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Il lockdown ha trasformato il nostro rapporto con il cibo biologico e a km 0

Articolo. Quattro realtà di Bergamo e provincia, attive nel campo dell’agricoltura sostenibile e della rivendita di prodotti bio e a filiera corta, ci raccontano come si sono reinventate nelle scorse settimane di isolamento

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Accanto al più che dovuto sostegno ai medici e al personale sanitario per la loro vitale importanza nel contenimento del virus, si sono anche tessute le lodi (nuovamente, più che meritate) dei corrieri e dei dipendenti dei supermercati, per averci assicurato il pane quotidiano anche durante i peggiori assalti agli scaffali semivuoti.

C’è però un’altra categoria di lavoratori che non ha mai abbandonato la propria attività e che, anzi, a seguito dell’allungarsi delle code e dei tempi di attesa dei supermercati tradizionali, ha visto incrementare a tal punto la propria mole di lavoro, privandosi di pause pranzo e giorni di riposo per riuscire a tenere il passo: gli agricoltori biologici e i rivenditori di prodotti alimentari sostenibili. Ne abbiamo intervistati quattro, sparsi per la bergamasca, per farci raccontare come hanno reagito a questo periodo di grandi trasformazioni e cosa si aspettano dal prossimo futuro: l’azienda agricola Castel Cerreto di Treviglio, la cooperativa Areté di Torre Boldone, il negozio di alimentari Il Lupo Mangiafrutta e l’azienda agricola Demetra Organismo Agricolo, entrambi di Bergamo.

Areté è stata contattata fin da subito dai clienti più affezionati, che hanno chiesto se ci fosse un modo di continuare a fare spesa biologica senza violare le norme di limitazione degli spostamenti: “La risposta è stata naturale”, ci dicono, “è Areté che va a casa dei suoi clienti”. La consegna della spesa a domicilio è stata infatti la soluzione più ovvia (anche se di difficile organizzazione) per tutte le aziende intervistate, così da poter portare avanti l’attività, mantenere la clientela abituale e, contemporaneamente, farsi conoscere da nuovi potenziali clienti.

Nelle prime settimane telefono squillava in continuazione”, ci racconta Marco di Demetra, “Non abbiamo chi possa stare al computer tutto il giorno a ricevere gli ordini e organizzare le consegne, quindi gestiamo le prenotazioni tramite telefono. Questo, insieme ai viaggi per consegnare gli ordini, ci richiede un notevole impegno di tempo, considerato che siamo solo due soci. Soprattutto perché, in tutto questo, il lavoro nei campi deve essere portato avanti comunque”.

Fabio, della Castel Cerreto, riconosce che per loro un servizio come la consegna a domicilio è un grande sacrificio, dal punto di vista economico ma soprattutto ideologico, in quanto cozza con la filosofia aziendale: “La nostra idea è sempre stata quella di inserire il cliente nella catena di produzione, portandolo nei campi per raccogliere lui stesso gli ortaggi a disposizione”, mi spiega, “Farsi consegnare tutto il necessario a casa è una comodità tipica di oggi: a noi, invece, piace che il cliente sia invogliato a schiodarsi dalla quotidianità e tornare a contatto con la natura, in mezzo ai campi, ricavandone un beneficio sia in termini di salute che come minore impatto ambientale”.

Per un negozio di piccole dimensioni come Il Lupo Mangiafrutta, che già offriva un servizio di consegna di cassette settimanali, gestire l’esponenziale aumento delle richieste non è stato uno scherzo: “Per il primo mese dall’entrata in vigore delle limitazioni agli spostamenti, abbiamo lavorato anche dodici ore al giorno, rinunciando perfino alla pausa pranzo. Il negozio l’abbiamo tenuto aperto sempre, ma solo la mattina: nel pomeriggio esaurivamo la merce”.

Discorso simile per Marco di Demetra, che riflette: “Secondo noi molti dei nuovi clienti si sono avvicinati a una realtà come la nostra perché, costretti a casa, hanno avuto più tempo per prestare attenzione alla propria spesa alimentare, prima fatta nei grandi supermercati per comodità o forse per abitudine. Sono diventati più consapevoli di quelli che portavano in tavola”.

Che sia per consapevolezza o per curiosità, molti nuovi clienti si sono avvicinati anche alla cooperativa Aretè, che ha visto il proprio sforzo riorganizzativo ripagato da un apprezzamento tangibile: il 30% dei clienti che hanno usufruito del servizio di consegna (130 famiglie alla settimana!) non è parte della clientela abituale.

Alcune di queste realtà hanno però optato anche per altre soluzioni alternative alla consegna a domicilio, che fossero allo stesso tempo un sostegno alla propria attività e alla propria clientela in un momento di emergenza per tutti. Areté, per esempio, si è ispirata alla tradizione del “caffè sospeso” (lasciare un caffé pagato in un bar per la prima persona bisognosa che entri a chiederlo) e ha proposto la “spesa sospesa” a favore delle famiglie di Torre Boldone e Ranica che, a causa dell’emergenza, stanno vivendo un periodo di difficoltà.

A seguito degli ultimi sviluppi legati alla fase 2 del contenimento del virus, ha poi introdotto altri due servizi: Areté Drive, un servizio che permette di ritirare in sede la spesa ordinata online, e Areté C’è, la consegna a domicilio per gli over-65 e per chi è sottoposto a quarantena obbligatoria. Al negozio Il Lupo Mangiafrutta è presente un servizio simile di ritiro della spesa in loco: i clienti possono comunicare l’ordine via telefono e poi passare in negozio per ritirarlo oppure recarsi direttamente sul posto con la lista della spesa, ma senza entrare – le dimensioni ridotte del locale consentono di comporre una fila ordinata di persone al di fuori del negozio senza dover creare assembramenti all’interno.

Di fronte alla mole di nuovi clienti che si sono avvicinati ai loro prodotti, le reazioni delle realtà intervistate sono state diverse. Da un lato c’è chi, come Fabio della Castel Cerreto, auspica un ritorno alla normalità: “Ci auguriamo di poter tornare presto a fare quello che facevamo, gli agricoltori e non i trasportatori. Speriamo di vedere di nuovo i clienti in azienda, nei campi, anche se siamo consapevoli che ci saranno cambiamenti”.

Dall’altro lato, Marco di Demetra vede la situazione da una prospettiva diversa: spera di riuscire a trasmettere anche ai nuovi clienti una maggiore consapevolezza sulla stagionalità dei prodotti locali e sull’importanza di sostenere i piccoli agricoltori. E aggiunge: “L’aria che si respira dall’inizio della quarantena, senza il normale traffico automobilistico, è tutt’altra storia rispetto a prima: speriamo che questa cosa faccia capire alle persone che noi apparteniamo alla terra e non viceversa”.

Ma che ne sarà di tutte queste trasformazioni nel prossimo futuro? Il negozio Il Lupo Mangiafrutta, nonostante i turni massacranti e le difficoltà a rifornirsi, spera che un tale aumento di clienti non sfumi al ritorno alla quotidianità pre-covid: “Temiamo che molti clienti, una volta terminata l’emergenza, non rimarranno fedeli al negozio”, mi confessa Lucia, “perché qui il prezzo della spesa è troppo alto per chi è abituato ai supermercati. In generale l’intero periodo di lockdown ha rappresentato per noi un periodo di incertezza, non sapevamo bene come comportarci per rispettare le norme, ma ci ha permesso di farci conoscere, e speriamo che qualcuno decida di rimanere”.

Anche Marco, di Demetra, riconosce nei recenti cambiamenti un’opportunità di evoluzione per l’azienda. “Molti clienti ci hanno chiesto di mantenere il servizio di consegna a domicilio anche in futuro”, mi racconta, “Non sappiamo se riusciremo a gestire il tutto con le strade congestionate dal traffico, ma proveremo certamente a organizzarci, facendo tesoro dell’esperienza, integrandola nell’organizzazione e portandola avanti, anche in termini di comunicazione e rapporto con i clienti”.

Insomma, in un modo o nell’altro, tutti ne usciranno a testa alta, fedeli alla propria filosofia e fiduciosi di aver trovato, anche tra la clientela più recente, persone attente e consapevoli che non dimenticheranno di certo i tesori scoperti.

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