dalla redistribuzione sul territorio nazionale dei migranti”. Bergamo è “un secondo approdo, dopo il primo sulle coste italiane che è impattante, perché arriva dopo un viaggio di migliaia di chilometri durante il quale le sofferenze di vario tipo sono frequenti”.

Chi sono le donne migranti che si presentano in Questura? “Premettiamo – continua Ferraro – che negli arrivi degli ultimi anni la maggioranza è di uomini. Ci sono però anche tante donne, in genere molto provate. Sono persone che difficilmente si aprono, come primo approccio la tendenza è quella di non parlare”. Il motivo è facilmente intuibile: “c’è probabilmente una sofferenza interiore – aggiunge Ciacca – che non viene esplicitata in modo chiaro ed evidente. Ci sono anche casi di persone vittime di tratta, con le quali è difficile trovare un canale di dialogo e di ascolto. Il nostro compito è quello di invitare a denunciare queste eventuali situazioni di sfruttamento e in generale tutte le situazioni gravi che possono essere accadute durante il viaggio”.

Un’azione tutt’altro che semplice: “in genere queste donne ascoltano ma non è semplice farle uscire allo scoperto. Facciamo anche delle informative anti-tratta e cerchiamo di indirizzare queste ragazze verso quelle strutture che le possono aiutare ad uscire da una condizione difficile e opprimente. Ciò accade attraverso dei programmi specifici che possono portare ad un reinserimento nella società, a partire dal lavoro”.

Il discorso vale anche per la violenza: “a Bergamo ci sono delle reti sociali per le donne che hanno subito una violenza. Sono realtà importantissime sulle quali tutte le forze dell’ordine fanno affidamento. Visto nel complesso la polizia è l’anello di una catena che ha come obiettivo il rispetto delle leggi e l’integrazione”.

Bisogna sempre ricordare che quando ci riferiamo alla prostituzione stiamo parlando di un’attività che non è reato: “Prostituirsi non è vietato dalla legge– spiega Ferraro – Sono vietati alcuni comportamenti come l’adescamento, puniti ammende ridicole. La polizia agisce su tutto quello che è l’indotto di reati che girano intorno alla prostituzione, ad esempio lo sfruttamento”. Parlare con una poliziotta di prostituzione significa anche uscire da qualsiasi tipo di retorica e distorsione: “non tutte le prostitute sono schiave del sesso. Ci sono anche persone che fanno delle scelte consapevoli, sperando magari di ottenere un guadagno che consenta di migliorare la loro vita e magari quella delle famiglie d’origine all’estero”.

Donne migranti significa anche madri. “Quando si presentano delle donne con dei figli piccoli la situazione è diversa. Per prima cosa cerchiamo di ricostruire l’unità familiare, quindi di valutare la presenza sul territorio nazionale dell’eventuale padre. È un tipo di accoglienza che negli ultimi anni è stato frequente a Bergamo. È successo di avere qui mamme con bambini piccolissimi che venivano allattati al seno. Quando accade ci sono delle gare di attenzione, da parte delle donne ma pure degli uomini. In fondo tutti ci rivediamo in queste situazioni, soprattutto chi è madre o padre. Una volta, molti anni fa, un poliziotto si è portato a casa per due giorni i bambini di una madre che non stava bene. Si tratta di un gesto di solidarietà che non è la normalità, perché ci sono procedure e un’organizzazione giustamente da rispettare”.

Le difficoltà sono un po’ meno pesanti quando le immigrate si trovano dinanzi una donna: “a volte in un contesto protetto – racconta Ciacca – quando davanti a loro c’è un’altra donna, si aprono un po’ di più. Quella del dialogo rimane comunque la prima difficoltà, nonostante collaboriamo con dei mediatori culturali quando ad esempio ci sono dei problemi di lingua. Sono figure terze che appartengono alla nostra istituzione e in certi casi sono fondamentali per aprire un canale”.

Ma non è pesante vedere ogni giorno così tante situazioni difficili? “No anzi – risponde Ferraro – per fortuna è esattamente il contrario. L’esperienza di vedere queste persone quotidianamente arricchisce, rende più consapevoli della situazione e del nostro ruolo nella società”.

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