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Aria, acqua, verde pubblico: i satelliti che sorvegliano la vita sulla Terra

Articolo. La ricerca scientifica ci riguarda concretamente, dalle grandi alle piccole cose: Le Primavere ha ospitato Ilaria Zilioli dell’Agenzia Spaziale Europea, che ci ha raccontato il modo in cui l’attività dei satelliti influisce sulla progettazione e sulla cura delle nostre città future. Un esempio di strumenti che non vediamo, ma che lavorano per noi. L’incontro verrà trasmesso su Bergamo TV domani (domenica 19 giugno) alle 15

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Probabilmente è capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di farsi prendere dalla fascinazione della vista di una città dall’alto. Non da sopra un campanile, ma dal proprio telefono: “fare un giro” su Google Maps e giocare con lo zoom per vedere strade, corsi d’acqua e spazi verdi diventare un reticolo sempre più fitto o sempre più distinto.

È proprio sull’equilibrio tra costruzioni, infrastrutture e spazi verdi che si giocherà nei prossimi decenni la possibilità di abitare le nostre aree urbane, centri sempre più densamente popolati e complessi che pongono sfide fondamentali: l’inquinamento dell’aria, le modalità di spostamento, la salute dei cittadini, la pianificazione degli alloggi. Tutti aspetti di cui si occupano non solo urbanisti, ingegneri, esperti di riqualificazione ambientale, ma anche gli enti spaziali: i satelliti compiono un’attività di monitoraggio costante sullo stato della terra.

Lo scorso mercoledì 27 aprile Ilaria Zilioli, Legal Officer dell’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, ha raccontato per il festival Le Primavere di Como dell’importanza dei satelliti come strumenti per la riconversione ambientale e delle collaborazioni tra l’ESA ed enti e istituzioni degli stati membri dell’Unione Europea. Ad esempio con l’ideazione del progetto «Urban Forest», presentato a ottobre scorso a Bergamoscienza con il collega Stefano Ferretti. L’incontro de Le Primavere verrà trasmesso domani, domenica 19 giugno, alle 15 su Bergamo TV insieme agli incontri di Luciana Maci, Alberto Bortolotti e Lorenzo Fantoni.

«Sono veramente onorata di essere stata invitata a questa bellissima iniziativa», commenta Zilioli. «E felice che questi eventi siano l’occasione di creare una rete tra città vicine, in questo caso Bergamo e Como. Penso sia importantissimo lasciare da parte i campanilismi e prendere coscienza del fatto che è necessario agire in modo collettivo e coordinato».

L’intervista

LD: A ottobre 2021, a Bergamoscienza, lei e Stefano Ferretti avete presentato il lancio del progetto «Urban Forest». A distanza di pochi mesi, come sta evolvendo il progetto?

IZ: L’Agenzia Spaziale Europea è un ente di ricerca indipendente, essendo intergovernativa. Attua progetti ricevendo fondi dagli stati membri, con i quali finanzia l’attività scientifica, e sviluppa ad esempio applicazioni, come «Urban Forest», il cui obiettivo è monitorare il verde urbano combinando dati terrestri con informazioni prese da visioni aeree. «Urban Forest» è un progetto che si sviluppa sul lungo periodo, attraverso varie fasi, iniziando da un’analisi di fattibilità: ora siamo nella seconda fase della realizzazione, a cui seguirà l’implementazione e l’effettivo utilizzo dell’app. Una delle prossime tappe sarà la presentazione al «Living Planet», un simposio molto importante a Bonn, in Germania, a fine maggio.

LD: L’idea di “foresta urbana”, e di pianificare la piantumazione delle nostre città a mano a mano che queste si ingrandiscono, sembra in un certo senso un paradosso: come si concilia lo sviluppo urbano massiccio con lo spazio vitale di cui necessita un bosco?

IZ: C’è sicuramente una differenza tra le nostre città di provincia, che sono ricche di spazi verdi che hanno bisogno di una manutenzione efficace, e le grandi città. In una città come Bergamo, ad esempio, sono stati piantati nuovi alberi al Cimitero Monumentale, oppure il Bosco della Memoria al Parco della Trucca. Nelle grandi città possono esserci alcune aree preesistenti: penso a Parigi, che ha dei piccoli “polmoni verdi” nel Bois de Boulogne e nel Bois de Vincennes, enormi spazi verdi all’interno della città. È anche necessaria una forte sensibilizzazione sui cosiddetti corridoi verdi nelle città, soprattutto se molto trafficate: aiuole e filari a costeggiare i grossi viali, per esempio. E poi abbiamo avuto l’esempio di Milano, che con l’ideazione del Bosco Verticale ha visto aumentare moltissimo il verde dei palazzi, per contribuire all’apporto di ossigeno alla città, necessario per la salute dei cittadini. Il Bosco Verticale, tra l’altro, ha ottenuto svariati riconoscimenti a livello internazionale: è stato guardato come un modello virtuoso fuori dall’Italia.

LD: Il fatto che durante il periodo dei lockdown più ferrei il tasso di inquinamento delle nostre città sia drasticamente diminuito è una notizia che ha iniziato a circolare qualche tempo fa, in un’atmosfera di “sentito dire” che la faceva quasi sembrare una fake news. Invece è realtà e i dati ci sono. Lei quali fonti consiglia per avere informazioni attendibili e sicure?

IZ: Coi satelliti monitoriamo su larga scala i livelli di inquinanti nell’aria, come il biossido di azoto, che è un forte reagente, e i dati satellitari hanno rilevato chiaramente il drastico calo dell’inquinamento durante i lockdown, quando abbiamo sostanzialmente fermato il parco macchine. Non solo in Lombardia, ma in tutta Europa o, più precisamente, su alcune zone che appaiono chiaramente dalle nostre mappature, che mostrerò alla conferenza: Madrid, Barcellona, il Benelux, la zona della Ruhr, Parigi... D’altra parte la Pianura Padana è una delle zone più inquinate d’Europa. In una città come Napoli, che non è in una “conca” come la Lombardia, si respira decisamente meglio e sicuramente non si è registrata una differenza così netta. Questi dati sono accessibili a tutti: è sufficiente accedere alle mappe satellitari, create a partire da dati che vengono inviati quotidianamente dai satelliti. Nel sito dell’ESA esiste una sezione Air Quality, abbiamo un archivio accessibile al pubblico e pubblichiamo aggiornamenti (ad esempio, a marzo e ad aprile 2020); sono dati che mettiamo a disposizione soprattutto agli studiosi degli stati membri, per lavori di ricerca.

LD: Parte della sua attività, oltre a occuparsi di relazioni con altre realtà e organizzazioni, è quello della divulgazione e della comunicazione, attraverso conferenze, dibattiti, eventi come Le Primavere. Quanto conta questa parte del suo lavoro, per entrare in contatto con la cittadinanza e far conoscere gli sviluppi della ricerca scientifica?

IZ: Io sono una semplice legale e nel mio piccolo mi occupo di accordi internazionali. Comunque, è scritto nero su bianco nella convenzione dell’ESA: l’opera di divulgazione è parte integrante del nostro mandato. La nostra missione è proprio fare e promuovere la cooperazione nell’ambito della ricerca spaziale; i nostri scienziati non sono necessariamente divulgatori di professione, ma comunque organizziamo conferenze come il «Living Planet», con cui divulghiamo le nostre attività anche su altri fronti, come gli esopianeti e lo spazio profondo. Il nostro sito web, poi, è consultabile e accessibile ed è una fonte di informazione importante. Abbiamo un dipartimento di educazione che lavora con le scuole; e soprattutto mettiamo il nostro lavoro a disposizione di divulgatori professionisti, che comunicano con noi. Ad esempio, sono in contatto con case di produzione cinematografica per lavori di documentari; abbiamo un accordo con Euronews, che ha un approfondimento regolare sullo spazio. Ovviamente ci relazioniamo con la stampa, partecipiamo a saloni dell’aeronautica e, in ultimo, ci sono gli astronauti, nostri ambassador ufficiali.

LD: Il progetto «Copernicus», che ha messo in azione i satelliti «Sentinel», è un esempio di progetto per cui un ente come l’ESA, in sinergia con l’Unione Europea e altre istituzioni, lavora con l’obiettivo di migliorare la vita dei cittadini sulla terra e di supportare alcune svolte necessarie per affrontare il cambiamento climatico. A quando risale questo “cambio di prospettive” degli enti spaziali, dallo spazio alla terra?

IZ: Non andiamo solo su Marte! In realtà il programma dell’osservazione della Terra esiste da sempre. Siamo partiti, certo, dalla costruzione di razzi, ma uno dei primi obiettivi delle immagini da satellite sono stati quelli meteorologici: da circa un decennio, poi, monitoriamo lo scioglimento dei ghiacci, e ad oggi i fronti su cui siamo attivi sono molteplici: dal riscaldamento delle acque al disboscamento illegale, dalla temperatura degli oceani al monitoraggio delle biomasse. Ogni satellite è progettato da scienziati ed è messo a punto con strumentazioni tecniche specifiche per ciascuna esigenza.

L’incontro

Un viaggio nello spazio, ma con lo sguardo diretto a terra. La nostra Terra che può essere migliorata grazie all’apporto dei satelliti. Lo ha sostenuto ieri sera in Sala Bianca del Ridotto del Teatro Sociale Ilaria Zilioli, legal officer dell’Esa (l’Agenzia spaziale europea) che qualcuno ha soprannominato “avvocato dello spazio” che si occupa di sottoscrivere accordi internazionali con altri enti spaziali.

Presentata dalla curatrice del festival Daniela Taiocchi e dal direttore de La Provincia Diego Minonzio ha una visione sicuramente unica del nostro pianeta. Minonzio ha sottolineato come «spesso crediamo che per capire bene una cosa bisogna essere vicinissimi, invece è la distanza che permette una visione globale e consente di capire un fenomeno appieno».

Monitoraggio

«Siamo in una città meravigliosa e storica come Como per parlare delle città del futuro, che saranno più verdi anche grazie ai satelliti», ha detto Zilioli. Questo grazie a un progetto dell’Esa, un ente che non guarda solo dalla terra allo spazio, ma va anche dallo spazio al nostro pianeta.

Parola chiave è “monitoraggio”: «Questo progetto, Urban forest, monitora il rapporto tra le foreste e le città. I primi a muoversi nella direzione delle città verdi già negli anni Settanta e Ottanta sono stati i Paesi del Nord Europa, tra i quali la Germania e i Paesi scandinavi, come la Norvegia: Oslo nel 2019 è stata nominata capitale verde».

Che tipo di interventi si possono effettuare per migliorare il verde? Un esempio è quello delle riqualifiche dei lungofiume e dei lungolago, «come è il caso di Como e Lecco. A Parigi è stata fatta la scelta di chiudere le rive della Senna al traffico. Negli anni Sessanta il presidente Pompidou le aveva trasformate in grandi arterie stradali, ma queste vie di scorrimento non erano utilizzate solo dai Parigini, ma soprattutto da chi, dall’esterno, si recava in una città che già conta 2 milioni di abitanti, ma assieme alla regione dell’Île de France arriva a 12 milioni di persone. Ora sono state trasformate in spazi verdi: un cambiamento epocale che ha suscitato non poche polemiche, ma se la sindaca Hidalgo, che ha sostenuto questa rivoluzione, è stata eletta per un secondo mandato evidentemente la cosa piace. E i parigini non usano più la macchina e hanno inventato dei sistemi particolari per muoversi in boulevard che comprendono piste ciclabili e che in alcuni casi, dopo il lockdown sono stati chiusi al traffico. Adesso c’è un progetto per farlo perfino sugli Champs Élysées. La campagna si chiama ’Paris respire’, che non significa respirare aria buona non solo nel verde dei parchi, ma anche dove si lavora. Quindi Parigi ha l’ambizione di diventare più verde e partecipa al progetto Urban forest».

Aria e vegetazione

Grazie ai sistemi satellitari, infatti, avremo presto un monitoraggio digitalizzato del verde pubblico e privato. Secondo i dati raccolti dell’Onu il 50% della popolazione mondiale vive nelle aree urbane e questo dato è destinato ad aumentare entro il 2050 fino a due terzi.

La qualità della vita dipenderà sempre più da come le nostre città si evolveranno nel prossimo futuro: le attività spaziali permettono di monitorare non solo la qualità dell’aria, ma anche quella del verde nelle zone urbanizzate, favorendone la manutenzione, la salvaguardia e la progettazione. Un esempio di nuova progettazione è il Bosco verticale di Stefano Boeri a Milano.

Per quando riguarda la qualità dell’aria è impossibile non guardare, dallo spazio, quello che è successo durante il Covid: «In Cina, ma anche in Europa, si vede benissimo come i fattori inquinanti siano diminuiti moltissimo durante il lockdown, e anche come le aree più inquinate, come la Lombardia, abbiano avuto più casi della malattia. Durante il lockdown a Milano i fattori inquinanti sono calati del 40 percento, in gran parte per la riduzione della circolazione delle auto».

Oltre all’aria, «i satelliti monitorano anche il verde urbano e tutto lo stato di salute del pianeta, dal livello dei ghiacci all’inquinamento e al livello delle acque». Tutto questo si concretizzerà anche nel progetto Urban forest, grazie al quale l’Esa svilupperà un software, accessibile a tutti, che permetterà il monitoraggio costante e in tempo reale del verde urbano basandosi sulla combinazione di tecnologie terrestri e satellitari.

Perché è importante farlo? «Come dicono spesso i nostri astronauti – precisa Zilioli – la Terra è la nostra astronave nello spazio, non ne abbiamo un’altra, non ne abbiamo ancora trovata un’altra e anche se la trovassimo, non potremmo raggiungerla. Dobbiamo salvaguardare la nostra terra il più possibile».

(Alessio Brunialti, da La Provincia di Como, 28 aprile 2022)

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